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Perché Antigone e la dichiarazione dei diritti dell'uomo?
Da Campo De' Fiori a Piazza Navona attraverso Piazza della Cancelleria
14 luglio 1989
25romaeuropa.net

Giovanna Marini / Scuola Popolare di Musica di Testaccio

Musica e Libertà


Sulla scia dei maestosi eventi pubblici che proprio con la Rivoluzione Francese conobbero una grande fortuna, Romaeuropa ha proposto uno spettacolo di piazza, una festa popolare per rendere omaggio al 14 luglio, data chiave per questa edizione del festival dedicata al bicentenario della Rivoluzione. Affidato all’estro e alla competenza di Giovanna Marini e alla sua Scuola Popolare di Musica di Testaccio, nonché ad una impressionante quantità di musicisti, attori e tecnici, il percorso dell’esibizione si è mosso da Campo De’ Fiori e si è concluso a Piazza Navona, nutrito di concerti, canti tradizionali, intermezzi teatrali, balli e fuochi d’artificio attraverso cui hanno preso vita gli eventi storici più conosciuti della stagione rivoluzionaria, dalla presa della Bastiglia alla decapitazione del Re.
Lo spettacolo ha avuto il suo momento culminante nell’esecuzione, in prima assoluta, della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, brano per coro e orchestra composto per l’occasione dalla Marini sulle parole della celebre carta rivoluzionaria: la Dichiarazione, intrecciandosi con il canto di due solisti che interpretano il dialogo sulla Legge, svoltosi tra Creonte e Antigone, quando quest’ultima rivendica il diritto di seppellire i propri morti ha lasciato emergere come “quella Legge eterna, divina per Antigone”, secondo le parole di Giovanna Marini, sia “stata finalmente scritta dagli uomini, nei 17 articoli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, ed è oramai divenuta terrena e solo le dittature, i regimi totalitari e chiunque sia avido di potere può infrangere”.
Una nota di colore ha accompagnato e preceduto l’evento a sottolineare come le conquiste di libertà, uguaglianza, e fratellanza – i diritti dell’uomo – non debbano mai essere date per scontate: i monarchici si sono organizzati e tra volantini e manifestazioni e parlottii hanno cercato di sabotare, invano, il 14 luglio del 1989.

PERCHÉ ANTIGONE E LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO?
di Giovanna Marini

Durante un incontro con Monique Veaute, ho accettato di scrivere un’opera per celebrare il 14 luglio 1789.
“Ma su quale testo?” dissi, e Monique Veaute: “Ma la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo!”. Era una buona idea. Poi quando Mario Trevi, caro amico e insigne letterato, mi ha domandato “Perché non confrontare questo testo con le famose parole sulla Legge che Antigone pronuncia al cospetto di Creonte? Dopotutto, la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo non è il primo tentativo per rendere legittimi dei diritti che non erano mai stati messi per iscritto”, ho capito che quella era più che una buona idea. Un’idea così bella che bisognava metterla subito su carta, e scriverla per strumenti, coro e voci liriche.

Ho scelto gli ottoni perché sono pieni di richiami storici, perché predominano nelle fanfare, quelle fanfare nate, nella loro composizione attuale, durante la Rivoluzione.
La struttura che abbiamo scelto per celebrare, in musica, i 17 articoli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, è abbastanza semplice: c’è una ouverture all’italiana, con accenno ai vari temi musicali: quello di Antigone, quello di alcuni dei diritti più belli, quali La liberté, L’égalité, e la loi naît de la volonté générale, e quello delle bellissime parole di Antigone e delle risposte virili di Creonte, percorso da un intenso lirismo.
Ho evitato di usare il ritmo parlato per i diciassette lapidari articoli, perché ne ho fatti troppi, e mi sembra una soluzione troppo semplice. Il risultato è che qualche volta l’articolo è cantato, pieno di melismi, quasi fosse un canto religioso responsariale, e altre volte è intonato su un accordo e si prolunga fino a che le trombe intonano una melodia o piuttosto la cantano al posto delle voci, in una struttura ribaltata che mi sembra molto interessante.
Un violoncello deve sostenere, insieme al coro, i momenti più lirici del pezzo, che spettano al soprano Antigone. Due sassofoni alti hanno un compito da archi: pause di riflessione lirica, agili e leggere. Infine, una percussione che si avvale di grancassa e tamburi ha il compito di ricordarci che si tratta di un inno rivoluzionario con i necessari toni marziali.
Il tutto non deve durare più di trenta minuti.

Alla fine dei trenta minuti il pubblico deve comprendere che quella Legge eterna, divina per Antigone, è stata finalmente scritta dagli uomini, nei 17 articoli della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, ed è oramai divenuta terrena e solo le dittature, i regimi totalitari e chiunque sia avido di potere può infrangere.
Se questa partitura è in grado di suggerire tutto ciò, come di comunicare l’ansia, la speranza e la gioia di quei rivoluzionari convinti di aver raggiunto il loro obbiettivo, allora posso considerarmi soddisfatta.

Rassegna stampa

“Tutto esaurito per la rivoluzione. Centro storico invaso da migliaia di romani (e di turisti) che hanno voluto celebrare il Bicentenario della presa della Bastiglia. Cortei e musiche da Campo De’ Fiori alla Cancelleria, finte sparatorie, proclami e arringhe al popolo, fino alla gran festa finale di piazza Navona, con la “prima” di Tutti nascono liberi e uguali nei diritti, di Giovanna Marini.
Solo i nostalgici del Fert si sono stizziti. Con duecento anni di ritardo i monarchici sono passati al contrattacco. “Marianne” bruciate a Campo De’ Fiori, centro storico tappezzato da manifesti che accusano la rivoluzione, nuove denominazioni per le piazze romane scelte come punti d’incontro per i festeggiamenti di ieri sera: piazza Farnese ribattezzata piazza della Vandea, piazza della Cancelleria è diventata piazza Carlo Luigi, delfino di Francia, e infine, piazza S. Pantaleo, trasformata per poche ore in piazza Luigi XVI e Maria Antonietta.
Ma il blitz dei monarchici nostalgici non ha turbato più di tanto gli organizzatori delle manifestazioni per il Bicentenario della Rivoluzione francese. “Che la festa cominci” era la parola d’ordine e la festa è cominciata puntualissima, alle 19, con tanto di scontri (musicali), cori e balli, che per una sera hanno trasformato il centro storico della capitale in una succursale di Parigi. […] Popolani e nobili, militari e guardie reali, duecento tamburini e scariche di fucili (a salve naturalmente). Una coreografia più realistica era difficile realizzarla. Ma, come nella Rivoluzione francese (quella vera), l’elemento fondamentale per far riuscire bene la “festa” è stata la gente, tanta ed entusiasta”.
(Maurizio Fortuna, “Che la festa cominci…”. Tutto esaurito per la rivoluzione, l’Unità, 15 luglio 1989)

“Gran parte dello sforzo è stato sostenuto dalla Scuola Popolare di Musica del testaccio, travolta però sul piano organizzativo da movimenti di piazza che avrebbero meritato una regia più attenta e sofisticata. Ma per fortuna il clou era qualcosa di più preciso e definito, ovvero l’opera di Giovanna Marini sulla “carta dei diritti dell’uomo” commissionata dall’Accademia di Francia di Villa Medici espressamente per l’occasione. In questo caso il pubblico si è potuto rivolgere ad un palco e godersi lo spettacolo, peraltro impegnativo, forse anche questo in parte indecifrabile se non si aveva un’idea precisa della struttura dell’opera, tanto che sarebbe stato opportuno diffondere tra la folla un libretto con il testo dell’opera.
Il coro, ovviamente, aveva una funzione affermativa, ovvero l’enunciazione cantata dei 14 articoli della “carta”, come rappresentazione della voce popolare. Ma era anche il coro della tragedia classica, grazie all’artificio adottato dalla marini per dare al tema uno sviluppo drammaturgico. Per evitare una esposizione piatta, ovvero un continuo recitativo, è stato infatti introdotto il conflitto attraverso le figure di Antigone e Creonte. L’audace confronto pone la disobbedienza civile di Antigone come prima formulazione dei principi più tardi sviluppati dalla Rivoluzione Francese. Ma soprattutto ha consentito al coro di servire non solo da commento, ma anche da momento liberatorio, risolutivo di quello che all’origine è un conflitto insanabile tra i principi del potere costituito e quelli dell’individuo. La musica, diretta da Massimo Bortoletti, sfruttava l’enorme talento della Marini nell’attingere al mondo classico, con frequenti inquinamenti di stile popolare e incursioni nel mondo bandistico, come quando a coronamento dell’opera, tutto il gruppo, coro, solisti e orchestra, esplode nella Marsigliese, in un tripudio di fuochi d’artificio che nel corso di tutta l’opera, un po’ alla maniera barocca, hanno sottolineato in particolare le affermazioni del coro, rendendo comunque festosa un’opera le cui sottigliezze sonore richiederebbero un ascolto più attento e raccolto”.
(Gino Castaldo, La Bastiglia di Marini, la Repubblica, 16 luglio 1989)

“In Piazza Navona, su un enorme palco che ne fronteggiava un altro all’opposta estremità (dove poi si sarebbe fatto jazz), con alle spalle i palazzi violentemente illuminati di viola e fiotti di zampillanti fuochi artificiali ogni volta che la cantante affermava una conquista della rivoluzione, Giovanna Marini ha fatto conoscere in prima mondiale la sua cantata che ha per argomento la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo” sancita dalla Rivoluzione francese, le cui parole si potevano anche leggere nelle proiezioni cinematografiche sulle facciate dei palazzi circostanti.
E benché si tratti di composizioni di circostanza, con l’impiego come si è detto di mezzi di circostanza come i fuochi artificiali per esprimere la gioia della libertà dopo l’oppressione e, ancora, l’uso di un linguaggio contrapposto circostante (modelli settecenteschi per dipingere il passato, modelli stravinskiani per rappresentare il trionfo della ribellione), la genuinità della Marini, il limpido fervore delle sue convinzioni hanno fatto della cantata una musica viva ed entusiasmante”.
(Ivana Musiani, Cantata per tamburi sanculotti, Paese Sera, 16 luglio 1989)

 

Crediti

Musica Giovanna Marini e Scuola Popolare di Musica di Testaccio
Drammaturgia e testi Francesco Paolo Posa
Regia Massimiliano Troiani
Direzione musicale Massimo Bortoletti
Ensemble Banda e Coro della Scuola Popolare di Musica di Testaccio (Direzione: Silverio Cortesi, Angelo Fusacchia), Compagnia della Scala, Banda Comunale di Monte Porzio Catone (Direzione: Giorgio Guidarelli), Complesso bandistico Augusto Panizza (Direzione: Giuseppe Cimini), Testaccio Jazz Orchestra (Direzione: Danilo Terenzi, Marco Tiso), Banda Reale
Programma Fioriscono idee di rivolta, Alla Bastiglia! Alla Bastiglia!, Tutti nascono liberi ed uguali nei diritti, L’albero della libertà
Coordinamento artistico
Paolo Cintio, Francesco Paolo Posa
Coordinamento musicale Stefano Cardi, Antonella Talamonti
Costumista Giulia Mafai