Si definiscono “terroristi del suono ecologico” e la loro performance è una “avventura in sculture, percussioni e fuochi pirotecnici che colpisce la vista e sorprende l’udito”. Questo è il biglietto da visita del gruppo Bow Gamelan, per la prima volta in Italia in questo 1991. Sulla scalinata di fronte al British Council, che ha ospitato il concerto, il gruppo ha innalzato un’istallazione nata dall’assemblaggio di materiali di scarto. Ogni concerto del Bow Gamelan è unico e ideato appositamente per la città che lo ospita: da questo principio prende il via, nelle discariche di periferia e nei magazzini dei rigattieri, una ricerca di materiali da cui ha origine il progetto della serata. Bidoni di ferro, lavatrici, scaldabagni, cisterne, bombole a gas, cerchioni di automobili, vengono assemblati e saldati, per creare la struttura che suonerà sotto i colpi dei percussionisti. E così, nella serata, dopo un lancio di palloncini ha preso il sopravvento, sopra un sibilo persistente, un ritmo incalzante di tamburi-rottami che i percussionisti, 5 ragazze e 2 ragazzi, hanno fatto suonare come veri strumenti musicali. Uno scenario post-industriale che ha portato in primo piano la civiltà del consumo ed il frastuono della realtà metropolitana. Un gioco di suoni, strappati agli oggetti più inconsueti, accompagnati da una cascata di fuochi d’artificio, girandole fiammeggianti, lingue di fuoco: un concerto all'”incrocio tra un dipinto di Turner e Apocalypse now“, citando il titolo.
Rassegna stampa
“Gli scaldabagno sono montati su basi oscillanti. Con le resistenze a spirale incastonate nella parte superiore sembrano strane creature con le antenne attorcigliate. Giochi di luce stampano stelline sulla candida facciata dell’edificio, mentre due vasche da bagno sovrapposte diventano una bocca di fuoco che si spalanca e si chiude liberando un fumo e suoni infernali. Gli spiriti e i demoni continuano a ballare. È il loro rave“.
(Marco Boccitto, Sinfonia per ferraglia, Il manifesto, 21 giugno 1991)
“Indubbiamente una situazione suggestiva che, al di là del divertimento, racchiude un messaggio molto ironico sulla civiltà (?) dei consumi che tutto divora ed è ormai lì per divorare se stessa. E loro, i Bow, ci ridacchiano sopra, recuperando sonorità arcaiche con materiale di risulta impostando così un discorso post-industriale da meditare”.
(Antonio Mazza, Il Bow Gamelan: concerto “trash”, Il Tempo, 25 luglio 1991)
“E sono proprio gli oggetti – barili sgangherati, bombole di gas ammaccate, vecchie padelle, comignoli e rottami di elettrodomestici – i veri protagonisti dello spettacolo saldati insieme e riassemblati con grande fantasia e talvolta con risultati indiscutibilmente artistici. Il pubblico si è divertito nel susseguirsi di trovate, di giochi di percussioni ed effetti di luci ed ha accolto con calore l’esordio italiano di questo gruppo dallo stile originale e sorprendente […]”.
(Terroristi del suono, Alto Adige, 20 giugno 1991)