Nella seconda parte di Extravadance, dopo l’esibizione di Myriam Gourfink, le atmosfere del balletto romantico fanno capolino attraverso i temi del Il lago dei cigni, che aprono Pour tout l’or du monde, un solo creato e interpretato da Olivier Dubois, sicuramente uno dei personaggi più singolari, estrosi e divertenti della pur variegata scena della danza francese.
Danzatore tardivo -ha iniziato a studiare seriamente all’età di 23 anni -, fisico atipico rispetto agli standard coreutici, Dubois ha un corpo massiccio, carismatico e di suo assoluto dominio: se l’ironia è una delle più acuminate frecce al suo arco e lo posizionerebbe in quell’ambito della cosiddetta “danza concettuale”, invece il suo lavoro possiede una fisicità esuberante quanto atipica. Perciò non sorprende abbia affascinato coreografi come Karine Saporta, Angelin Preljocaj, Jan Fabre, Nasser Martin-Gousset, nomi che stanno segnando lo sviluppo della danza contemporanea e che nei loro lavori hanno creato delle parti appositamente per lui. A proposito del suo fisico piccolo e squadrato è stato Preljocaj a profetizzargli: “Il giorno che il tuo corpo sarà per te un problema, allora sarà la tua danza a essere un problema”: infatti è raro trovare un danzatore come Dubois che si diverta e diverta il suo pubblico anche provocandolo.
Sorprende ancora meno allora che Dubois abbia preso parte anche a una creazione del Cirque du Soleil e a uno spettacolo smaccatamente commerciale di Celine Dion a Las Vegas. Artista dunque estroso negli interessi e dall’attivismo bulimico, come coreografo è propenso a rivolgersi alla storia della danza come con Faune(s), lavoro a lui ispirato alla figura del danzatore e coreografo Vaslav Nijinskij pietra angolare dei Ballets Russes di Sergej Djagilev. Ma l’interesse per il passato, affettuoso e mai didascalico, è per Dubois piuttosto la scintilla per percorsi immaginifici del tutto personali, funzionali a sancire in certo senso anche la distanza dalla tradizione. In Pour tout l’or du monde, che lo ha imposto all’attenzione internazionale, il suo solo inizia nel costume nero di un flessuoso principe charmant aggirandosi in prossimità della musica di Cajkovskij, per finire… Ma sì, in mutande. Uno strip naturalmente senza complessi, dall’ironico sapore kitsch e di piglio esilarante, per togliere il velo anche alla sensualità della danza, fino a scoprirne con grazia, ilarità e innato gusto della provocazione il côté di feticcio. Irrefrenabile nelle sue esibizioni, da vero animale da palcoscenico Dubois sembra perfidamente suggerire che in fondo tutti vorrebbero trasformarsi in un cigno, bianco o nero che sia.