Prima Nazionale / In corealizzazione con Teatro di Roma

Alexander Zeldin
Faith, Hope and Charity

Le regie di Alexander Zeldin – artista inglese oggi associato al National Theater di Londra e all’Odéon di Parigi – sembrano agire per sottrazione: condensata sul palcoscenico, la realtà appare nuda, intensificata, mostrando la delicatezza, l’ironia, la fragilità dell’esistenza umana. Ultimo capitolo di una trilogia dedicata all’intimità in tempi di crisi anche Faith, Hope and Charity come il precedente LOVE (presentato al REF21) ci porta in un centro comunitario per costruire un’altra esperienza teatrale capace di guardare il cuore di questi tempi incerti. Cade la pioggia e in una fatiscente sala ai margini della città, Hazel prepara il pranzo per i più bisognosi, il vecchio Bernard che vive nel quartiere se ne sta seduto e silenzioso in un angolo, Beth si batte per l’affidamento di sua figlia mentre Mason, un nuovo volontario, si propone di fondare un coro. Coinvolgendo famiglie residenti in alloggi di emergenza, attori professionisti e non professionisti, Zeldin costruisce un luogo abitato da gesti semplici, silenzi, insicurezze, dolori ma anche da improvvise esplosioni di fede, speranza e carità. Il suo sguardo è una chiave d’accesso alla realtà di vite ordinarie, fragili e poetiche come tutte le vite capaci di andare avanti nonostante il mondo.

«Faith, Hope and Charity è il culmine di un linguaggio che abbiamo sviluppato con The Inequalities Trilogy – spiega il regista – e che il pubblico di Romaeuropa ha già potuto conoscere lo scorso anno con Love. Beyond Caring, il primo capitolo di questo percorso, indagava l’intimità sul posto di lavoro e le storie di sfruttamento di addetti alle pulizie; Love si concentrava sul tema della famiglia e in particolare sulle famiglie senza dimora, questo terzo capitolo ci riporta in un centro di accoglienza indagando i temi del lavoro, della casa e della famiglia nell’ambito di una comunità. L’intera trilogia vuole focalizzare il tema dell’intimità in tempi di austerità e di crisi. Si tratta delle grandi storie del nostro tempo. Storie emblematiche ed iconiche che fatico a descrivere come di povertà e di esclusione. Voglio invece descrivere la fibra morale e spirituale di questo presente, omaggiare i suoi eroi. Un bambino su cinque in Inghilterra vive in stato di povertà, non si tratta quindi di minoranze».

La sala comune di un centro di accoglienza, un tetto che perde acqua, una mensa sono gli spazi in cui Zeldin ambienta questo nuovo racconto in cui ogni personaggio sembra racchiudere le parole che danno il titolo allo spettacolo: Hazel e i suoi pasti caldi per gli affamati, Mason, allegro ex detenuto impegnato a creare un coro con un gruppo misto di persone sole e povere che si presentano per mangiare la pasta di Hazel, e poi Beth che combatte battaglie giudiziarie per impedire che la figlia Faith venga presa in custodia. Un mondo di banchi alimentari, servizi sociali che chiudono per mancanza di soldi, spazi dedicati all’ospitalità in cui si svolge la vita di una numerosa parte della popolazione. Un mondo non ignaro all’ironia, all’umorismo e che trova ancora la forza per riunirsi in un inno corale, una consolazione temporanea, un segno di speranza. Racconta ancora Zeldin «Faith, Hope and Charity riguarda la fine di un’era, la descrizione di una comunità distrutta dall’economia e per questo iconica, emblematica dei nostri giorni. Come per tutta la trilogia il processo di creazione di questo progetto si basa sull’incontro di persone radicalmente differenti per origini e prospettive. Il mio teatro è uno spazio in cui queste differenze si incontrano, se non è possibile nella società, allora che avvenga qui, nel teatro!».

Un teatro che è per il regista bisogno umano, linguaggio, fonte vitale come l’acqua e il fuoco, «un modo di stare al mondo, di rendere vive le emozioni dentro di me in una forma concreta, un modo per rendere l’invisibile visibile. Faccio teatro in differenti contesti e non vedo alcuna differenza tra il Teatro Argentina e il centro comunitario dove, ad esempio, ho lavorato a Birmingham. Il teatro è per me un modo per mettere gente insieme in modo nuovo, per raccontare una storia nuova. Credo che i processi di creazione tradizionali siano morti. Abbiamo bisogno di nuovi modelli per il teatro».

«Le opere teatrali di Alexander Zeldin sono come quelle di nessun altro: registrano umanamente le tristi realtà di una nuova era di austerità. Dopo Beyond Caring e Love, ora cerca di fornire conforto e allegria a coloro che lottano per sopravvivere. Il risultato lascia combattuti tra l’ammirazione per le persone che affrontano i fallimenti di un sistema in rovina e la rabbia per la loro necessità di farlo» ha scritto il The Guardian (18 settembre 2019, Michael Billington).

Crediti

Testo e messa in scena: Alexander Zeldin
Scenografia e costumi: Natasha Jenkins
Luci: Marc Williams
Suono: Josh Anio Grigg
Movimenti: Marcin Rudy
Musiche: Laurie Blundell
Assistente alla messa in scena: Josh Seymour
Collaborazione alle luci: Breandon Ansdell

Con il patrocinio di Ambasciata Britannica a Roma