Ex pilastri del black metal contemporaneo, i norvegesi Ulver iniziano la loro carriera nell’ormai lontano 1993. Una carriera che si può riassumere in 2 parole: caos e follia. In senso creativo, si intende. Negli anni 90 producono una serie di concept album che ruotano attorno a vicende di ragazze sperdute fra i boschi dei troll, licantropi sanguinari e altri opoi ben noti agli amanti del metal nordeuropeo, con un tessuto sonoro composta da sfuriate black, batterie tiratissime e grandi prove di screaming. Già alla fine di quel decennio, al fianco dell’onnipresente retrogusto folk tradizionale norvegese, inizia la metamorfosi. Compaiono i campionatori e le sperimentazioni d’avanguardia, in un processo di continua metamorfosi che si dirige a volte verso il drum’n’bass e il trip-hop stile Tricky, Massive Attack e Portishead; altre verso un’elettronica oscura dalle forti atmosfere ambient e con raffinati accenti jazz che ricordano i Future Sound of London. Convinti che “la musica del futuro è il silenzio”, nei lavori successivi gli Ulver mettono da parte la voce e si abbandonano a lunghe composizioni ipnotiche, fino ad arrivare all’ultimo album, Wars of the Roses, pubblicato nel 2011. Ultima tappa di un viaggio il cui approdo è impossibile da immaginare.