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REf18: 2nd week


Prima di tutto, da oggi, 27 settembre vi aspettiamo in Sala Santa Rita (Via Montanara, 8 – Piazza Campitelli) per GENESI di NONE collective, l’installazione interattiva a ingresso gratuito fino al 7 ottobre. Qui tutti gli orari.

 

 

Radici e spiritualità si fondono e si lanciano verso il futuro nell’istallazione site specific di NONE collective. Creata da Gregorio De Luca Comandini, Mauro Pace e Saverio Villirillo, membri fondanti del collettivo, GENESI è, più che un’installazione, un rito collettivo, uno stimolo alla ricerca della connessione tra l’individuo e la propria spiritualità.

 

Dal mantra OM alle campane tibetane, dai canti dei Muezzin ai canti gregoriani fino alle tecniche di ipnosi: le più svariate e antiche pratiche di meditazione si mescolano per creare un crescendo sonoro che insieme all’utilizzo della luce mette alla prova lo spettatore trasformandolo in un performer inconsapevole. Una nuova dimensione spirituale si confronta con il buio dell’incertezza, della paura e del caos. Ma il buio, in fondo, non rappresenta anche il divenire, ciò che dobbiamo ancora scoprire?

 


 

Questa settimana è tempo di riprendere il viaggio between worlds con le storie provenienti da differenti continenti, radici culturali, slanci verso il futuro.

 

 

Partiamo dalle radici di un ristorante vietnamita qualunque, uno di quelli diffusi su tutto il territorio francese, ad esempio. Saigon, il nome con il quale chiamiamo questo ristorante, è lo stesso della città dove nel 1954 si svolse l’ultimo anno della guerra d’Indocina e da dove, dopo la decolonizzazione francese gli espatriati vietnamiti partirono alla volta del continente europeo. Come unire questi due punti distanti nel tempo e nello spazio? Come raccontare tutto ciò che ignoriamo di questi due estremi pieni di vite che avanzano incrociando la nostra storia e la nostra stessa identità?

 

Per rispondere a queste domande la giovane e pluripremiata regista franco-vietnamita Caroline Guiela Nguyen sceglie di ricostruire questo ristorante sulla scena e di farlo diventare un tunnel temporale in cui scorrono quasi sessant’anni di storia. «Quando vado a teatro vedo solo una parte della società rappresentata e radunata e sento che in Francia alcuni di quei corpi, di quelle persone che vedo per strada e che hanno una storia culturale diversa dalla nostra o appartengono a una certa classe sociale non sono rappresentati» ha affermato Caroline nell’intervista realizzata da Chiara Pirri per il nostro programma di sala (che vi invitiamo a leggere cliccando qui).

 

Dietro al profumo di Bo Bun preparati da Marie-Antoinette, neon, altarini per gli antenati, madonnine appese al muro, fiori di plastica si nascondono gentili storie d’amore e di abbandono, canzoni di tempi lontani, lingue natie gelosamente custodite ma irrimediabilmente invecchiate. Con attori vietnamiti, francesi e francesi di origine vietnamita, Caroline costruisce uno spettacolo dal sapore melodrammatico, la cui eleganza si incarna nelle vite e nelle lacrime di persone di cui abbiamo per troppo tempo ignorato la storia.  APPUNTAMENTO IL 29 SETTEMBRE alle ore 19.15 nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica con Robinson in scena per un’introduzione guidata da Katia Ippaso e alla presenza di Caroline Guiela Nguyen.

 

 

Di altre radici e della loro distruzione ci parla #minaret del coreografo libanese Omar Rajeh (in scena al Teatro Argentina il 29 e il 30 settembre). Le immagini della distruzione di Aleppo, quelle della Siria riprese dai droni e condivise sui social network hanno impresso le nostre retine e la nostra coscienza. Ma come possiamo reagire a queste immagini? E quale è il nostro ruolo dinanzi a questi atti di violenza. Rajeh risponde a questa domanda attraverso una sorta di manifesto artistico costruito attraverso il movimento di corpi e di droni in scena a cui si affiancano le musiche ispirate al patrimonio di Aleppo ed eseguite dal vivo da Joss Turnbull (percussioni), Mahmoud Turkmani (oud), Pablo Palacio (sonorizzazione interattiva) e Ziad El Ahmadie (oud).

 

Alla distruzione, sembra dirci Rajeh, si contrappone sempre la ricostruzione  che è un atto di resistenza e di reinvenzione. «Il lavoro artistico è  sempre un processo di mutamento e di nuova creazione» ha affermato infatti il coreografo. Il 30 settembre al termine dello spettacolo appuntamento in Sala Squarzina al teatro Argentina per Robinson in scena. Con l’archeologo e Professore Emerito dell’Università di Roma La Sapienza Paolo MatthiaeOmar Rajeh e la giornalista Raffaella De Santis parleremo di Aleppo, della distruzione di architetture, popoli e culture ma anche e soprattutto della ricostruzione di un patrimonio culturale ed umano.

 

 

Forse, potrebbe essere d’accordo con  l’affermazione di Rajeh la compagnia Italiana Anagoor, tra le più visionarie della sua generazione, in scena al Teatro Argentina il 2 e 3 ottobre con la loro versione dellOrestea nei suoi tre capitoli Agamennone, Schiavi, Conversio. Ancora radici, questa volta quelle della cultura Occidentale, in cui il gruppo guidato da Simone Derai e Marco Menegoni sembra scavare per tirare fuori quelle peculiarità che caratterizzano la nostra storia odierna, con il suo terrore e la sua crisi.

 

Su una scena, concepita quasi come uno spazio rituale  e in cui la declamazioni dei testi si affianca alla costruzione di immagini fortemente simboliche, visione, canto e orazione concorrono alla costruzione di uno spettacolo che mantiene la struttura e le parole della tragedia eschilea, ma solo per ritrovare nelle sue maglie e nei suoi interstizi, così come nel pensiero del suo autore e in un più complesso arcipelago intertestuale (che mescola autori classici e contemporanei), le radici dell’occidente e delle sue meditazioni sul male e sulla fragilità del bene, sulla lingua che descrive questi concetti (leggi qui il programma di sala dello spettacolo).

 

Per questa settimana il nostro viaggio si ferma qui. Vi diamo appuntamento al prossimo giovedì: preparatevi all’energia indie-rock, folle, ironica, poetica, tagliante, sospesa tra Godard, Roger Rabbit e Twin Peaks (stagione 3), di quei poeti dell’acrobazia e del (molto) nuovo circo che sono Tsirihaka Arrivel & Vimala Pons. Don’t miss it!

 

 

A cura di Matteo Antonaci

 


 

INTANTO…

 

 

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