È il primo di due appuntamenti con il coreografo Jean-Claude Gallotta e la sua compagnia Emile Dubois, significativa eccezione in un programma di danza che il festival ha dedicato interamente alla scena italiana: a sottolineare l’evento, la proiezione a Villa Medici del film di Raoul Ruiz Mammame, tratto dallo spettacolo del coreografo francese che ha riscosso grandi consensi proprio nella scorsa edizione. Malgrado il programma originario prevedesse il balletto Pandora, per un incidente subito da Mathilde Altaraz è stato presentato in prima italiana Docteur Labus, già accolto con successo a Grenoble e al Théâtre de la Ville di Parigi e di cui sono stati selezionati i soli due brani che potevano essere eseguiti nello spazio aperto dell’Accademia. Lo ha preceduto Les Louves, una delle opere più esemplari del graffiante e stralunato umorismo di Gallotta, un passo a tre (un uomo e due donne) in cui il più consueto triangolo amoroso si trasforma in un feroce e ironico rituale di annientamento. Archivio Romaeuropa Festival.
Rassegna stampa
“Gallotta ama evidentemente il balletto, ma al tempo stesso lo rifugge. Lo ama nel senso che lo adopera, se ne serve, o meglio si serve della sua tecnica ma la distorce, la sfugge continuamente per timore di essere “puro”, “armonico”, “formale”, “simmetrico”.
E allora Gallotta procede per momenti: sovrappone alle figure tradizionali una gestualità dura, spezzata, ripudia la bellezza della forma, insegue la disarmonia, sembra persino che cerchi corpi non armonici, non levigati, al limite non belli, negli uomini in particolare, gente di tutti i giorni, che si incontrano nella vita, che amano e lottano nel corpo con il corpo, quasi a volerci dire, contrariamente al concetto comune che ci perseguita da generazioni, che tutti possiamo danzare e apparire sulla scena a raccontare i nostri drammi del “quotidiano””.
(Alberto Testa, Ballando il quotidiano, la Repubblica, 13 luglio 1988)
“Gallotta scinde l’atomo del balletto e di quei frantumi che restano egli crea dei collages, senz’altro più belli ed espressivi delle tante e banali croste tersicoree che spesso ci capita di vedere.
E in questi collages ogni tanto fa capolino qualche riferimento ai miti greci: il fatidico ritorno al passato. L’anno scorso vedemmo la rivisitazione di Daphnis et Chloè; in Les Louves invece c’è un’allusione (nascosta, ma pur sempre presente) all’Apollo del balletto balanchiniano Apollo Musagète. Balletto-Mito?
Anziché suonare la lira, il nostro musicista protagonista impugna un sax ed al posto delle leggiadre muse lo vediamo combattuto tra due donne che finiranno, lupe che sono, per divorarselo. […]
Quanto a Gallotta, figura funambolesca e beckettiana con addosso un cappottaccio che ha tutta l’aria di provenire dalla parrocchia del quartiere, egli si muove nel sottofondo, lentamente, furtivamente, con una gestualità alla Monsieur Hulot. Egli è l’artefice che dispone di tutto: con cura stende sul palcoscenico delle simboliche pelli di pecora sgozzata e, alla fine, quella di un ariete. È la fine del Maschio”.
(Simonetta Allder, Collages di balletti tra miti greci e ritorni al passato, L’Umanità, 19 luglio 1988)
“I ritmi dei lavori di Jean-Claude Gallotta sono sempre distorti rispetto alla tradizione, la sua danza è l’elogio dell’imperfezione umana, i ballerini non sono dèi e neanche marionette, il virtuosismo si stempera nella goffaggine. D’altronde lui stesso ha deciso di iscrivere al gruppo non più di otto artisti per non correre il rischio di formare un “corp de ballet”; correndo invece il rischio di rimanere spiazzato in caso di incidenti, come quello recente della sua compagna Mathilde, che forse non potrà andare in scena neanche domani ne Les Survivantes, seconda coreografia del cartellone di Villa Medici.
“I ballerini non sono giocatori di baseball – dice Jean-Claude Gallotta, dotato di eterea gentilezza – e non possono essere rimpiazzati come pedine. Scelgo i miei collaboratori non soltanto per la preparazione tecnica, ma cercando in loro particolari interessanti. Prima non potevo sostituirli perché non avevo soldi. Adesso non posso perché non è facile trovare qualcuno con la stessa faccia di un altro””.
(Valeria Fortini, Pandora non c’era, Corriere della Sera, 13 luglio 1988)
Crediti
Coreografia Jean-Claude Gallotta
Compagnia Groupe Emile Dubois
Musica Henry Torgue
Scenografia e costumi Léo Standard
Interpreti Jean-Claude Gallotta, Deborah Salmirs, Eric Alfieri, Muriel Boulay, Robert Seygfried, Cyril Lussac, Pascal Gravat