
Attrazione fatale? Artista incendiario quant’altri mai, Jan Fabre incontra colui che ha rubato il fuoco agli dei per donarlo agli umani: “Prometheus Landscape II”, la sua nuova produzione in prima italiana, promette di tuffare lo spettatore nell’oceano del mito, reso tempestoso da una visione contemporanea, aggressiva e poetica.
Artista visivo, regista, coreografo, scrittore e scenografo, a partire dagli anni ’80 Fabre si è imposto come una figura di punta della scena internazionale grazie a una ricerca teatrale complessa, multidisciplinare e soprattutto per l’energia con cui è riuscito a fondere diverse discipline –danza, drammaturgia, installazione, teatro musicale–, raggiungendo un impatto potente, talvolta definito «crudele». Ma al centro del suo lavoro ci sono sempre l’essere umano e le sue eterne domande, articolate con un deciso tratto surreale, dove estetica ed etica si toccano: gli aspetti sociali, antropologici e politici diventano materia per quelli che lui definisce i «guerrieri della bellezza», vale a dire il suo gruppo di lavoro.
In Prometeo trova una figura cardine della cultura occidentale: il titano che dopo aver aiutato Zeus a battere gli altri titani, si ribella al padre degli dei e si schiera dalla parte degli esseri umani, regalando loro il segreto del fuoco e quindi del potere sulla materia.
Per questo lavoro Fabre ha però usato due testi, uno suo e l’altro di Jeroen Olyslaegers ispirato alla tragedia di Eschilo “Prometeo incatenato”: sul Caucaso, imprigionato da Zeus per la sua ribellione, Prometeo è in una dimensione senza storia e senza tempo, soggetto alle offese delle intemperie, mentre i rapaci di giorno gli mangiano il fegato che gli ricresce durante la notte. E qui che con il disprezzo della morte e della sofferenza, mostra la consapevolezza della sua ribellione, atto fondativo della civiltà: e sempre qui Fabre trova le domande incandescenti per il suo nuovo lavoro. Quali sono gli eroi del nostro tempo? Quel fuoco regalato agli uomini per costruire la civiltà è al tempo stesso il mezzo con cui hanno inventato le guerre? E il disprezzo della morte e della sofferenza ha creato gli infiniti Caucaso che punteggiano la storia?