Opiate, uno degli interpreti della nuova scena elettronica internazionale, è considerato pionere se non proprio creatore del sound glitch-dub. Utilizza un mix di suoni organici: chitarre acustiche, pianoforte e flauti, che poi manipola digitalmente. È un’elettronica ricercata, rarefatta e frammentata. I suoni, micro-ritmie, si aprono su fruscii evocativi e rumori di fondo che ricordano le produzioni ambient di Brian Eno, senza abusare di pause e riverberi. La performance di questa sera vede la musica accompagnata da immagini di fondo, frame che scorrono lungo i binari di una ferrovia, in un sofisticato binomio.
Produzione Brancaleone / Impact
Collaborazione Teatro Palladium Università Roma Tre
Rassegna stampa
“La sua musica è molto particolare: atmosfere rarefatte, quasi irreali, avvolgono di mistero le composizioni sonore eleganti e delicate, caratterizzate da ritmiche frammentate […], frutto di un abile e calcolato lavoro in studio per mezzo di campionatori usati in maniera spregiudicata per far si che i suoni risultino astratti”.
(Simona Faraone, Opiate, R360, ottobre 2004)
“Atmosfere minimali che hanno la forza di sublimare le distanze del corpo dallo spirito; accenni melodici che creano sinergie non solo con l’autore, ma con tutto il contesto, come se fossimo l’origine stessa dei panorami sonori che ci vengono proposti”.
(Giovanni Mammarella, Opiate, Vespertilla, ottobre 2004)