Nato nel 1908, Luigi Veronesi, dopo aver compiuto studi tecnici, si avvia alla pittura, sotto la guida di Violante, solo intorno ai venti anni.
Ma già l’interesse del padre per la fotografia lo aveva stimolato a guardare con interesse la risproduzione bidemensionale ed i rapporti tra luce, spazio e colore. Intorno agli anni Trenta precisa la direzione della sua ricerca, approfondendo le conoscenze matematiche, che saranno sempre alla base del suo credo artistico.
Nel 1932, ventiquattrenne, tiene la prima esposizione personale di incisioni ancora figurative, che mostrano influenze da Modiglioni, Sironi e dalla metafisica, presso la Galleria del Milione di Milano, inserendosi direttamente nella cerchia degli artisti che guardavano con maggiore interesse alle tensioni artistiche delle correnti europee. Nello stesso anno Veronesi ha l’occasione di avvicinarsi al panorama artistico internazionale con un primo viaggio a Parigi, dove si trattiene con una certa frequenza per tutto il decennio, anche per portare a termine i progetti di decorazione di tessuti commisionatigli nella città. E qui stringe rapporti di amicizia e di collaborazione con Fernand Léger, Georges Vantongerloo, Robert e Sonia Delaunay.
Si divide fra l’adesione alle iniziative dei giovani artisti lombardi avviati nel campo della pittura non figurativa e la ricerca di un collegamento di più ampio respiro, a cominciare dal gruppo Abstraction-Création, sulla cui rivista è pubblicata nel 1935 una sua incisione, SR3.
Nel 1934, frattanto, espone di nuovo le sue incisioni al Milione, in una mostra a due con Josef Albers, e l’anno seguente è tra i rappresentanti della nuova tendenza nella “Prima collettiva d’arte astratta italiana” che ha luogo a Torino nello studio di Casorati e Paulucci. Veronesi mostra di concepire l’attività creativa al di là della sola pittura, dedicandosi già dal 1934, su suggerimento di Bragaglia, a progetti di scenografie teatrali in cui far confluire gli studi sulla luce e sul movimento: lo stesso interesse a far confluire le arti in un progetto globale lo porterà più tardi a sperimentare il mezzo cinemtatografico (è sua l’idea, poi non realizzata, di una pellicola che avesse come unico soggetto gli effetti provocati dalla luce sul movimento dell’acqua).
Nel frattempo continua a sviluppare un singolare percorso attraverso la pittura, lavorando sulle immagini a stampa per le copertine di “Campo Grafico” (1933-1935), rivista all’avanguardia nel settore, quindi per “Casabella”, e nel dopoguerra per “Ferrania” e le edizioni a soggetto cinematografico della casa Poligono.
La sua instancabile ricerca attraverso le molteplicità espressive, si rafforza dopo aver conosciuto nel 1935, in Svizzera, Moholy-Nagy che lo spinge ad approfondire l’esperienza del costruttivismo europeo: Veronesi instaura così proficui rapporti con le riviste cecoslovacche “Telehor” e “Magazin AKA”.
Dal 1936, dopo la morte dell’amico Edoardo Persico e la rottura con il gruppo del Milione per questioni di natura ideologica, Veronesi si trova isolato, tanto che la sua prima esposizione di pittura avviene solo nel 1939 a Parigi, alla Galerie L’Equipe. In quell’occasione l’esecuzione delle Quattordici variazioni musicali composte da Malipiero a commento delle Quattordici variazioni pittoriche di Veronesi gli guadagna la stima di Kandinskij. Tra la fine degli anni Trenta e l’inizio della Seconda Guerra si infittiscono gli studi per il teatro ed i progetti di scenografie che si affiancano alla realizzazione dei primi film astratti o “assoluti”. Nel periodo cruciale del Regime Fascista, Veronesi rinuncia al lavoro creativo e, vivendo in semiclandestinità, prende parte alle lotte di liberazione, coordinate dalla Resistenza. Solo dopo la Liberazione riprende la sua ttività artistica.
Un nuovo momento di aggregazione dopo l’esperienza con il gruppo fotografico La Bussola, formatosi nel 1947, si ha con il Mac (Movimento arte concreta), l’eterogeneo gruppo sorto a Milano nel 1948 che si coagula attorno alla scelta di un’astrazione non razionalistica.
Oltre alla sua partecipazione a numerose mostre collettive, vanno segnalate la personale presso la Galleria Schettini di Milano nel 1954, presentata da Marchiori, ed una nuova esposizione a Parigi, alla Galerie de l’Institut, nel 1956.
A partire dagli Anni Sessanta, sempre più numerose si fanno le occasioni espositive, sia individuali che collettive. A queste si aggiungono i riconoscimenti ufficiali, tra cui il primo premio per la silografia alla II Biennale dell’incisione italiana di Venezia nel 1957, la medaglia d’oro al Premio Marche del 1963, l’Ambrogino d’oro dei Comune di Milano nel 1978, il Premio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei 1983 e la medaglia d’oro di riconoscenza della Provincia di Milano nel 1985.
Parallelamente all’attività artistica, Veronesi svolge una intensa attività didattica insegnando presso il Corso superiore di industrial design di Venezia (1965-71), l’Accademia di Brera (dal 1972 al 1977 è titolare della cattedra di cromatologia) ed infine presso la Nuova Accademia di Milano (dal 1980 al 1987 tiene i corsi di composizione e cromatologia).
Intorno alla metà degli anni Sessanta la sua pittura vede tornare quegli elementi di rigore geometrico che l’avevano distinta negli anni passati. Continua la sua ricerca attraverso le contaminazioni fra musica, colore, luce, movimento: vanno ricordate le scenografie realizzate per il teatro Alla Scala tra il 1982 ed il 1983, e le sperimentazioni dei primi anni ’70 che approdano alle cosiddette “musiche”, trasposizioni visive di brani musicali. A partire dal 1970 la sua opera è oggetto di numerose retrospettive, all’estero (a Saint-Paul-de-Vence nel 1970, a Leverkusen nel 1974) e in Italia (a Parma nel 1975, a Ferrara nel 1978, a Ravenna nel 1983, a Todi nel 1984, per culminare con la sala dedicatagli nel 1986 alla Biennale di Venezia e con la grande mostra antologica al Palazzo Reale di Milano nel 1989).
(a cura di Francesco Tedeschi, in Catalogo Romaeuropa Festival 1992)
Nel 1997 il Museo di Darmstadt gli dedica una grande mostra antologica – poi ospitata in numerosi musei tedeschi e svizzeri. Nello stesso anno la sua opera è ospitata dalla Galleria del Design a Cantù, a cura degli amici dei Musei di Cantù, e l’anno successivo a Finale Ligure. Luigi Veronesi muore nel 1998. Nel 2005 Milano organizza alla Rotonda la mostra Luigi Veronesi: musica delle forme, un percorso attraverso il suo lavoro pittorico dal 1932 al 1998.