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Balletto per sei danzatori liberamente ispirato all'opera di Aldo Busi
Giardino del Museo degli Strumenti Musicali
17 Luglio 1995
25romaeuropa.net

Enzo Cosimi

La stanza di Aldo


Photo © Piero Tauro
La stanza di Aldo

Dopo aver indagato attraverso le creazioni precedenti il rapporto fra mito, narrazione e danza, ponendo al centro delle sue coreografie la figura dell’eroe, Enzo Cosimi torna al Romaeuropa Festival con La stanza di Aldo, un lavoro immerso negli elementi “bassi” e nutrito dell’immaginario dello scrittore Aldo Busi – già incontrato nel precedente Seminario sulla gioventù.
Cosimi affonda la propria verve creativa nell’opera dello scrittore per ricostruire atmosfere molteplici dal genere fortemente caratterizzato: la fantascienza, l’orrore, l’assurdo vengono così rievocati attraverso il linguaggio della danza che crea una incredibile convivenza fra elementi di comicità e contesto pienamente astratto. Lontano dalle grandi impalcature intellettuali e dal vitalismo che hanno segnato le sue coreorgafie per un decennio, Cosimi muovendosi dall’orizzonte emotivo, irrazionale, di riflessione intellettuale, approda ad un universo oggettivo che incorpora, in un formalismo astratto, elementi grotteschi e di comicità. Una sorta di “eccesso intelletuale”, ammantato di ironia e humor nero, accompagnato da sonorità fatte di “eccessi nervosi” di John Zorn alternati agli “eccessi di delicatezza” di Erik Satie.

Regia e coreografia Enzo Cosimi
Danzatori Corinna Anastasio, Rachele Caputo, Enzo Cosimi, Luigi Doddo, Valentina Marini, Michele Simonetti
Scene e costumi Daniela Dal Ciri
Colonna sonora a cura di Enzo Cosimi
Musica John Zorn, Erik Satie, Luca Spagnoletti, Thu 20
Disegno luci Luca Storari

Amministrazione Gerarda Ventura
Promozione e organizzazione Francesco Cantalupo
Produzione Compagnia di Danza Enzo Cosimi, Romaeuropa Festival ’95
In collaborazione con Teatro Mancinelli di Orvieto
Durata 60 minuti

 

LA STANZA DI ALDO
di Enzo Cosimi

Dopo l’esperienza di Seminario sulla gioventù, dall’omonimo romanzo di Aldo Busi, balletto commissionato dal Teatro Alla Scala per il suo Corpo di Ballo, con La stanza di Aldo riaffronto trasversalmente, questa volta con la mia compagnia, un universo affine per alcune caratteristiche a quello di Busi. La coreografia scrive umori, tensioni, colori che andranno a creare uno spettacolo d’anticipazione, di fantascienza, un rito dell’assurdo, dell’orrore. Utilizzo elementi di comicità e di grotesque all’interno di una partitura coreografica drammatico-astratta, insieme ad un’allucinata e visionaria capacità di manovrare l’irrazionale. Ho approfondito il passaggio da una ritualità mitologica (legata alle mie precedenti ricerche spettacolari) ad una ritualità senza mito, artificiale, sospesa in una eccitazione astratta.
Il risultato, realizzato con la complicità intima della scrittura di Busi, offre un nuovo soggetto caratterizzato dall’assenza sia del vitalismo orgiastico (l’esuberanza animale), che dalla sovraelevazione spiritualistica (elevazione dell’anima). Arriva invece ad un orizzonte oggettivo – intellettuale, emozionale e sensitivo – attraverso una febbre di erranza e di eccesso.

 

LA STANZA DEI BAMBINI KILLER
di Maria Nadotti

Una delle caratteristiche della scrittura coreografica di Enzo Cosimi è, da sempre, l’assoluta aderenza agli umori profondi e ai linguaggi della contemporaneità. Un’aderenza, mai meccanica o strumentale, che diventa spesso capacità di anticipazione, visionaria violazione di codici e strutture narrative dati, esplorazione spericolata verso l’alto e il basso, l’esterno e l’interno, in/disciplinato gioco trasversale lungo il confine che demarca il territorio della danza.
Oggi, con La stanza di Aldo, prosecuzione ideale di Seminario sulla gioventù (dal romanzo omonimo di Aldo Busi) del 1994, tale aderenza si manifesta paradossalmente in una sorta di salto all’indietro, in una ricaduta nei parossismi anarco-surrealisti di alcuni lavori del passato, da Calore a Stato di grazia. “Sentivo la necessità – queste le sue parole – di scrollarmi di dosso la partitura fitta di lavori come Vittoria sul sole, di rompere ogni sia pur drammatica astrattezza neoformalistica”. Il risultato è un’opera totalmente spiazzante e allo stesso tempo di un formalismo estremo. Frantumata ogni griglia, Cosimi approda alla “complessità della semplicità”, ad un'”architettura coreografica che va contro l’impalcatura del bello e del costruito”, negando se stessa e ammettendo all’artista e ai suoi danzatori la maturità fisica e mentale dell’impulso irrazionale, della voglia di libertà e trasgressione. “Mi ero mausoleizzato, imbalsamato di cultura alta – dice Cosimi, riferendosi alla decennale e ormai conclusa ricerca sull’eroe – oggi voglio riappropriarmi del basso”.

Ed ecco La stanza di Aldo, laboratorio di patologie e dissacrazioni, locus del comico, del grottesco e del leggero. Abitata dai gesti malati e allo stesso tempo infantili di Fratelli (film di Loredana Dordi interpretato da Enzo nel 1985), da quel linguaggio criptico e insieme misteriosamente trasparente che è del corpo anemico, essa sembra costruita a partire dal linguaggio in codice di una “sala dei giochi di bambini Down”. Universo separato e autoregolato che fa perno sul corpo e sui suoi riti prima che su qualsiasi elemento coreografico o drammaturgico, producendo una sorta di esplosione o di incoscienza della fisicità. “Devi pensare a come ucciderebbe un bambino”, mi dice Enzo per aiutarmi ad entrare nella sua stanza e a liberarmi da ogni aspettativa psicologistica. “La variabile soggettiva è inesistente. Siamo in un mondo “oggettivo”, umano e insieme fantascientifico, assurdo e leggero a un tempo”. In questa “stanza di bambini killer”, imbevuta di dolore e di morte, delle troppe morti recenti e dell’orrenda oggettività della malattia, si piange a occhi asciutti, ridendo.
In Stanza Cosimi ha lavorato sui nervi, non sui muscoli, costringendo i suoi danzatori e se stesso a muoversi con la corrente elettrica addosso. Tesi, allertati, atterriti e spavaldi.

 

DELIRI ESTETICI PER UN CORPO GROTTESCO
di Francesca Pedroni

Forse come non mai, oggi, in rapporto alle nuove tecnologie, si può percepire il corpo come uno straordinario luogo di passaggio, dove, a velocità vertiginosa, si intersecano flussi di informazione con cui si può scegliere di entrare in connessione. In questa immagine si assapora l’idea di un corpo sovreccitato, volontariamente duttile alla mutazione, intimamente ‘tecnologico’: pronto insomma ad accettare gli elettrizzanti cambiamenti che la rivoluzione odierna comporta, per affermare poi l’importanza del proprio ruolo nel rapporto con essa. Una visione, questa, che non sentiamo dissonante con il più recente pensiero di Enzo Cosimi sul corpo del danzatore, un corpo segnicamente messo in moto, più che dai muscoli, da un sistema nervoso iperstimolato a spingere le capacità percettive a cambiamenti di ritmo velocissimi che puntano a dare al movimento un accento “robotico”. E dicendo ciò non intendiamo sottolineare una fredda meccanicità (assente dal coreografare caldo di Cosimi), quanto far notare come il segno dell’artista romano tenda ad acquisire una dimensione elettrica, di carica e scarica, in sintonia con le ricerche filosofiche attuali sulla sensologia e sulla percezione.

Tensione già in luce nel Prologo delle tre femmine – tappa conclusiva della ricerca decennale condotta da Cosimi sull’eroe e sulla ritualità mitologica – estremizzata con diversi accenti estetici ne La stanza di Aldo: creazione che segna un punto di svolta nella poetica del coreografo romano. Finiti i tempi del superomismo, del vitalismo orgiastico, del monumentalismo, delle grandi impalcature architettoniche create ad ingabbiare in coreografie formalmente lavoratissime il furore dell’urgenza emotiva. Cosimi, dopo dieci anni di cultura “alta”, si riaggancia al proprio passato, recuperando quell’immersione nella cultura “bassa” che apparteneva ad alcuni dei suoi primi lavori, come Calore e Stato di grazia. Recupero a cui Cosimi già accennò la primavera scorsa quando creò per il gruppo contemporaneo del Teatro alla Scala Seminario sulla gioventù. Il pezzo segnava rincontro con l’universo di Aldo Busi, racchiuso – come puntualizzò allora il coreografo – in una scrittura astratta, che parte da una traccia per poi vagare nei suoi deliri e che può spaziare da un flusso di tipo joyciano al fumetto in una contaminazione tra cultura alta e bassa. Una scrittura a cui Cosimi si sente affine perché procede per “grumi drammaturgici”, per “stati mentali”, similmente ai racconti astratti di Godard o del primo David Lynch.

Tornare alla cultura “bassa”, perché no, anche “trash”, dopo anni di “alto” e attraverso il contatto con la scrittura di Busi, significa recuperare una leggerezza, espressa da un corpo grottesco, espressionista, delirante, i cui riferimenti spaziano dalla romanità di un Petrolini alla pop art di un Andy Warhol. Riallacciandosi a spettacoli come Calore, Cosimi non torna certo a creare una “danza” per “non danzatori”. Punta piuttosto al recupero dell’impulso anarchico di allora attraverso l’affermazione di un ordine estremo, quanto nascosto, che si risolve in una sorta di “non danza” per “danzatori” dove i dieci anni di cultura “alta” e di grande lavoro sui codici di movimento sono sostrato imprescindibile per giungere ad una leggerezza “elettrica”, apparentemente semplice. I nervi, quindi, danzano questa nuova solarità: negli intenti, tutt’altro che facile. È piuttosto una solarità inquietata da un humour nero in cui ribolle, sottotraccia, la complessità di una scrittura che dà all’esposizione del corpo l’intero senso drammaturgico dello spettacolo. Ed è un corpo eccessivo nella sua leggerezza.