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Manu Dibango


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Manu Dibango

Emmanuel N’Djoké Dibango nasce nel 1933 a Douala, in Camerun. Dopo essersi trasferito in Francia nel 1949, frequenta la scuola superiore a Chartres e inizia a studiare musica, soprattutto mandolino e piano, prima di scoprire il jazz americano e di appassionarsi dunque al sassofono. Terminati gli studi, si impone come musicista nei club di Bruxelles e di Parigi con il gruppo Les Anges Noirs, proponendo un’originale miscela di jazz e sonorità africane. A perfezionare questa combinazione è il ritorno in patria nel 1960 – dove apre un locale suo, il Tam Tam – con una lunga tournée in Zaïre e l’incisione dei primi singoli. Di nuovo a Parigi, pubblica il suo primo album, Saxy Party, che riscuote esclusivamente un successo di critica, tuttavia a segnare una svolta nella carriera di Dibango è la pubblicazione di Soul Makossa, un hit straordinario che vende milioni di copie in tutto il mondo e, insieme all’album successivo O Boso, segna la sua definitiva affermazione internazionale.
Dopo trionfali concerti in Europa (celebre l’esibizione all’Olympia di Parigi) e negli Usa, dove suona all’Apollo Theatre di Harlem, tempio del soul, compie un viaggio in Giamaica e incontra il reggae, arricchendo ancora di più la sua colorata formula musicale: ne nascono due album, Gone Clear (1979) e Ambassador (1981), che fondono in un sound unico le tre culture nere di Africa, America e Giamaica.
Nel 1982 Dibango torna all’afrosound delle origini con l’album Waka Juju, seguito, a soli due anni, da Soft and Sweet, Mélodies africaines, Surtension. In quest’ultimo si delinea una svolta “elettronica” che sarà confermata da Electric Africa (1985), mentre lo stesso anno egli incide Tam-Tam pour l’Ethiopie, per aiutare le vittime della carestia in Africa: il suo impegno umanitario continua con la partecipazione al “Parvis des libertés et des droits de l’homme”.
Negli anni in cui esplode la moda della World Music, Dibango conosce un successo crescente, confermato da prestigiose collaborazioni internazionali: tra i nuovi dischi vanno ricordati Afrijazzy (1987), la colonna sonora per il film Comment faire l’amour avec un Nègre sans se fatiguer (1989), Négropolitaines (1990, di cui usciranno due volumi), Polysonic (1991), Wakafrica, ou l’Afrique en route (1993, realizzato con ospiti del livello di Youssou N’dour, King Sunny Ade, Salif Keita, Angélique Kidjo), Lamastabastani (1996).
Nel 1998 organizza la prima edizione di “Soirs au village”, un festival di musica africana, attento e ricercato dai cultori della materia, presso la cittadina francese di Saint-Calais. Negli anni recenti escono regolarmente raccolte e gratest hits di una carriera che ormai dura da oltre quarant’anni, oltre nuovi album come Mboa’su (2000), Kamer feeling (2002).