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25 Gennaio 2014
DNA scritture

Ada D'Adamo

Scritture. Scrivere con il corpo: pensiero e pratica


Scritture. Scrivere con il corpo: pensiero e pratica

Il resoconto di DNAscritture del primo appuntamento di W4DNA 2014, la conferenza di Ada D’Adamo dal titolo Corpo come testo: alcune riflessioni su danza e drammaturgia

“La studiosa Ada d’Adamo ha dato il via al progetto W4DNA con la conferenza dal titolo Corpo come testo: alcune riflessioni su danza e drammaturgia introducendo il focus attorno a cui ruoteranno gi studi, le creazioni coreografiche, il DNAmovement e il laboratorio en plein air di Adriana Borriello. Lungo questo percorso la d’Adamo sarà una presenza costante consentendo al pubblico di W4DNA  di entrare dentro il processo creativo della danza, di porsi interrogativi sulla base di ciò che vede e sente e di partecipare ad una riflessione guidata e condivisa. L’intervento della d’Adamo si apre con il quesito “Che cos’è la danza?” e affrontando dunque il problema del senso, del significato che essa genera. La danza infatti dota il corpo di un senso filosofico, ontologico e estetico, gli permette di realizzare in maniera concreta la necessità innata dell’uomo di raccontare storie e di praticare il  movimento in una situazione di rappresentazione senza alcun tipo di funzione utilitaristica, cioè in una condizione extraquotidiana. Nella danza contemporanea troviamo una nozione fluida di drammaturgia che si divincola dall’esclusività e dalla preminenza di una matrice testuale e di un conseguente intento narrativo e sceglie di riposizionare il corpo al centro del proprio campo di interesse e di indagine. Il corpo riacquista un bagaglio polisemico configurandosi di volta in volta o in maniera parallela oggetto sociale, entità culturale, essenzialmente un conduttore di senso. In questa prospettiva la studiosa cita Federico Ferrari, filosofo e critico d’arte milanese, che definisce la danza contemporanea come “un’attestazione di presenza”, cioè il corpo esposto, il corpo per quello che fa genera una produzione di senso. Invece del termine “presenza” il semiologo Ugo Volli nel suo saggio Il corpo della danza propone quello di  “presentazione”, cioè di qualcosa che si mostra, che cattura il qui ed ora e che possiede la dote del dono, del donarsi incondizionato del danzatore allo spettatore. Così la d’Adamo sottolinea come nella danza contemporanea i corpi siano rivestiti di una particolare evidenza per usare le parole di Eugenio Barba e di Jerzy Grotowski, mostrino una certa criticità sedimentando e facendo rifluire più tecniche e poetiche, possano essere considerati “inoperosi” secondo quanto afferma il filosofo Giorgio Agamben, cioè corpi che in assenza di organi, che attraversati da un processo di dissipazione riescano ad afferrare una funzione nuova e diversa. La drammaturgia nell’ambito coreutico contemporaneo si delinea come un sistema in cui agiscono paratatticamente più codici, in cui l’elemento testuale si allinea dunque al livello degli altri elementi, in cui spazio, tempo e azioni sono strutturati in modo tale che il corpo faccia corrispondere un adeguato apporto energetico, in cui opera la dicotomia buio/luce, assenza/comparsa del suono, l’utilizzo di oggetti e di costumi. Il concetto di drammaturgia assume perciò differenti accezioni non solo spostando lo sguardo da un artista ad un altro ma anche tra le creazioni di uno stesso coreografo. A tal proposito la d’Adamo fornisce una serie di esempi. C’è da dire prima di tutto che per quanto riguarda la ridefinizione del processo drammaturgico nella danza fondamentale è stato l’apporto del teatro, il quale con le nuove drammaturgie ha detronizzato il testo dal suo status ed è divenuto corpo-centrico. Quando poi la danza è entrata in confidenza e si è avvicinata alle pratiche performative le barriere tra teatro e danza sono finalmente cadute. Negli anni Ottanta del Novecento, nel Tanztheater di Pina Bausch emerge una osmotica collaborazione tra la danzatrice e coreografa tedesca e il dramaturg Raimond Hoghe, e in seguito ad una redistribuzione, non più gerarchica, dei ruoli e delle competenze, i danzatori che lavorano con loro si trasformano in produttori di senso. In maniera analoga nello stesso periodo la giovane generazione della danza d’autore italiana germoglia da una prolifica contiguità con il teatro di ricerca. I Sosta Palmizi, appartenenti a quella generazione, fanno scaturire la loro danza dai vissuti personali, presentano nei loro spettacoli frammenti d’umanità, dunque una drammaturgia che si compone e cresce nel corso delle prove e insieme ai danzatori. Tenendo conto di questo meccanismo della creazione il coreografo belga Alain Platel ritiene di estrema importanza la scelta dei suoi interpreti in base alla loro nazionalità, formazione e provenienza. In quegli stessi anni anche nella Nouvelle Danse francese si afferma un certo autobiografismo che però entrerà in crisi nel momento in cui aumenta in modo esponenziale la richiesta di produzioni in seguito alla nascita dei Centri Coreografici Nazionali (CCN) e all’istituzionalizzazione di coreografi. La crisi di questa connessione vita-danza nel processo drammaturgico ha spinto a riformulare il processo stesso e si è imposta come reazione ad essa la Non Danza alle soglie del secolo attuale. In questa nuova categoria la danza contemporanea ha rivalutato il rapporto tra testo e corpo con una sorta di incorporazione della matrice testuale, ha operato una negazione del corpo danzante per ricollocare l’attenzione sul corpo attraverso i soli e contro un tipo di coreografia satura, ha immesso nella creazione drammaturgica l’applicazione e il rispetto di regole e reso lo spettatore attivo. Gli ultimi due fattori traspaiono in maniera esplicita, tanto da essere dichiarati, in FOLK-S will you still love me tomorrow? del coreografo italiano Alessandro Sciarroni, dove sia al danzatore che allo spettatore viene dato un task, un compito da portare a termine nel corso della pratica performativa. La d’Adamo chiude la sua conferenza parlando di Michel Bernard che nel suo saggio Danza e testo o per una lettura coreografata dei testi considera i coreografi dei lettori insoliti in quanto vivono in una condizione di privilegio dello statuto corporeo e mediante un approccio rizomatico si dimostrano in grado di stabilire connessioni a livello orizzontale. Un lettore insolito in questo senso può essere definito Virgilio Sieni per la sua capacità di lettura inedita di testi e di opere d’arte attraverso il suo lavoro di coreografo. Un esempio su tutti in tal senso è La natura delle cose, ispirato al De rerum natura di Lucrezio per il quale Sieni ha rilevato e messo in atto una  corrispondenza tra il verso martellante e l’isolamento dei vocaboli di Lucrezio e lo staccato nel suo materiale di movimento. Con queste ultime considerazioni la d’Adamo consegna allo spettatore di W4DNA una mappa generale sulla danza contemporanea pronta per essere consultata.”

– Andrea Scappa –