Il desiderio di essere madre e il suo contrario, la capacità di prendersi cura sono il cuore del lavoro. In scena, una donna con una pancia enorme si muove nel suo spazio fatto di pochi oggetti tra i quali riesce ancora a essere se stessa: un frigorifero, una macchina del gas, una poltrona, una pianta morta. La donna è in costante e paranoico ascolto di una minaccia che incombe dall’alto.
È incinta da un tempo indefinito e da un tempo infinito cerca di tenere dentro di sé il proprio pargolo, di impedirgli di venire al mondo.
Che peso ha nelle viscere di una donna l’essere e il non essere madre? Che forma o che resistenza accanita assumiamo nel riconoscerci, nel ritrovarci a doverci prendere cura? Che peso ha un/a figlia/o, una madre, un padre?
In una lentezza serrata, senza scampo, Una cosa enorme parte dal confronto aperto con l’essere generativ_ e lo declina con l’essere generat_. Fabiana Iacozzilli declina le interviste audio e le parole di Orna Donath e di Sheila Heti sull’essere madri, nel silenzio, fino a dissolvere la scena in una dimensione installativa. L’ordine naturale si mescola, lentamente si svuotano i simboli e la realtà aderisce a se stessa mentre i performer continuano a cercare sui propri corpi, un centimetro alla volta, un’appartenenza che continua a trasformarsi.
Racconta Fabiana Iacozzilli: «Nel corso del processo artistico che mi ha portato a “Una cosa enorme” – come già avvenuto nel mio precedente lavoro “La Classe” – ho intervistato donne e uomini, conosciuto le loro storie e i loro dubbi, mi sono nutrita della ricerca condotta dalla sociologa Orna Donath e delle parole di Sheila Heti che nel suo diario intimo Maternità si pone la domanda “dovrei fare un_ figli_?” e, in un gioco feroce di autoanalisi e messa in discussione di sé, cerca di ponderare la scelta fino ad arrivare a una frase che ha illuminato anche la mia ricerca artistica “se voglio figli o meno è un segreto che nascondo a me stessa: è il più grande segreto che nascondo a me stessa”.
È stato a quel punto che ho pensato che la donna del mio lavoro – che poi è ovvio che sono io – forse si stava interrogando sulla sua capacità di riuscire a prendersi cura.
Credo che alla fine questo lavoro sia diventato un oggetto emotivo, un oggetto in bilico tra la forma spettacolare la performance e a tratti la dimensione installativa, che s’interroga sulla paura e sul desiderio dell’abbandonare se stessi alla cura di un altro essere umano che sia un padre o un_ figli_ non importa, che s’interroga su una questione che appartiene a ogni donna, alla sua condizione esistenziale e che ha a che fare con una domanda semplice ma per niente consolatoria: “forse, alla fine, si è madri comunque?”».
Fabiana Iacozzilli
Bio
Fabiana Iacozzilli, regista-drammaturga che porta avanti un lavoro di ricerca improntato sulla drammaturgia scenica e sulle potenzialità espressive della figura del performer collabora dal 2013 con il Teatro Vascello di Roma e dal 2017 con Cranpi e Carrozzerie | n.o.t. Nel 2002 si diploma come regista presso l’Accademia “Centro internazionale La Cometa” dove studia tra gli altri con N. Karpov, N. Zsvereva, A. Woodhouse. Dal 2003 al 2008 è regista assistente di P. Sepe e Luca Ronconi, nel 2008 fonda Lafabbrica, compagnia della quale è direttrice artistica dal 2008 al 2018. Nel 2011 viene selezionata per partecipare al DIRECTOR LAB, progetto internazionale organizzato dal LINCOLN CENTER (Metropolitan di New York). Dallo stesso anno diventa membro del LINCOLN CENTER DIRECTORS LAB. Tra i suoi spettacoli: Aspettando Nil con il quale vince l’Undergroundzero Festival di New York; La trilogia dell’attesa, vincitrice del Play Festival (Atir e Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa); Quando saremo grandi!, finalista Premio Scenario 2009; Da soli non si è cattivi. Tre atti unici dai racconti di Tiziana Tomasulo; La classe; Una cosa enorme. Nel 2021 è stata una dei tre registi coinvolti nel progetto Incroci, nato dal dialogo tra tre realtà nazionali che coinvolgono migranti: Teatro Magro-Mantova, Asinitas-Roma e Babel Crew/Progetto Amunì-Palermo.
Crediti
uno spettacolo di Fabiana Iacozzilli
con Marta Meneghetti, Roberto Montosi
scene Fiammetta Mandich
luci Luigi Biondi, Francesca Zerilli
suono Hubert Westkemper
realizzazione body suit Makinarium (special – visual – effects)
collaborazione ai costumi Davide Zanotti, Anna Coluccia
aiuto regia Francesco Meloni
assistente alla regia Cesare Santiago Del Beato
assistente alla drammaturgia Carola Fasana
fonico Jacopo Ruben Dell’Abate
foto di scena Manuela Giusto
foto locandina Paolo Cenciarelli
collaborazione artistica Lorenzo Letizia, Luca Lotano, Ramona Nardò
un ringraziamento a Giorgio Testa
un ringraziamento speciale a Beatrice Fedi, Olga Galieri, Paola Sambo, Luana Provenziani, Gaia Clotilde Chernetich, Gianmarco Vettori, le donne del progetto Dentro la visione, gli artisti che hanno partecipato al laboratorio Labirion, le donne e gli uomini che abbiamo intervistato.
foto: Paolo Cenciarelli
Crediti di Produzione
produzione Cranpi, La Fabbrica dell’Attore-Teatro Vascello Centro di Produzione Teatrale, Fondazione Sipario Toscana-Centro di Produzione teatrale, Carrozzerie | n.o.t
con il contributo di MiC – Ministero della Cultura, Regione Lazio – Direzione Regionale Cultura e Politiche Giovanili – Area Spettacolo dal Vivo
con il sostegno di Teatro Biblioteca Quarticciolo, Periferie Artistiche Centro di Residenza Multidisciplinare della Regione Lazio, ATCL Circuito multidisciplinare della Regione Lazio per Spazio Rossellini
con il supporto di Nuovo Cinema Palazzo, Labirion Officine Trasversali
In corealizzazione con
La Fabbrica dell’Attore / Teatro Vascello