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Romaeuropa
 

REf18 NONA SETTIMANA

Dopo lo straordinario successo di Milo Rau, Romaeuropa Festival continua a raccontare il presente e i mondi che lo abitando interrogandosi sulla forma teatrale e sul suo potere. Dialoghi e incontri tra mondi, scontri e riconciliazioni: è l’universo della guerra filtrato dallo sguardo femminile della regista argentina Lola Arias, la storia di un paese altoatesino cancellato dalla storia, che suona con il suo campanile le musiche di Arvo Pärt nello spettacolo Curon/Graun firmato da Filippo Andreatta, è l’incontro tra due giganti della creazione artistica come il puparo Mimmo Cuticchio e il coreografo Virgilio Sieni o, ancora, è una colonna sonora costruita dall’incontro tra 10 canzoni pop e 10 compositori contemporanei in O Supersong oppure tra la compagnia Anagoor, l’Accademia d’Arcadia e le opere di Artemisia Gentileschi. Inizia un’altra settimana molto ricca. Proviamo a raccontarvela:

Viene da Buenos Aires Lola Arias, in scena in prima nazionale al Teatro Vascello dal 16 al 18 novembre con il suo CAMPO MINATO (Minefield). La problematizzazione del rapporto tra realtà e rappresentazione, il rapporto tra discorso biografico e finzione artistica, tra memoria personale e collettiva caratterizza da sempre il lavoro di questa artista poliedrica impegnata tanto nel teatro quanto nelle arti visive, nel cinema quanto nella letteratura e nella performance.

Osannato dalla stampa internazionale (Time Out, The Daily Telegraph, Brodway World, Metro, Financial Times, London Evening Standard) il suo CAMPO MINATO riunisce in scena veterani argentini e inglesi della Guerra delle Malvinas per esplorare ciò che è rimasto nella loro mente ben trentasei anni dopo. Il teatro è un set cinematografico o una macchina del tempo che ci riporta nel mezzo della guerra per ricostruire i ricordi dei suoi protagonisti, sopravvissuti ed eroi, vittime e carnefici.

«Ci sono voluti due anni per scegliere questi sei performer, un tempo durante il quale ho studiato, fatto ricerca e intervistato ben settanta veterani. Anche se è stata una guerra breve, durata due mesi, quella delle Malvinas ha comunque causato circa 670 morti. Oggi quello di queste isole - molto vicine alla Patagonia e quindi al nostro territorio- è un tema ancora scottante, soprattutto in Argentina, dove continuiamo a rivendicare il diritto alla sovranità su questo territorio. Considero CAMPO MINATO anche un esperimento sociale, che consiste non solo nel portare queste persone in scena ma anche nel fare in modo che si ascoltino. È possibile incontrarsi e tornare indietro con la memoria al tempo della guerra per cercare di ricostruire cosa è successo e perché è successo?» afferma la Arias e continua: «In molti sono rimasti sorpresi dal fatto che una regista donna avesse deciso di produrre uno spettacolo sulla guerra, perché la guerra sembra essere un tema da uomini. E in effetti ciò che mi ha spinto a realizzare questo progetto è il desiderio di costruire un’altra narrativa della guerra, che non riguardasse le battaglie, le tattiche, gli eroi, ma la memoria, le tracce, i fantasmi che non ci abbandonano, le debolezze di ognuno e non la forza».

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Di un’altra storia reale ci parla Filippo Andreatta, regista alla guida della compagnia OHT: nel 1950 la costruzione di una grande diga unificò il lago di Resia e il lago di Mezzo, sommergendo 523 ettari di terreno coltivato e 163 case dell’antico abitato di Curon, in Val Venosta. Da quel momento, di Curon non è rimasto più niente, a eccezione della parte superiore del campanile della Chiesa, che spunta dall’acqua come se fosse una scultura surreale. A nulla servirono le proteste della popolazione per fermare la costruzione della diga, tantomeno l’appello a Papa Pio XXII.

In scena sabato 17 in Auditorium Parco della Musica, l’intreccio tra le immagini del campanile e la musiche di Arvo Pärt evocano la tragicità dei fatti storici. Diverse modalità di narrazione si affiancano a differenti versioni di Fratres, composizione senza fissa strumentazione. Così il testo e le immagini si mescolano con la performance live, immergendo il pubblico in un’esperienza ipnotica che vede nel campanile sommerso il protagonista di questa scena al fianco del PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble. «Solo un dialogo con la musica di Arvo Pärt poteva inscenare la storia di un campanile castrato della sua campana e rendere umano uno spettacolo il cui protagonista è un oggetto senza movimento, che resta sempre lì, radicato nel mondo, fermo e in silenzio» afferma Filippo Andreatta.

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Nasce dal dialogo tra i maestri Mimmo Cuticchio e Virgilio Sieni, Nudità, spettacolo presentato da Romaeuropa Festival al Teatro India da oggi, 13 novembre, al 15. Un dialogo tra due arti diverse ma tutte e due incentrate sul movimento di un corpo, quello inanimato per il puparo Cuticchio e quello di carne per il danzatore e coreografo Sieni. Come ascoltare e raccontare il movimento? Quello delle nostre articolazioni e quello dei nostri sentimenti?

Nudità suggerisce un azzeramento - quello del corpo della marionetta che si fa solo ossatura e struttura e quello del danzatore con il suo movimento e la sua fisicità - per ricercare una complessità di ascolto e dialogo: quello tra due arti, tra due corpi a confronto, tra le cose animate e inanimate, quello tra le articolazioni che muovono il mondo.

> LEGGI QUI L’INTERISTA AI MAESTRI SIENI E CUTICCHIO

Ancora un altro dialogo, questa volta tra classicità e linguaggi contemporanei anima Et manchi pietà (in scena il 14 e il 15 al Mattatoio) performance presentata dalla compagnia Anagoor insieme all’Accademia d’Arcadia ed interamente basata sull’opera di Artemisia Gentileschi. Tredici grandi quadri sposano altrettanti brani musicali di Monteverdi, Rossi, Strozzi, Kapsberger, Trabaci, Merula, Landi, Castello, Fontana eseguiti con strumenti d’epoca da un ensemble di 13 strumentisti.

Affondando nelle radici vitali di queste visioni e di queste musiche, nella loro violenza e nella loro poesia, Et manchi pietà restituisce un intreccio teatrale indissolubile ponendo in tensione immagini e musica, per rivelare e riconciliare quella rabbia e quella trasgressione che permea la produzione artistica della grande pittrice italiana.

Ed è su altre note musicali, questa volta quelle di O Supersong (il 15 novembre al Parco della Musica), che vi salutiamo questa settimana. Un progetto particolare nato dall’incontro tra dieci compositori di musica contemporanea (Luca Antignani, Francesco Antonioni, Maurizio Azzan, Giocanni Bertelli, Silvia Borzelli, Sara Càneva, Mauro Lanza, Mauro Montalbetti, Lorenzo Pagliei, Daniela Terranova), tre interpreti (PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble Fabrizio Puglisi, Cristina Zavalloni) e 10 canzoni pop.

Ai compositori è stato chiesto di indicare la canzone da associare al pezzo originale: un gioco inteso a stabilire reazioni creative personali, fra orizzonti normalmente non comunicanti. È stata posta ai compositori una domanda diretta, insieme banale e provocatoria: «Qual è la canzone più bella del mondo?». Le loro risposte compongono la scaletta della serata: Beatles, Julia - Toquinho, Aquarelo - Sigur Rós, Untitled #1 - Franco Battiato, Summer on a solitary beach - Laurie Anderson, O Superman - EELST, Gargaroz - Meshuggah, Destroy Erase Improve - Radiohead, Creep - Chico Buarque, O que será - Harod Arlen, Over the Rainbow.

A cura di Matteo Antonaci


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