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12 Maggio 2021
3 polaroid di Fulminacci su Roma
di Fulminacci

Dopo l’esordio da appena ventenne con La vita veramente, quest’anno Fulminacci si è esibito per la prima volta a Sanremo, dando seguito alla sua discografia con il secondo album Tante care cose, appena uscito per Maciste Dischi.

Trattandosi non soltanto di uno dei giovani cantautori più bravi del panorama musicale italiano, ma anche di una bella testa pensante e vivace, gli abbiamo chiesto di “scattare” tre polaroid su Roma, per proseguire il nostro percorso di osservazione/ascolto avviato nelle scorse settimane con Takeover, in collaborazione con Siamomine.

Una lista di motivi per cui mi piace Roma

– Le strade del centro semivuote ad Agosto;

– La luce del cielo al tramonto che colora tutto di arancione;

– Il profumo dei supplì;

– I prezzi delle pizzerie a taglio e i loro nomi mattacchioni, come “Pazzi di pizza e di…” o “Pizza, polli e…”;

– Se è bel tempo posso andare a pranzo al mare a mangiare gli spaghetti con le vongole, magari senza la farina aggiunta per ottenere l’effetto cremina;

– La varietà architettonica, tipo che vicino casa mia sembra la periferia di Baghdad e dalle parti del gasometro ricorda Liverpool;

– Da queste parti qualcuno usa ancora l’articolo prima di “settimana prossima”;

– I doppiatori;

– La comoda posizione al centro dell’Italia che mi fa sentire un po’ vicino a tutto;

– Le passeggiate sotto il lungotevere come Toni Servillo ne La Grande Bellezza;

– L’arena del Cinema America in piazza San Cosimato;

– I palazzi popolari di Testaccio ripieni di attori e giornalisti con i pantaloni Charrart;

– Gli attici luminosi dei Parioli;

– Le piazze e i bar delle periferie rivalutate dopo il boom del Pigneto;

– Via di Malnome, bella e selvaggia, che ti porta al mare evitando il traffico dell’Aurelia;

 

Sul sarcasmo dei baristi di Roma

Questa città mi coccola e mi seduce, ma sa anche mettere a nudo le mie debolezze. Una su tutte: il sarcasmo dei baristi.

Ore 7:34 del mattino, traffico grottesco, lavori in corso, pioggia. Parcheggio in quarta fila e mi catapulto nel solito bar.

«Ben alzato!» esclama il barista rimarcando il fatto di essersi svegliato comunque molto prima di me.

«Potrei avere un caffè?»

«Potresti…»

«Scusami, mi è caduto il cucchiaino, me ne dai un altro?»

«Pulito?»

Oppure:

«Mi fai un cappuccino?»

«Dipende…De che squadra sei?» (Panico assoluto).

O addirittura

«Un ginseng, per favore.»

«Ah, annamo bene! Si comincia così e poi…», alludendo ad un principio di omosessualità, secondo i dettami di un becero umorismo di vecchia data.

O anche, seduto al tavolino con degli amici, quando vengo servito per primo:

«Prima le signore!».

Poi ce ne sono alcuni che ti chiamano Elvis o Goku se hai i capelli fuori posto o altri che invece non ti parlano e non ti guardano, e tu non riesci capire se sanno che sei lì.

Parliamoci chiaro, il sarcasmo è il cuore pulsante di Roma, l’unica arma contro lo stress di una vita frenetica, ma come tutte le armi serve solo a chi la impugna.

Una volta un mio amico è riuscito a disarmare un barista, è andata più o meno così:

«Potrei avere un cornetto con sopra lo zucchero a velo?»

«Eh ma così te costa dieci euro!»

«E allora me sa che non è popo zucchero a velo!»

Fermi tutti. Ce l’ha fatta.

 

Una playlist di canzoni che parlano di Roma e dei suoi quartieri

Take Over powered by Fondazione Romaeuropa e Siamomine