Il flusso delle immagini e la loro diversa rielaborazione nelle tre opere storiche di Nam June Paik. Una riflessione sul concetto di villaggio globale che miscela contributi di Cage, Ginsberg, Cunningham, Stockhausen a opere di video arte. Tributo a Orwell, in un primo programma via satellite realizzato dall’artista, le stravaganze satellitari e transculturali di Paik uniscono paesi, spazi e tempi in collages artistici e di cultura pop, di avanguardie e televisioni. In una composizione di immagini e scene legate a significati di riti di forza e speranza, in contesti culturali e personali, Paik sperimenta attraverso l’esperienza del Fluxus l’unità di spazio e tempo anche da una posizione politica.
Pioniere della videoarte, Nam June Paik (Seoul, 1932 – Miami, 2006) ha cominciato a esplorare già dai primi anni Sessanta le potenzialità dell’immagine elettronica. Celebri sono le sue prime elaborazioni, nelle quali interviene direttamente sul tubo catodico del televisore con magneti in grado di alterare la trasmissione del segnale, ottenendo così immagini astratte e in movimento. In linea con la poetica del gruppo Fluxus creato da John Cage, Paik sosteneva la possibilità di un’arte che, grazie anche all’ausilio delle nuove tecnologie, giungesse direttamente al fruitore e che in tale immediatezza si facesse strumento per una ridefinizione dell’ambiente socioculturale.
Crediti
© Courtesy Macro – Museo d’Arte Contemporanea Roma
Videos 1973 / 32’ – 1984 / 57’57’’ – 1984 / 28’44’’