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Teatro Olimpico
dal 2 al 3 novembre 2000
25romaeuropa.net

PAUL TAYLOR DANCE COMPANY

Arabesque; Syzygy; Esplanade


Photo © Piero Tauro
Arabesque; Syzygy; Esplanade

Assoluto maestro del modernismo statunitense, Paul Taylor ha creato un ponte tra la danza classica e la contemporanea, definendo in cinquanta anni di attività uno stile personale versatile e sempre in evoluzione. Nutriti da una immaginazione percorsa di humour e di una vera e propria gioia di vivere, i suoi spettacoli nascano da una libertà creativa che li rende riccamente diversi gli uni dagli altri, mentre il rigore di una disciplina fisica e la perfetta padronanza del movimento creano una plastica dinamica e sensuale, dalla pronunciata libertà costruttiva. Insieme alla sua compagnia, Taylor presenta al Romaeuropa Festival tre lavori esemplari degli ultimi venti anni di attvità: apre il programma, Arabesque, giocato sulle pose delle pitture tombali egiziane e sull’evocazione dei miti del mondo classico, mentre Syzygy (termine meteorologico che indica il perfetto allineamento tra Sole, Terra e Luna) riprende l’idea del movimento dei corpi celesti per creare sul palcoscenico un’armonica rotazione fisica, animata dalle sonorità elettroniche di Donald York. A chiudere la breve rassegna, coronamento di un viaggio attraverso storie e personaggi mai astratti e sempre profondamente carnali, la storica Esplanade, omaggio alla forza ritmica delle composizioni di Bach la cui leggerezza prende forma nella limpida gestualità dei danzatori, che si prodigano in semplici camminate e salti in crescendo: una musica tutta da guardare.

ARABESQUE (1999)
Musica Claude Debussy
Costumi Santo Loquasto
Luci Jennifer Tipton
Produzione Università dell’Iowa, Paul Taylor New Works Fund
Prima europea

SYZYGY (1987)
Musica originale Donald York
Costumi Santo Loquasto
Luci Jennifer Tipton
Produzione in collaborazione con Eleonor Naylor Dana Charitable Trust e National Endowment for the Arts

ESPLANADE (1975)
Musica Johann Sebastian Bach
Costumi John Rawlings
Luci Jennifer Tipton
Produzione in collaborazione con il National Endowment for the Arts

PAUL TAYLOR
di René Sirvin

“In principio c’era Martha Graham che ha cambiato il volto della danza e ha scoperto un nuovo mondo. Dopo c’è stato Merce Cunningham, che ha spogliato le forme esteriori per penetrare nel cuore del movimento. Ed infine c’è Paul Taylor , che fa penetrare il sole all’interno della danza”. Laura Shapiro (“Newsweek”).

L’estrema popolarità di Paul Tylor negli Stati Uniti deriva dalla sua abilità nell’offrire, nell’ambito di uno stesso programma, delle pièce di una grande diversità: danze puramente musicali (Aris, Arden Court, Brandenburgs, Cascade), sketches satirici (Cloven Kingdom), di una fantasia delirante (Scudorama, Minikin Fair, Oh, You Kid!) o leggere (Party Mix), opere dall’universo inquietante (Big Bertha, Speaking in Tongues), coreografie sentimentali (Sunset), dinamiche e muscolose (Esplanade, Company B.), creazioni d’una semplicità sconcertante (Arabesque – uno dei suoi recenti balletti) o disinvolte (Lost, Found and Lost). Paul Taylor adora anche immaginare cupe storie inverosimili o misteriose (Last Look, Danbury Mix, Private Domain) che ogni spettatore può interpretare a suo modo. Ambiguità che divertono il coreografo e assicurano al pubblico delle serate piene di sorpresa e di felicità: perché i programmi della Paul Taylor Dance Company si distinguono per una gioia di vivere, una invenzione coreografica originale, ed una interpretazione virtuosa. Ha uno stile, una tecnica Taylor, ereditati dai suoi maestri Graham, Humphrey, Limón e Tudor.

La sua danza, a piedi nudi, è agile, saltellante, musicale, composta di entrate e uscite imprevedibili, “glissade” sportive, rotolamenti al suolo, rincorse su un piede e leggeri salti in senso inverso, ondulazioni di tutto il corpo, e una totale libertà di costruzione. Trent’anni prima di William Forsythe, Paul Taylor ha gettato un ponte importante tra la danza classica e la danza contemporanea, riconciliando la critica e raggiungendo tutto il pubblico. I successi riportati in Europa hanno consacrato la sua reputazione negli Stati Uniti e hanno segnato una tappa importante nella sua carriera. La Paul Taylor Dance Company – creata nel 1962 – comprende attualmente sedici danzatori. Ha dato vita, nel 1993, ad un secondo gruppo di sei giovani artisti. Le due compagnie hanno moltiplicato negli anni le loro attività negli USA e all’estero, totalizzando più di trecento rappresentazioni in una quarantina di settimane, e senza la minima sovvenzione ufficiale, ma sostenuti solamente da fondazioni e donazioni private.

Merce Cunningham (80 anni) e Paul Taylor (70 anni il 29 luglio 2000) rappresentano oggi le due figure dominanti della danza moderna americana, e i capofila delle correnti più estreme. Cunningham spoglia la danza di tutto l’affetto e tutta l’espressività per non conservarne altro che l’astrazione e l’essenziale. Taylor suggerisce sempre rapporti furtivi o segreti, ma sensibili, tra i personaggi, anche nelle sue opere non narrative.
“I miei balletti non possono mai essere astratti”, dice Taylor, “perché sono interpretati da persone in carne e ossa!”. Mentre la danza cerebrale di Merce Cunningham si indirizza all’intelligenza, quella – tutta lirica – di Taylor parla ai cuore. Essa è gioia, giovinezza e libertà, una ventata d’aria fresca e un raggio di sole.
Se Aureole è diventata l’opera emblematica di Paul Taylor, e il punto di partenza del suo successo mondiale – 62 compagnie dei cinque continenti hanno oggi nel loro repertorio numerosi suoi balletti – non dimentichiamoci che Paul Tayior è l’autore di più di 70 opere, di una incredibile diversità di ispirazione e di carattere.

Rassegna stampa

“La scena che si presenta ai nostri occhi, per le pose e la foggia e i costumi dei protagonisti – è di quelle che inducono subito al sorriso. E con quel sorriso, che ci distende il volto e ci increspa le labbra, ci ritroviamo a trascorrere, in compagnia dei suoi ottimi ballerini, un’intera serata lieta e ristoratrice. Ciò non significa che le tre coreografie in programma […] siano una sorta di raffinato e sereno intrattenimento per anime belle. Al contrario: le sue opere brillano per geniale semplicità ma contengono molte dimensioni del sentimento umano e tutta intera l’aspirazione dei primi protagonisti del modernismo di restituire la danza alla propria vocazione di seria arte del movimento. Solo che Taylor ha il talento per farlo mescolando insieme poesia e ironia, forza e potenza dinamica, pensiero e allegria”.
(D. Ber., Paul Taylor all’Olimpico, poesia e ironia in movimento, Il Messaggero, 3 novembre 2000)

“… in Arabesque su musiche di Debussy, […]: la danza è volutamente svenevole e kitsch, un po’ dannunziana, di straordinaria leggerezza, i costumi svolazzanti. […] Molto ironico Syzygy su musica di Donald York, è all’inizio duro in modo quasi grottesco, poi sempre più torturato, ripetitivo, ossessionante ma anche molto astratto, senza un messaggio che non sia l’agitazione interiore e l’eccessiva velocità del mondo in cui viviamo. […] Esplanade è la più bella e fedele interpretazione dello spirito bachiano, un’immagine estremamente ingenua della gioia alternata al dolore, la gioia dell’amitié amoureuse, un’esplosione di autentica grazia. […] A tratti Taylor si esprime per flash back, memorie, un attimo si pensa a Nijinskij, ma non più di tanto, e poi tutto scompare nella magia del movimento, sempre fluttuante, acquatico”.
(Mya Tannenbaum, Gioia e dolore nel magico contrappunto di Paul Taylor, Corriere della Sera, 3 novembre 2000)

“Ed a stupire è non solo il rigore della sua poetica, bensì anche la coerenza dello sviluppo del suo stile nel tempo, visto che i tre balletti della serata pur datando ad epoche diverse (lungo circa l’arco di un quarto di secolo) denunciano singolari affinità. […] Arabesque […] in cui lo splendido ensemble sembrava dar vita, attraverso una non comune nitidezza del movimento, ad antichi bassorilievi di ninfe e satiri all’insegna di una luminosa gioia di vivere. Vi si intrecciano lieti girotondi e giovanili giochi all’aperto conducendo ad una performance che è al contempo neotribale e raffinata. Alla roteazione armoniosa degli astri si richiamava invece Syzygy del 1987 […] con una cometa a far da sfondo al movimento incessante dei corpi danzanti chiamati a riempire magnificamente lo spazio con effetto ipnotico. […] Esplanade su due magnifici concerti bachiani per violino, una coreografia solare anche nei colori caldi dei costumi, aerea, musica da guardare che esalta gli interpreti sempre stimolati a dare il massimo sul palcoscenico. Felici soltanto di essere loro come noi. Chi vuol essere lieto sia…”.
(Lorenzo Tozzi, Paul Taylor, la danza esplode di vitalità, Il Tempo, 5 novembre 2000)

“[…] Anche qui [Esplanade, ndr], all’impetuoso flusso di suoni dell’Allegro iniziale risponde la dinamica dei corpi in perenne movimento su un modulo apparentemente semplice, la promenade: i danzatori sorridenti camminano, saltellano, descrivono angoli improvvisi fino a farci sentire le geometrie bachiane attraverso i loro giochi leggeri, o a immergerci nel lirismo crepuscolare dell’Adagio. […] Lo schema libero di questa coreografia fa pensare a certe acrobazie pittoriche dada, anche se Taylor stesso respinge catalogazioni o parentele. Effettivamente gli altri due balletti […] ci conducono in climi e direzioni diversi, sempre stimolanti. Arabesque ha appena un anno di vita e per converso si rifà nel linguaggio, con la musica di Debussy, a figurazioni antichissime, vagamente egiziane, suscitando atmosfere idilliache increspate di ironia; Syzygy (1987) è la strana e affascinate traduzione corporea di una figura astronomica, l’allineamento tra sole e pianeti nell’eclissi, che diventa un movimento perpetuo di rotazione fisica, muscolare e collettiva animata dai ritmi elettronici di Donald York”.
(Toni Collotta, A passi leggeri tra le geometrie di Bach, Avvenire, 5 novembre 2000)

“Un balletto [Arabesque, ndr] di compiuta bellezza, classicheggiante, che esprime lo spirito mediterraneo, con il gruppo in pose dai riferimenti orientali, greci o egizi, che iniziano come una danza rituale, geometrici e perfetti, come antichi affreschi. La danza diventa corale, velocissima, in essa figurazioni si costruiscono e si modificano senza sosta, provocano incantamenti. […] Le luci curate da Jennifer Tipton, in questa come nelle altre coreografie, hanno un ruolo fondamentale, specie nel secondo balletto in programma Syzygy […]. In linea con l’atmosfera cosmica diventano blu, o giallo vivo pre-umano. […]. Una eclissi dunque. Paul Taylor costruisce sulla suggestione cosmica che ne deriva, un balletto di forza e agilità, in cui il corpo si muove con lunghe sequenze rotatorie, ondulatorie, sussultorie, con salti, scosse, tremiti, giravolte attorno a un invisibile punto fisso. […] (Esplanade) Le ballerine vestite di tinte aranciate hanno un sorriso primaverile stampato sugli occhi e un sogno da esprimere in danze gioiose con velocissimi dinamismi, sono ninfe che evocano boschi dai colori teneri, ovvero fate di luce che volano in aria come farfalle per essere raccolte in un tripudio di ottimismo e gaiezza da fauni trionfanti”.
(Franzina Ancona, L’immaginazione danza all’Olimpico, Rinascita, 7 novembre 2000)