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Giardino del Museo degli strumenti musicali
dal 19 al 21 Luglio 1994
25romaeuropa.net

Jean-Claude Gallotta

Ulysse


Photo © Piero Tauro
Ulysse

Considerato uno dei più significativi esponenti della nouvelle danse francese, Jean-Claude Gallotta si è imposto all’attenzione di critica e pubblico per il suo stile personale ed irriverente, denso di rimandi alla storia ed alla tecnica del balletto filtrati attraverso la deformante lente dell’ironia e del paradosso. Gallotta ripropone, in questa occasione, la coreografia che lo ha reso celebre, Ulysse. Creato alla Maison de la Culture nel 1981 per il Groupe Emile Dubois, fondato tre anni prima, prende questo titolo solo a qualche giorno dal debutto: Ulisse quindi non ha presieduto alla gestazione dell’opera, non c’è stato alcuno studio sul personaggio sia esso di Omero o di Joyce. Del resto, le coreografie di Gallotta sono fondate sul montaggio di segmenti che possono avere la più varia eziologia – dalla musica, ad un testo, ad un’idea fino al singolo movimento. Non c’è quindi una trama di partenza e l’atmosfera sospesa che aleggia nella coreografia ha consentito a Gallotta di rievocare la vicenda attraverso l’inserzione di una partitura di suoni (i versi di Omero, il rumore del mare, il grugnito dei maiali della maga Circe): Gallotta accosta tale metodologia – montaggio delle sequenze o dei segmenti d’azione – al cinema, per il senso del ritmo necessario alla costruzione.
Rispetto all’edizione del 1981, la coreografia non ha subito modifiche, ad eccezione del maggior numero di interpreti (da 8 sono passati a 12), e della riorchestrazione delle musiche attraverso moderni sintetizzatori.

Coreografia Jean-Claude Gallotta
Musica Henry Torgue, Serge Houppin
Scene Jean – Yves Langlais
Costumi Jean-Yves Langlais
Con la collaborazione di Marion Mercier
Luci Manuel Bernard
Interpreti Mathilde Altaras, Anna Ariatta, Julia Barker, Caroline Boureau, Prisca Harsch, Geneviève Reynaud, Darrel Davis, Massimo Giorgi, Samuel Mathieu, William Patinot, Thierry Verger
Ideazione colonna sonora Jean-Claude Gallotta
Assistente coreografo e ripetitrice Mathilde Altaraz
Realizzazione costumi Marion Mercier, Julie Beca, Francoise Chanas, Anne Jonathan
Trucco Catherine Kuhn
Direzione tecnica Jean-Jacques Renaud
Regia del suono Serge Houppin
Supervisione costumi Julie Beca e Anne Jonathan
Disegno luci Jacques Albert
Direttore della produzione Jocelyne Chevallier
Produzione Groupe Emile Dubois Centre Chorégraphique National de Grenoble Coproduzione Le Cargo (Maison de la Culture de Grenoble Centre Dramatique National des Alpes), Théatre de la Ville – Parigi, TNDI-Chateauvallon

Groupe Emile Dubois
Centro Coreografico Nazionale di Grenoble
Presidente Yves Chalas
Direttore artistico Jean-Claude Gallotta
Direttore generale Jean-Yves Langlais
Amministrazione Dominique De Baecque
Capo Contabile Viviane Pignard
Responsabile comunicazione Christophe Potier
Segretaria-comunicazione Corinne Mongelli
Segretaria contabilità Dolorès Sire
Organizzazione pedagogica Mathilde Altaraz
Insegnanti ospiti Susan Alexander, Ruth Barnes, Louise Burns, Judi Lazaroff, Emmanuelle Lyon, Sara Sughara, Thomas Enckel, Gilles Estran, Pascal Gravat.

 

Rassegna stampa

“Quanto a Ulysse, […] è un balletto che conserva tutto il suo smalto candido, la freschezza dei danzatori […], il moto perpetuo di una danza che ricorda il mare, i corsi e ricorsi, la vocalità angolata dei versi di Omero, gli spigoli inseriti di Joyce e tutto quello che una mente libera può scegliere di immaginare immergendosi nella visione d’insieme. Respirate a fondo e in libertà: Ulysse – Gallotta è tornato a Itaca”.
(Rossella Battisti, Gallotta, un alchimista per sperimentare la danza, l’Unità, 16 luglio 1994)

“C’è un viaggiatore incantato che si muove con gesti sinuosi sulla bianca superficie marina di Ulysse. E ci sono rumori d’acqua a dare concretezza alla ripetitività della colonna sonora, su cui si intrecciano i passi di una decina di danzatori. Ma i riferimenti all’eroe omerico (o al suo discendente dublinese) non vanno al di là di questi vaghissimi accenni, l’astrazione è assoluta nello spettacolo che Jean-Claude Gallotta ha presentato al Romaeuropa Festival”.
(Gianni Manzella, Viaggiatori oltre l’incanto, Il Manifesto 16 luglio 1994)

“Ci troviamo difatti di fronte ad un corpo di ballo rodato, che si muove secondo un’intelligente uso dello spazio e una grande originalità di ideazione coreografica. Una partitura complessa certamente avvincente di per sé, per i suoi meri valori dinamici e cinetici, ma del tutto priva di riferimenti drammaturgici, salvo lo scricchiolare delle funi, lo scrutare l’orizzonte (fin qui poteva però essere anche Colombo!) o il grugnito dei porci di Circe”.
(Lorenzo Tozzi, In viaggio con Gallotta ma Ulisse non lo sa, Il Tempo, 16 luglio 1994)

 

ESISTE UNO STILE GALLOTTA?
di Marinella Guatterini

Ulysse debuttò nel marzo 1981 a Grenoble: fu il primo manifesto della poetica coreografica Jean-Claude Gallottae l’acclamata rivelazione della compagnia fondata con Mathilde Altaraz nel 1979 – il “Groupe Emile Dubois”. I suoi otto interpreti vestiti di bianco, in costumi “destrutturati”, e soprattutto avvolti da un desiderio di incontro con il mito evocato e di fuga dal “qui e ora” che la danza impone, sembravano volteggiare in onore alla modernità perduta eppure ancora presente in veste di palpabile e deflagrata memoria.

Oggi la coreografia ispirata a Joyce (ma vi si legge anche Omero), ricompare quasi intatta: con le nitide linee mutuate dalla “new dance” americana e da Merce Cunningham ma erose, come al debutto, da un incessante brusio gestuale e sonoro. Quando riallestì Ulysse, nel luglio 1993, Gallotta ritenne opportuno celebrare l’inizio della seconda “era” della sua rinnovata compagnia a partire da un cavallo di battaglia storico, non solo per i destini del “Groupe Emile Dubois”, ma anche per quelli, ben più generali, della “nouvelle danse” francese che proprio nell’81 spiccava il volo verso l’affermazione ufficiale. Certo potrà sembrare singolare che un coreografo contemporaneo torni, dopo più di dieci anni, sui suoi stessi passi, mentre lo si immagina proteso nell’ideazione di spettacoli sempre inediti. Ma Gallotta – qui sta la sua diversità – è un coreografo che mostra nella sua pratica artigianale di metteur en danse (e non solo: ha fatto cinema e ora si appresta a irrompere sulla scena dell’opera musicale) un impegno teorico e analitico non irrilevante. Nel suo cammino artistico si intravede una forte progettualità anche se spesso nascosta e addolcita nel gioco surreale e nella serena provocazione con cui ammanta le sue opere e la sua vita.
Già aspirante pittore dalla variegata cultura artistica, filosofica e letteraria, Gallotta, che oggi ha quarantaquattro anni, si accostò alla danza da dilettante. Ballerino improbabile e incerto, catturato dalla sapienza e dalla bellezza del corpo in movimento e ipnotizzato dalle regole tecniche oltre che dall’irruente desiderio di contraddirle, ha saputo creare nel tempo un suo poetico e riconoscibile universo d’autore.

Il suo repertorio è composto di pezzi intimi, fragili, “da camera” (come il memorabile trio Daphnis et Chloé) e anche di pezzi ben più magniloquenti e “sinfonici” (come La Legende de Roméo et Juliette o La Legende de Don Juan), dedicati ai miti del teatro e della letteratura. In entrambi sono i terribili intrecci amorosi e le variegate nuance psicologiche dei rapporti interpersonali a motivare i guizzi sempre ansimanti del movimento.
Ma il coreografo non è mai stato, neppure agli esordi, un semplice talento narrativo. Dotato di uno spiccato estro critico-letterario ha saputo trasformare l’insieme del suo repertorio in una vera e propria “fiction coreografica”. Vi si rincorrono figure retoriche e mitiche, richiami più o meno espliciti alla storia del balletto e alle sue nobili forme compositive (ad esempio il “passo a due”) con musiche forti, dal vivo, parole e azioni. Tutto rivitalizzato grazie alle armi potenti del paradosso e dell’ironia. E non sembri che la dimensione danza – cioè la ricerca linguistica, gestuale e formale nel movimento – sia stata in alcun modo sacrificata alle idee. Proprio la struggente “inabilità” di Gallotta-danzatore, perfettamente sfruttata anche in Ulysse (il coreografo detta fuori scena le nervature sonore della pièce) lo hanno sospinto a creare una danza sfuggente ed instabile come il clima del nostro tempo, ma sempre offerta con professionalità ed estremo rigore.

Infine: esiste uno stile Gallotta? Si osservi la scena del candido Ulysse attraversata da una sfera bianca che trascina con sé un indicibile mistero. Nella pièce rinnovata eppure sempre uguale a se stessa, ove si impegna lo spettatore a misurarsi con il suo stesso tempo storico e percettivo, si noterà un equilibrio precario. Questo è lo stile Gallotta: danza e coreografia tentano continuamente di smantellare le loro, ovvero le nostre, certezze.

(in Catalogo Romaeuropa Festival 1994)