Sfoglia il libro del Decennale del Palladium
Il teatro ed il sapere
di Monique Veaute
Cultura ed educazione sono un binomio inscindibile, che riunisce il gusto del sapere e della scoperta con le differenti forme di trasmissione della conoscenza. Forte di questa convinzione, dieci anni fa, Guido Fabiani decise di salvare il Palladium dal suo triste destino di diventare una sala bingo, per farne il teatro universitario di Roma Tre. Dalla ristrutturazione del teatro – che abbiamo realizzato con l’aiuto di Richard Peduzzi, che all’epoca dirigeva Villa Medici – fino alla programmazione artistica abbiamo lavorato con il piacere che porta con sé ogni nuova avventura intellettuale, sperimentando le molteplici forme dello spettacolo della conoscenza. I primi confronti tra universitari e ”saltimbanchi” – questo eravamo – furono epici, ma anche ricchi di proposte e suggestioni. Riuniti nella sala del Senato accademico si ritrovarono, intorno a Guido Fabiani e a me, Franco Barberi, Giorgio Barberio Corsetti, Alessandro Baricco, Biancamaria Bosco Tedeschini Lalli, Giancarlo Bosetti, Mario Brunello, Ilaria Caraci, Marco Causi, Francesco Cellini, Roberto Cicutto, Giorgio Ciucci, Carmela Covato, Renato Criscuolo, Michele Dall’Ongaro, Emma Dante, Leonardo De Franceschi, Giorgio De Vincenti, Barbara Frandino, Gaia Furrer, Gianpiero Gamaleri, Lisa Ginzburg, Katia Labèque, Marielle Labèque, Canio Loguercio, Piero Maccarinelli, Francesca Manica, Giacomo Marramao, Maurizio Martusciello, Arturo Mazzarella, Renato Moro, Rossella Panarese, Lorenzo Pavolini, Richard Peduzzi, Giorgio Piccinato, Roberto Pujia, Eligio Resta, Jacqueline Risset, Danielle Rouard, Giancarlo Sammartano, Raffaele Simone, Maria Rosaria Stabili, Elena Stancanelli, Maria Vittoria Tessitore, Vito Zagarrio, Fabrizio Grifasi che oggi dirige la Fondazione Romaeuropa, e Valeria Grifasi, la direttrice del Palladium che ricopre questo ruolo con passione, affiancata dal responsabile tecnico Alfredo Sebastiano. E, naturalmente, il presidente Giovanni Pieraccini. Eravamo tutti d’accordo sul fatto che il palcoscenico di un teatro non fosse una cattedra, ma che dovevamo affrontare la sfida di offrire programmi che sapessero coniugare scienza, diritto, economia e, certamente, letteratura, musica e teatro. Nel tempo hanno trovato la loro casa al Palladium, consolidandosi e aprendosi a un pubblico giovane e sempre più vasto: l’Orchestra di Roma Tre, il Roma Tre Film Festival, il Teatro Dams Fest, gli appuntamenti di Radio 3 Scienza, il Festival internazionale dedicato al cortometraggio Cortoons, il Festival internazionale delle culture dell’Africa contemporanea Festad’Africa Festival, Ztl-pro Zone teatrali libere, esperimento di produzione per la scena contemporanea e il festival delle arti sceniche contemporanee Teatri di Vetro. Un altro obiettivo era quello del dialogo con il territorio, la Garbatella, quartiere molto singolare nella geografia romana, che doveva trovare nel Palladium la sua rappresentazione. Così è stato l’assessorato alle Politiche culturali dello stesso municipio XI a curare in tutti questi anni la rassegna dedicata alle realtà artistiche presenti sul territorio.
Non potendo citare tutti gli eventi che abbiamo proposto in questi anni, mi piacerebbe ricordarne due, che mi sono rimasti particolarmente impressi nella mente. Il primo è il giorno dedicato al transito di Venere, evento rarissimo e leggendario che ha visto il pianeta Venere passare davanti al Sole. L’evento fu organizzato dai dipartimenti di Biologia, Fisica e Geologia di Roma Tre in collaborazione con Radio 3 Scienza, e ha visto un pubblico incredibilmente numeroso osservare dalle sei del mattino attraverso dei telescopi installati in tutto il quartiere questo fenomeno che gli esperti commentavano con passione. L’altra è la serata durante la quale il pasticcere della Garbatella, grazie alla sua incredibile collezione di fotografie, ci raccontò – con l’aiuto di Lisa Ginzburg e Lorenzo Pavolini – la nascita del suo quartiere, dalla visita del Dalai Lama al ritorno a casa dei lavoratori la sera, fino alle feste di quartiere che suo nonno aveva accuratamente documentato. Se alcune di queste linee di programmazione sono state abbandonate perché il loro successo le ha portate in altri luoghi, il teatro Palladium ha offerto una nuova proposta alla città con l’apertura negli ultimi anni alla scena indipendente dei giovani creativi italiani. Il desiderio di rendere questo teatro una vetrina internazionale è stata l’intenzione di tutti, sin dall’inizio, ed è per questo che gli incontri organizzati dal Dipartimento cinema dell’Università Roma Tre coinvolgono registi e produttori di tutto il mondo, mentre Romaeuropa nel suo festival programma artisti del calibro di Akram Kahn, Peter Brook, Patrice Chéreau, Philippe Decouflé, Marina Abramovic, Enzo Cucchi, Peter Sellars e molti altri che sono accolti nel teatro Palladium. Il punto di forza di questo teatro, luogo di scambi e incontri, è l’aver saputo vincere la sfida del decentramento, rispondendo con il successo di pubblico e critica a quanti guardavano con scetticismo alla possibilità che la scommessa di un’esperienza lontana dal centro della città sarebbe stata vincente. Il pubblico è venuto sempre più numeroso, attento a una proposta che vuole essere diversa, eclettica e attenta al complesso mondo che ci circonda. Il comune di Roma, la provincia e il Municipio XI ci hanno fedelmente accompagnato nel corso di questi dieci anni, permettendo che quest’utopia diventasse una realtà. Auguriamo ancora decenni di vita a un’esperienza che ha saputo unire l’eccellenza accademica e la creatività artistica al servizio del pubblico, entrambi promotori di una cultura che è il miglior rimedio cultura contro la paura del futuro e l’apertura verso una società multiculturale.
Palladium : uno spazio di nuova generazione
di Fabrizio Grifasi
Difficile aggiungere qualcosa alle tante testimonianze e alle parole degli artisti, dei curatori, dei professori e dei tanti che negli anni hanno “fatto” il Palladium. È proprio questa varietà di racconti e contributi che racconta la forza e il successo di questo progetto, il suo radicamento a Roma, in Italia e all’estero. E l’aver raggiunto quanto ci eravamo prefissati nella missione originaria pensata con Guido Fabiani e con l’Università Roma Tre: fare del Palladium qualcosa di altro, qualcosa che prima non c’era.
Sicuramente per la molteplicità di percorsi di programmazione che sono stati accolti, ma soprattutto per aver concretizzato una idea di spazio e progetto culturale che fosse diverso rispetto alle stagioni teatrali correnti, diverso nel suo modello artistico e organizzativo, diverso anche nella maniera stessa di “dirigere” un teatro o uno spazio.
Certo, tutte le direzioni prese in questi anni sono state meditate e condivise a Romaeuropa secondo scelte artistiche compiute nell’ambito di un progetto culturale più amplio, ma molto è stato lasciato alla completa autonomia di curatori indipendenti, di strutture organizzate fuori dal Palladium e accolte nel Palladium. Perché eravamo e siamo convinti che nella ricchezza della società artistica, culturale, universitaria e scientifica ci fossero e ci siano contenuti, visioni, speranze che combinandosi con la nostra esperienza potevano e possono costruire una trama coerente a raccontare il presente attraverso forme, modalità e percorsi molto differenziati. Per questo, fin dall’inizio, ci è stato chiaro ciò il Palladium “non“ sarebbe stato. Non sarebbe stato un teatro con la sua stagione fatta di teniture standard e scambi con strutture simili, non sarebbe stato dedicato solo al teatro e soprattutto non a un solo tipo di teatro, non avrebbe avuto i classici abbonamenti, non sarebbe stato “proprietà” di una direzione monolitica e omnicomprensiva. Piuttosto, sarebbe stato uno spazio di “nuova generazione” per il tempo presente dove immaginare il futuro, uno spazio di rischio e investigazione dove tenere assieme forme diverse di sapere, di esperienze artistiche raccontate con modalità nuove, con la sua libertà di scegliere, con le sue sezioni autonome e le sue curatele indipendenti. Uno spazio accessibile, anche nei prezzi, alla città, agli studenti, ai cittadini, con le sue giornate gratuite, a disposizione per le prove, con un rapporto forte con il territorio. Uno spazio dove la programmazione si sarebbe articolata in formati brevi per permettere di accogliere la varietà e la pluralità delle proposte e dove ci sarebbe sempre stata una presenza di artisti internazionali, grazie anche al festival Romaeuropa, condizione necessaria e vitale per un confronto che è essenziale per gli artisti e il pubblico. Uno spazio che non abbiamo esitato a svuotare dalla sue poltrone e riorganizzare completamente per progetti speciali e mostre, come ad esempio abbiamo fatto per le installazioni di Sensi Sotto Sopra nel 2006, che è stata per noi e per Roma l’anteprima del progetto Digitalife su arte e nuovi media che da tre anni realizziamo tra ex Gil, Macro Testaccio e Pelanda. Di conseguenza, ci siamo impegnati ad aprire le porte del teatro, fare incontrare, accogliere e mettere in connessione personalità ed esperienze molto diverse: professori, scrittori, intellettuali, musicisti, artisti, curatori, associazioni di base, altre istituzioni della città. E quindi linguaggi differenti, tenuti assieme dalla convinzione che è attraverso questo caleidoscopio di pluralità che si restituisce la complessità del nostri tempo e ci si mette al servizio della città. Uno spazio che anche in questa flessibilità trovasse la forza di cambiare regolarmente cercando di capire cosa di interessante accadeva “fuori” e che quindi intercettasse energie e bisogni della città. E quando si legge la lunga lista delle attività e come si sono articolate nei dieci anni, si comprendono gli slittamenti, gli aggiustamenti che si sono fatti proprio per rispondere al nuovo che si manifestava nella città e alle esigenze di un territorio metropolitano in continuo cambiamento. E dove il senso di un sostegno pubblico trovasse sempre la sua completezza nell’altra gamba, quella dell’autofinanziamento e nella capacità di attrarre ed aggregare altre energie e risorse anche economiche. Questo ha significato anche la sfida, molto complessa dal punto di vista gestionale, ma innovativa rispetto al sistema teatrale italiano, di non rimanere ingessati e bloccati sulla domanda standard di un pubblico catturato e conservato, quasi congelato, ma invece di rischiare ogni anno di andare a cercare il pubblico per la proposta artistica e culturale che abbiamo elaborato. Una scelta meno comoda ma certo più interessante. Questo progetto è stato possibile grazie alla totale adesione di Guido Fabiani e dell’Università Roma Tre, e al sostegno del Comune di Roma e della Provincia. Ma anche grazie alla costruzione di un modello di partnership originale tra l’Università e la Fondazione Romaeuropa a cui è stata affidata la gestione artistica, l’organizzazione e tutta l’amministrazione delle annualità, con inclusi i rischi economici che essa ha comportato. Romaeuropa ha quindi messo a disposizione tutto il suo staff con le sue professionalità artistiche, produttive, tecniche e comunicative. Si è assunta il rischio artistico ed economico, ha reperito risorse economiche supplementari, ha messo a disposizione la sua esperienza ed le sue reti di contatti. La scommessa da parte dell’Università è stata grande ed è stata anche la nostra. Ricordo i timori (miei personali) quando siamo partiti, trascinati dall’entusiasmo di Monique Veaute, dall’adesione di Giovanni Pieraccini e di tutto il Consiglio di Amministrazione della Fondazione e dall’energia di Valeria Grifasi che si cura del Palladium sempre con rinnovata passione assieme ad Alfredo Sebastiano che ha assicurato la continuità con la sua professionalità tecnica.
Quella scelta è stata anche per noi di Romaeuropa molto importante. Prima, la nostra attività era tutta incentrata sul Festival Romaeuropa ed il progetto del Palladium ci ha spinto a sviluppare una visione diversa del nostro rapporto con la città, con un ruolo più presente e protagonista, che ha generato negli anni successivi altri progetti, come le Officine Marconi (il centro di produzione e residenza pensato con il Municipio X alla Romanina, che purtroppo non si è ancora realizzato), la nuova sede dell’Opificio ai Magazzini Generali, la Romaeuropa Web Factory con Telecom Italia e le mostre e i talk di Digitalife, alla quarta edizione in questo 2013. Il motore di tutte queste attività è sempre stato lo straordinario gruppo di lavoro della Fondazione Romaeuropa, che ha saputo rinnovarsi ed accogliere periodicamente nuove energie, sempre più giovani ed entusiaste. E’ la riprova di quanto sia importante e centrale il valore, l’impegno e la passione delle persone accanto a quello delle idee. Questi dieci anni sono stati per noi straordinari, ci sentiamo più ricchi, siamo felici delle reti di collaborazione che abbiamo costruito, con tanti artisti, strutture, istituzioni, partner pubblici e privati. Siamo convinti che fare e cambiare sia necessario e sia possibile, e continueremo a farlo.
10 anni di Palladium: il modo di essere di Roma Tre
di Guido Fabiani
10 anni straordinari! Da quando, il 16 ottobre del 2003, alla presenza di Carlo Azeglio Ciampi,Roma Tre ha ridato alla città un luogo storico della cultura romana.
Col Palladium-RomaTre si è realizzato in modo alto uno degli obiettivi strategici che ha accompagnato fin dall’inizio la fondazione dell’Ateneo: costruire l’Università nella città. Recuperare e ridare forma. Dalle ex fabbriche e dalle ex scuole dell’area Ostiense-Marconi all’ex cinema-teatro della Garbatella, lo slancioè stato lo stesso: creare nuovi spazi di diffusione della cultura e di incontro sociale. Il modo di essere di Roma Tre. In questi anni il Palladium-RomaTresi è contraddistinto dagli altri teatri di Roma perché è riuscito a essere un laboratorio aperto alla città, agli studenti, ai docenti dell’Ateneo e, insieme, un luogodi sperimentazione di tutte le forme dello spettacolo (danza, musica, cinema, teatro, narrazione), con performance di altissimo e riconosciuto livello internazionalerealizzate da affermati e straordinariartisti e intellettuali, assieme a tantissimi giovani di talento. In questi anni si sono alternati stagee tirocini, etante sono state le occasioni per gli studenti per entrare a contatto con la dimensione teatrale sperimentandone il palcoscenico, partecipando alle attività di promozione e marketing oltre a seguire le maestranze tecniche che lavorano agli spettacoli dietro le quinte. Numerosi sono stati i laboratori, i festival, gli incontri culturali e scientifici che hanno visto il diretto coinvolgimento di docenti e studenti dell’Ateneo impegnati a progettare e dibattere, sperimentando tecniche di confronto“spettacolari”.
In questi anni è stata ugualmente importante la partecipazione del“popolo della Garbatella” che ha avuto spazi propri di spettacolo sulla storia e sulle figure che ne hanno fatto un quartiere particolare di Roma. Si può perciò anche dire che il Palladium-RomaTre ha restituito nuova centralità ad uno storico quartiere romano,inserendolo in una realtà di vibrante vigore culturale.
Questa complessa fusione tra accademia, cittàeteatro è stata possibile grazie al contributo di professionalità, esperienza e alta dimensione culturale della Fondazione Romaeuropa. Grazie allacollaborazione con Romaeuropail Palladium-RomaTreè divenuto una delle istituzioni di maggior prestigio per la promozione e la diffusione dell’arte, del teatro, del cinema, della danza e della musica nel contemporaneo panorama nazionale e internazionale. Infine, va ricordato che questa speciale vitalità del Palladium è frutto della preziosa e strategica collaborazione con le autorità locali. Senza la decisa partecipazionedel Comune e della Provincia di Roma, oltre che della Regione, non ci sarebbe stata nessuna possibilità di rilancio culturale dello spazio e del quartiere. Il loro sostegno e contributo,oltre al positivo apporto di idee,ha fatto sì che i progetti artistici e culturali prendessero forma con la dovuta continuità.
Il Palladium-RomaTre è stato, quindi, un progetto di successo e da sostenere ancora, perchè è la dimostrazione di come l’incontro tra le istituzioni territoriali e l’Università, possa essere determinante per creare occasioni di sviluppo civile economico e culturale.