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Un recital di canzoni rivoluzionari
Villa Medici
8 luglio 1989
25romaeuropa.net

Hélène Delavault

La Républicaine


Conosciuta dal pubblico italiano soprattutto per la sua interpretazione nella Carmen di Peter Brook, Hélène Delavault ha preso parte a questa edizione del Festival con un programma tutto dedicato alle canzoni della Rivoluzione, un recital nato come omaggio alla ricorrenza del bicentenario, ma più ampiamente improntato a dare voce ai diritti universali dell’uomo. Se il programma è stato principalmente formato dai più celebri motivi patriottici e popolari del tempo (da La Carmagnole a La Guillotine, modellata sulle note del Menuet d’Exaudet), non sono mancati però accenni più moderni, da L’opera da tre soldi di Brecht alla canzone cubana La Muerte, che la Delavault ha voluto dedicare alle vittime cinesi di Tien-A-Men, per passare poi al brano di Chopin dedicato alla libertà dei polacchi dal giogo russo, che non può non essere letto in riferimento all’attualità fine anni ottanta (lettura ancora valida in questi primi anni del duemila).
Tuttavia, la parte più preziosa della performance, ammantata di una certa rarità, sono state le canzoni francesi, tra le quali, a compensare qualsiasi eccesso di trionfalismo, si contano anche alcune delle innumerevoli parodie della Marsigliese, nonché alcuni brani controrivoluzionari (La Révolution en Vaudeville) ed una vera chicca: una languida canzone d’amore scritta dalla regina Maria Antonietta.

LA REPUBLICAINE
di Hélène Delavault

Nel 1789, con la presa della Bastiglia, il popolo poteva esprimersi con la propria voce e la Francia risuonava delle canzoni che celebravano gli avvenimenti d’attualità o che esprimevano le rivendicazioni di tutti quelli che fino ad allora avevano dovuto tacere. Si cantava nei caffè, per la strada, nei teatri, nelle piazze dei paesi ed anche all’Assemblea Nazionale, dove Danton aveva fatto notare che quello era un luogo deputato all’ascolto della “ragione in prosa”.
E man mano si andava cantando sempre di più, dal momento che sono state catalogate 199 canzoni stampate nel 1791, 305 nel 1792, 504 nel 1793, 701 nel 1794 e poi solo 137 dopo il 9 Termidoro!

Il governo della giovane Repubblica era cosciente dell’impatto che queste canzoni avevano sullo spirito di una popolazione che, almeno per una metà non sapeva né leggere né scrivere, tanto che fece comporre una grande quantità di inni ufficiali per accompagnare le cerimonie patriottiche “Omaggio all’Atto Costituzionale”, o per incoraggiare i soldati nella guerra all’estero.
Il cittadino Brézillon così scriveva alla Convenzione nell’inviare uno di questi pomposi Inni alla Ragione: “Non possiamo forse far andare a vantaggio della Rivoluzione il piacere per il canto e l’allegria? Non è forse questo un modo di far passare in tutti i cuori, a loro insaputa, le massime più austere della Morale Repubblicana e le lezioni di saggezza della ragione e nello stesso tempo di rinsaldare la Repubblica su delle basi incrollabili?”.

I chansonniers e gli allegri beoni hanno trovato così, nell’attualità dei soggetti, la possibilità di lasciare libero corso alla verve gioiosa e spesso anche licenziosa che tutti i contemporanei riconoscevano al genio francese. Sono state raccolte 250 parodie della Marsigliese (Il ritorno del soldato), e se la ghigliottina (chiamata anche “piccola Luisa”, “rasoio nazionale” o “piccola trappola per gatti”), è servita come pubblicità per dei tagliasigari, ha anche affascinato gli amanti di humor nero e di battute sagaci (La Ghigliottina d’Amore).
I monarchici si sono adeguati alla moda del tempo, e si possono trovare delle canzoni controrivoluzionarie nei giornali degli emigrati (La Révolution en vaudeville) o dei romanzi sulle sfortune della famiglia reale (I Rimpianti).
I patrioti non hanno certo rinunciato a fare della parodia, anche se gentile, di quello che avevano più caro (Il grande Progetto, Canzone Satirica sui nomi dei Deputati).

Ed è proprio con spirito di fraternità verso i rivoluzionari di due secoli fa, che ci siamo divertiti anche noi, nell’interpretare a modo nostro, con tutto il rispetto che gli è dovuto, queste canzoni scritte per lo più su delle arie conosciute, passate alla gloria dell’anonimato e senza accompagnamento.
Gli arrangiamenti di Yves Prin rendono un omaggio erudito e amichevole alle formazioni strumentali dell’epoca, con ammiccamenti propri di un musicista del XX secolo.
Se d’altra parte la canzone a carattere sociale ha continuato a sgorgare dalle penne e dalle labbra dei Francesi durante tutto il XIX secolo, di rivolta in rivoluzione, riferendosi spesso a quella del 1789, l’arte dello “sviare” non era forse già conosciuta dagli insorti della Comune che attribuirono ad una canzone d’amore come Il tempo delle ciliege un significato politico che il suo autore non aveva certo previsto?
Le Rivoluzioni non sono forse poi anche loro delle storie d’amore?

Rassegna stampa

“Hélène si è esibita (regista J.M. Rabeux) con freschezza di toni e di movimenti (camminava, marciava, ballava), intenta a illustrare – con simpatici accenti franco-italiani, con e senza “r” moscia – la canzoni (arrangiate da Y. Prin) che presentava. Patina vulgo-sbarazzina, aria di… coccarda, ecco sgorgare, dall’ugola, in campo blu-scarlatto, un canto d’osteria o il piccolo catechismo d’epoca che definiva la Rivoluzione “un torcicollo inguaribile” e la Costituzione “un mantello per proteggere il popolo dalla pioggia”. Squilla, baldanzosa, la Marsigliese e l’elenco spiritoso e rimato dei membri della Costituente su musica di Salieri, diverte l’uditorio, mentre le note incipriate e larmoyante di Maria Antonietta per l’amoroso Florian strappano lacrimucce.
C’è il famoso Menuet d’Exaudet (1793) per lodare l’inventore della Guillotine e per contrasto la filastrocca patetica di Re Luigi che sale al patibolo e quella della Regina, compagna nella sorte. Inutile rimpiangere i condannati quando la Carmagnole inalbera il vessillo di vittoria e le femministe civettano trionfanti “Tremate, tiranni in pantaloni: è giunto il nostro giorno!”. […] Ma le “Rivoluzioni non sono poi che storie d’amore” conclude Hélène con sentimento, accennando al Tempo delle ciliegie. La gente approva e accetta il suo messaggio, prolisso sì, ma offerto sempre con grazia e con grazia spento al calare di un immaginifico velario sul passato sì ricco di storia”.
(Renzo Bonvicini, Risuonano tra passato e presente a Villa Medici le canzoni di Hélène Delavault “rivoluzionaria”, Il Tempo, 11 luglio 1989)

“Il programma è montato con grande intelligenza e le canzoni danno voce a tanti e diversi attori della Rivoluzione: mentre i sanculotti conquistano la Bastiglia, Maria Antonietta compone elegie arcadiche, nelle quali ricerca “un berger sensible et charmant”; si declamano le virtù purificatrici della ghigliottina, ma si ascolta anche il rimpianto della moglie di un “valet de chambre” di Luigi XVI. E il re? Non ci fa una gran bella figura, almeno ad ascoltare la beffarda parodia di Ladre, nella quale il monarca non riconosce neanche il suo popolo e, balbettando dal terrore, si avvia verso il patibolo. Aiutata da una fisarmonica e un pianoforte veri e da due clavicembali finti (riprodotti da un sintetizzatore), la Delavault si spinge anche oltre l’89: ecco i canti del ’48 ed i primi inni femministi, i tempi della Comune, la dura ironia di Brecht. La voce è intensa, il temperamento acceso come il vestito rosso fuoco (o sangue?) che la fascia, il suo italiano forbito, il successo meritato”.
(Sandro Cappelletto, La Rivoluzione in note, La Stampa, 11 luglio 1989)

Crediti

Musica La dernière Bastille (M. Boukay, M. Legay – 1898), Hommage à l’Acte Constitutionnel (E. Rousseau – 1790), Le grand projet (M. Marchant – 1792), La prise de la Bastille (Anonimo – 1789), Chanson satirique sur le nom des députés (Anonimo – 1790), La Révolution en Vaudeville (Anonimo – 1792), C’est mon ami (Florian, Regina Marie-Antoinette), La Guillotine (Anonimo, musica tratta dal Menuet d’Exaudet), Vous savet que je fus Roi (Ladré – 1790), Les regrets (Mme Clery – 1794), La Carmagnole, La Marseillaise des cotillons (Anonimo – 1848), Les pisselints (M. Boukay, M. Legay – 1898), Fille d’Ouvrier (J. Jouy, G. Goublier – 1886/88), La fiancée du pirate (da L’opera da tre soldi di B. Brecht e K. Weill), Der Soldat (R. Schumann, H.C. Andersen), Ça m’est égal (H. Audeval, P. Henrion – 1861), La nourrice républicaine (Piis – 1794), La chanson du rémouleur (M. Boukay, M. Legay – 1898), Le retour du soldat (Anonimo), La liberté des nègres (Piis – 1794), Les feuilles tombent (F. Chopin, op. 74 n. 17 – 1835), La muerte (S. Gonzalez – Cuba, 1961), Chanson de Méphisto (da Faust di Charles Gounod – 1859)
Regia Jean-Michel Rabeux
Arrangiamenti musicali Yves Prin
Responsabile tournée François Haury
Suono Frédéric Prin
Luci Dominique Bruguiere
Direzione scena Yann Charpentier
Interpreti Hélène Delavault (voce), Vincent Leterme (pianoforte), Stéphane Leach (tastiere), Jean-Louis Matinier (fisarmonica)
Produzione Théatre des Arts di Cergy-Pontoise, Atelier du Rhin, Maison de la Culture de Bourges