Lo Spazio dell’Arte tra Passato e Futuro è il convegno dal progetto scientifico di Raffaella Frascarelli a cura di Nomas Foundation in collaborazione con Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’area archeologica centrale di Roma, il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, il Maxxi – Museo nazionale delle arti del XXI secolo e Romaeuropa Festival che si terrà nella Sala Graziella Lonardi Buontempo del Maxxi il 18 novembre alle ore 9.30. Il convegno tenterà di suggerire alcune riflessioni sulle potenzialità del patrimonio archeologico nazionale, sia in relazione a una fruizione culturale più tradizionale che rispetto agli orientamenti e alle prospettive scelte dal turismo consapevole, critico e sensibile ai propri consumi culturali.
Programma completo dell’incontro:
Introduzione
HOU HANRU, Direttore artistico MAXXI
FRANCESCO PROSPERETTI, Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica di Roma
10.30 RAFFAELLA FRASCARELLI, Nomas Foundation
Lo stato dell’arte tra passato e futuro
Può la sinergia tra antico e contemporaneo rigenerare la produzione culturale anche attraverso modelli innovativi? Le recenti pratiche sostenute dal MIBACT e dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica di Roma dischiudono una nuova prospettiva per riscrivere la storia antica. E’ altresì innegabile che la sintesi delle regole di metodo proprie dell’archeologia e degli studi di antichistica non corrisponde a quella in uso nel mondo dell’arte contemporanea. E’ necessario pertanto un confronto aperto e critico per formulare un percorso condiviso, mantenendo intatto lo straordinario lavoro svolto dagli archeologi e sperimentando strategie che possano massimizzare l’interazione tra risorse economiche e politiche culturali.
11.30 CLEMENTINA PANELLA, Sapienza Università di Roma
“L’occhio dell’archeologo”. Pensieri sparsi sulle regole del gioco
Partendo dal presupposto che la ricerca archeologica debba avere una ricaduta sul paesaggio urbano, diventando patrimonio di conoscenze condiviso, e dalla convinzione che edifici, complessi, insediamenti, tessuti del passato possano guidare nelle città storiche le trasformazioni, recuperando la memoria in termini sia di spazio che di tempo, questo intervento pone l’accento sui principali temi (procedure e strategie; palinsesti e contesti, continuità e discontinuità, crisi e trasformazioni; conservazione, comunicazione, fruizione) e sugli attuali problemi dell’archeologia urbana, in riferimento a Roma e al suo straordinario patrimonio archeologico.
12.00 CHRISTOPHER SMITH, The British School at Rome
Missing the centre: thoughts on the Roman case
La storia ininterrotta di Roma è motive di grande orgoglio, benché tale affermazione sia anche contestabile e lo é stata già a partire dalla mostra Roma Interrotta. Niente è più evidente del gap tra passato e presente nel foro Romanum, dove sia la distruzione operata dagli archeology dell’uso post-romano dello stesso foro, che quella del Borgo per ragioni politiche hanno lasciato un grande vuoto al centro di Roma. Questa lettura intende prendere in considerazione il centro mancante e riflettere sul suo significato per comprendere la citta? di Roma.
12.30 MONIQUE VEAUTE, Romaeuropa Festival
I paradossi del buon senso
I temi proposti da questo simposio sono allo stesso tempo legittimi e pertinenti, proprietà che li rende ancor più problematici, visto che sollevano una serie di questioni di natura molto diversa che entrano in contraddizione tra loro nell’istante in cui cerchiamo di formulare delle risposte. Interrogarsi sull’apertura dei siti archeologici all’arte contemporanea è ancor più interessante delle forme dell’arte (scultura, video, installazione, performance) che si prestano immediatamente a chiave interpretativa in situ degli spazi che le ospitano. Proprio la rilettura storica dello spazio archeologico sollecitata dall’arte contemporanea rigenera il loro senso culturale e li sottrae a un destino altrimenti silenzioso. Questa possibilità suscita anche il timore di una violazione “dell’integrità del patrimonio storico e artistico”, laddove usato come uno sfondo statico per una narrazione completamente staccata dal contesto. Quali dunque i criteri di selezione? Impossibile ignorare il ruolo degli attori privati (fondazioni, gallerie, collezionisti, banche) in relazione alla produzione artistica, soprattutto dinanzi all’impossibilità delle istituzioni pubbliche di competere con tale produzione per mancanza di risorse. In Italia, tutela e conservazione sono un modello esemplare di valorizzazione del patrimonio, un pilastro di cui essere fieri. Come creare dunque nuove regole di fruizione? Quali figure istituzionali e quali modalita? per promuovere e sovrintendere a un processo di rinnovamento? Le rovine della nostra storia antica saranno nuovi musei in grado di infondere alla pietra una nuova vita e di mettere l’arte contemporanea in sintonia con la storia della cultura occidentale?
14.00 MARIA ROSA SOSSAI, ALa Group
Come rigenerare la mediazione culturale tra processi pedagogici, spazi di libertà creativa e pratica curatoriale
La mediazione culturale è il punto di partenza per immaginare un’offerta culturale etica e un dialogo vitale tra passato e futuro, dialogo possibile solo se agiamo nel presente. E per potere agire nel presente, è indispensabile tradurre la teoria in una pratica radicata in quello che stiamo ora vivendo, il tempo del simposio.
In un panorama intellettualmente desertificato e dominato per lo più dal profitto, il compito dei mediatori culturali è di creare un clima nel quale la conoscenza si autogeneri, valorizzando quello che stiamo facendo e pensando in questo momento. La valorizzazione del sè, che Amartya Sen chiama “capability”, rappresenta l’unica opportunità di trovare in noi stessi le condizioni per realizzare e ‘governare’ il nostro lavoro, senza deleghe. Intraprendere quindi un processo di formazione e di mediazione culturale attiva e condivisa significa per esempio decostruire insieme il sapere che ci è stato tramandato.
14.30 DIETER ROELSTRAETE, Documenta 14
YOU DIG? Art and/as Archaeology
Nel 2009, Dieter Roelstraete pubblicava per la prima volta il celebre The Way of the Shovel: On the Archaeological Imaginary in Art nell’e-flux journal. In seguito, una piccola mostra collettiva organizzata nella Germania rurale, The Archaeologists, portò alla ribalta tale tema in forma curatoriale. Nel 2013, Dieter Roelstraete la più ampia The Way of the Shovel: Art and Archaeology at the Museum of Contemporary Art Chicago, celebrando un orientamento che, nella sua fase discorsiva iniziale, era stato considerato con una buona dose di riserva critica. The Way of the Shovel resta il testo più noto dell’autore e la fonte infinita per scrivere, parlare e curare progetti in tutto il mondo. Nella sua presentazione romana, Roelstraete analizzerà l’arco delle sue riflessioni teoriche in relazione all’impulso “storiografico” nell’arte contemporanea, tenendo in conto innanzi tutto l’arte che lo ha condotto alla diagnosi e alla teorizzazione del fenomeno, e valutando la nostra posizione odierna, nell’apparentemente infaticabile (davvero lo è?) infatuazione dell’archiviazione e dello scavo, narrazione e artificio dell’archeologia.
15.00 STEFANO CHIODI, Roma Tre
L’uso dei classici
In che modi, con quali criteri è possibile immaginare la relazione tra l’arte di oggi e l’antico? Come sottrarre i luoghi storici al loro isolamento culturale e come impedire al tempo stesso la loro riduzione a meri fondali spettacolari? La disintegrazione inevitabile, necessaria forse, di ogni scontata, consolatoria “attualità” del classico, deve confrontarsi oggi con la necessità di rinnovare la relazione con ciò che ci appare consegnato irrevocabilmente come un “passato” di cui è possibile solo una sempre più difficile manutenzione. La vicenda culturale italiana degli ultimi decenni offre una serie di esempi in cui l’incontro tra arte contemporanea e spazi antichi ha generato effetti positivi grazie alla convergenza di progetti curatoriali di qualità, di personalità artistiche di primo piano e di una supervisione pubblica attenta e partecipe. Esempi la cui eredità sarebbe importante riprendere nella ricerca di un difficile equilibrio tra sperimentazione e conservazione. L’Italia, ha scritto Giorgio Manganelli, non è stata mai solo “un parcheggio peninsulare di monumenti”, poichè questi ultimi non erano solo “densi e intensi di suggestive memorie di vita” ma “cose singolarmente vivibili e abitabili e abitate”, dove l’antico e il recente si intrecciavano e confrontavano in una illimitata serie di riappropriazioni.
15.30 Conclusioni