Trascrizione cinematografica dell’omonimo e celeberrimo spettacolo teatrale del 1985 (ridotta rispetto alle sei ore concepite originariamente per la televisione), Il Mahabharata di Peter Brook è stato presentato in una suggestiva proiezione di mezzanotte: l’obiettivo – oltre l’omaggio ad un maestro del teatro del Novecento – è stato quello di completare il viaggio che questa edizione 1990 ha compiuto intorno allo spettacolo tradizionale del sud-est asiatico ed al Ramayana, poema epico che, proprio insieme al Mahabharata, ne costituisce le più profonde radici culturali.
Di lunghezza sterminata (ben quindici volte la Bibbia), mai tradotto per intero in una lingua occidentale per la sua estensione e complessità, il Mahabharata è stato rielaborato da Brook con intelligenza e profonda conoscenza del mondo culturale cui fa riferimento: ne è nata un’opera incredibilmente suggestiva e di grande raffinatezza formale, la cui semplicità – frutto della più grande maestria – è dovuta all’eccezionale cast di attori, provenienti da sedici paesi diversi e capaci di restituire la ricchezza polifonica e spirituale del testo di partenza.
IL MAHABHARATA
di Ugo Volli
Tutto parte da un grande libro antichissimo, scritto in sanscrito, che nella cultura indiana fa un po’ le veci assieme all’Iliade, dell’Odissea e della Bibbia: è il Mahabharata, una storia gigantesca d’amore, di guerra e di teologia, che comprende tanti versi quante venti Divine Commedie e che, a causa delle sue dimensioni, non è mai stata tradotta integralmente nella nostra lingua; una storia che dice di se stessa che migliora chi la ascolta. La vicenda racconta una caduta di civiltà, la fine dell’età dell’oro, provocata dalla lotta implacabile fra due rami della stessa famiglia. All’inizio c’è una specie di innocenza, un mondo rustico di principi e di demoni, di fanciulle bellissime e uomini quasi immortali. Poi interviene una sorta di civiltà urbana o cortigiana che splende di gioia e di raffinatezza, ma che contiene in sé i germi della propria distruzione.
La faida si forma lentamente, nasce da un’educazione in comune di due diversi gruppi di principi cugini; precipita in un gioco di dadi truccato, finisce in una guerra che si fa sempre più sanguinosa, fino all’uso di armi magiche così potenti da ricordare i nostri mezzi di sterminio di massa. Ci sono, come in ogni racconto popolare degno di rispetto, i buoni e i cattivi; ma la parentela che li lega e la presenza di alcuni eroi della generazione precedente allo scontro in entrambi i campi impediscono una divisione troppo netta. Slealtà e astuzia, ma soprattutto eroismo e senso del dovere sono divisi quasi equamente nei due campi, e la partita rimane a lungo equilibrata. L’intervento della divinità è importantissimo durante tutto il lungo corso del testo, e fra tutti gli spiriti e gli dei prevale la figura di Krishna, una divinità saggia e amichevole, pietosa e umana al punto di essere spesso paragonata al Cristo della cultura occidentale.
Da questo poema epico così pieno di mito e di saggezza, di storie e di eroi, è stato tratto sei anni fa uno spettacolo in proporzione altrettanto fluviale, che in un tre sere di fila, o in tutta una notte dal tramonto all’alba, racconta una specie di pittoresco riassunto del poema. Anche questo si chiama Mahabharata, ma invece che dal mitico autore Viasa è firmato dal più grande registra del teatro contemporaneo, Peter Brook; ed è stato uno degli spettacoli teatrali più acclamati degli interi anni Ottanta.
La semplicità del linguaggio espressivo distillata da una straordinaria troupe interetnica ha permesso una facilità comunicativa straordinaria, al livello della fiaba, o piuttosto dei grandi miti fondamentali dell’umanità. Le storie e i personaggi ne emergevano con una nitidezza cristallina e con una forza evocativa indimenticabile. Lo spettacolo ha girato in tutto il mondo per diversi anni di seguito, dopo quelle notti straordinarie del debutto in una cava di pietra riadattata vicino ad Avignone dove si giungeva attraverso una lenta navigazione sul fiume ed un breve tratto a piedi – come un pellegrinaggio. Ne è stata tratta, oltre all’originale edizione francese anche una in lingua inglese che ha conquistato pubblici così diversi come quelli degli Stati Uniti e dell’India.
Dal Mahabharata spettacolo teatrale è stato tratto il Mahabharata film. Non si tratta affatto di un’operazione di occasione o della semplice registrazione del teatro. Peter Brook è senza dubbio il più famoso e importante regista teatrale in attività a livello internazionale con i suoi quasi 55 anni di carriera ad altissimo livello, ma è anche un regista cinematografico assai notevole. Alcuni suoi film, come Il signore delle mosche o Incontri con uomini straordinari, non tratti da precedenti spettacoli teatrali, sono pezzi da cineteca; il suo Marat-Sade – che viene invece da una storica versione di palcoscenico del dramma di Peter Weiss – ebbe verso il 1968 un autentico successo mondiale. E nel conto bisogna mettere anche la presenza di Jean-Claude Carrière, uno sceneggiatore di grandissima classe, che è in questo caso come nello spettacolo teatrale coautore del testo.
Anche in questa opera Peter Brook ha lavorato soprattutto per conservare la grandezza e insieme l’immediatezza del mito, per salvarne insieme la dimensione umana e la meraviglia, senza tentazioni hollywoodiane di effetti speciali, né tentativi di introspezione psicologica.
Ne è uscito un film straordinario come un sogno collettivo, pieno di potenza inventiva, di bellezza del racconto e soprattutto di verità: quella verità del mito che ci anima tutti, lo sappiamo o meno.
Crediti
Regia Peter Brook
Sceneggiatura Peter Brook, Jean-Claude Carrière, Marie-Hélène Estienne
Fotografia William Lubtchansky
Montaggio Nicolas Gaster
Musica Toshi Tsuchitori, Djamichid Chemirani, Kudsi Erguner, Kim Menzer, Mahmoud Tabrizi-Zadeh, Sarmilla Roy (interprete canzone), Philippe Eidel (produzione)
Suono Daniel Brisseau, Dominique Dal masso
Costumi Chloe Oboloensky
Interpreti Bruce Myers, Andrzej Seweryn, Yoshi Oida, Urs Bilher, Ryszard Cieslak, Georges Corraface, Mamadou Dioumé, Miriam Goldschmidt, Jeffrey Kissoon, Sotigui Kouyate, Vittorio Mezzogiorno
Produttori Michel Propper, Christine Raspillère (direttore di produzione), Michael Birkett, Harvey Lichtenstein, Michael Kustow
Produzione (1989) Channel Four Television, The Brooklyn Academy of Music, Les Productions du 3ème tage
Durata 171′