Musiche delle steppe
Interpreti Hamit Rayimbergen, Serjan Chakrat – Kazakistan (dombra), Smagul Umbetbaev – Kazakistan (kopuz), Nurak Abdurahmân – Kirghizistan (komuz, ghimbarda, temir-chang, canto), Salamatkan Sadykova – Kirghizistan (dombra), Sardar Djaidarov – Turkmenistan (tudük), Evgenii Olugbashev – Kakasia (cetra camkahan e canto difonico), Shâberdi Bakhshi – Uzbekistan (dombra e canto)
Da sempre sensibile al fascino ancestrale della musica tradizionale, anche in questa edizione il Festival le riserva uno spazio importante in cartellone, ospitando i bardi di cinque regioni dell’Asia centrale: Kazakistan, Kirghizistan, Turkmenistan, Kakasia e Uzbekistan. Il concerto propone musiche sacre e canti epici appartenenti ad un patrimonio tradizionale che si tramanda oralmente dai tempi dei riti sciamanici e della cultura animista, conservando una vocazione non solo sacra e mitica ma anche didattica. La voce dei bardi può avere stili diversi a seconda della regione di provenienza, sia poco estesa e ricca di armonici, sia molto estesa e potente, ma comunque è sempre accompagnata dal liuto, o meglio dal dombra (liuto dei bardi del Kazakistan a due corde), dal komuz (liuto del Kirghizistan a tre corde di nylon) o dal kopuz (viella dei bardi e sciamani nomadi con due corde di crine di cavallo). A differenza della tradizione nomade e rurale, la musica di tipo classico proviene dalle grandi città, ed è influenzata dalle religioni orientali e dalla cultura musulmana: in questo caso sono previste anche esecuzioni d’insieme, con diversi strumenti, di poesie raffinate e di cicli di brani molto complessi.
MUSICHE DELLE STEPPE
DELL’ASIA CENTRALE
Teatro Olimpico, 8 novembre 1999
Evento
Musiche delle steppe
MUSICHE DELLE STEPPE DELL’ASIA CENTRALE
di Jean During
L’Asia centrale è una denominazione comunemente accettata per inglobare le repubbliche attuali del Turkmenistan, del Kirghizistan, dell’Uzbekistan, del Kazakistan, come quelle della Turchia cinese (Xinjiang o Ouïgouristan) e, eventualmente, il Nord dell’Iran e la Mongolia. Nell’antichità, i popoli dell’Asia Centrale erano in maggioranza del ceppo indo-europeo ma, a partire dal V secolo, numerose ondate di conquistatori turchi o turco-mongoli si sono succedute.
La tradizione classica
Certi adottarono rapidamente il modo di vita dei sedentari, fondando la loro cultura su quella dei loro predecessori, mentre altri restarono per lungo tempo fedeli al loro modo di vivere e alla loro cultura nomade. Trovare il bandolo della matassa etnica dell’Asia centrale secondo dei criteri linguistici, geografici o storici, non è impresa facile. In compenso, le forme musicali costituiscono un criterio comodo e spesso molto pertinente per riuscire a vederci chiaro. Conviene in un primo tempo distinguere la musica di tipo classico (e semi-classico) propria alle culture sedentarie urbane, e la musica dei bardi professionali propria alle culture nomadi rurali.
La musica di tipo classico o semi-classico si trova nelle grandi città storiche uzbeche o uigure, secondo una linea che va dall’Ovest all’Est: Khiva, Boukhara, Samarcanda, e Panjkent, Tachkent, Khojand, Andijan e le città di Ferghana, infine Kashgar, Yarken e le oasi del Turkestan cinese. Sul filo dei secoli, quest’arte ha raggiunto un livello di raffinatezza uguale alle più splendide realizzazioni artistiche che hanno contribuito a far accrescere la fama delle corti principesche e delle oasi, con i suoi poeti, i suoi studiosi e i suoi artigiani. La musica si basa essenzialmente sullo scritto, possiede la sua propria teoria e canta una poesia colta, affiliata alla cultura musulmana del Medio Oriente. Privilegia infine le interpretazioni d’insieme con strumenti diversi, i ritmi lunghi e complessi, e anche i cicli di brani che compongono le architetture grandiose come il Shash maqãm tadjik-uzbeco, l’Onikki muqãm uiguro, ecc., che sono l’equivalente orientale dei noubas arabo-andalusi.
I bardi nomadi
La musica dei bardi professionisti appartiene ad una cultura orale che conserva numerose tracce delle sue origini sciamaniche. Questa musica privilegia l’espressione individuale e il canto, con un gusto per i poemi lunghi narrativi senza strumenti. Questo repertorio è sparso soprattutto tra le popolazioni d’origine nomade e turca, come gli abitanti del Turkmenistan, del Kazakistan e del Kirghizistan, così come le minoranze uzbeche; ma prevale anche presso i Tadjiki delle montagne, sedentari, di lingua e origine iraniana, discendenti dai primi popoli occupanti. Personaggio centrale, il bardo è il guardiano della memoria collettiva. Canta i poemi epici, lirici, religiosi o filosofici, e si accompagna con un liuto a due o tre corde, talvolta sostenuto da una viella. La poesia è l’elemento essenziale della sua arte, ma si tratta di una poesia dalla cui ricchezza scaturisce una forma musicale che non ha niente da invidiare alle raffinatezze della musica classica. Certi stili praticati richiedono che la voce dei bardi sia poco estesa e ricca di armonici – particolarmente nello stile epico – mentre altri stili, come quello dei bardi turcomanni (bakhshi) o del Kazakistan (azin, zhirau), trovano il loro fascino nelle voci potenti, agili e molto estese.
Fra la maggior parte delle tradizioni nomadi vengono apprezzate allo stesso tempo le arie strumentali (kui) al liuto, alla viella, al flauto. Presso gli abitanti del Kazakistan e del Kirghizistan, queste melodie sono molto stimate, ed il solo fatto d’essere composte assicura al suo creatore una durevole posterità. Queste grandi tradizioni nomadi e sedentarie presentano nondimeno un punto in comune: il toy, un ciclo di feste date per differenti occasioni, come matrimoni, nascite e la circoncisione.
Un’arte di festa
Il toy è, in tutta l’Asia centrale, l’istituzione, il rito per eccellenza che sottolinea la vita sociale e possiede le ricchezze materiali e culturali. Questo concerto s’ispira precisamente ai toy per percorrere le diverse tradizioni musicali e danzate dell’Asia centrale, riunendo molteplici gruppi d’etnie differenti, e costituendo un affresco musicale e coreografico con vari colori, andando dai canti gravi che sacralizzano i riti sociali, fino ad arrivare alle arie di danza più ritmate.
L’eredità nomade e sciamanica
I popoli dell’Asia centrale si dividono in due grandi categorie: quelli di tradizione sedentaria e urbana come gli abitanti dell’Uzbekistan e del Tagikistan, e quelli di tradizione nomade come gli abitanti del Kazakistan, del Kirghizistan e del Turkmenistan che sono diventati sedentari e si sono costituiti in Stato da circa un secolo.
Questo sfaldamento riflette ugualmente da una parte l’antica cultura animista e sciamanica dei Turchi orientali, e dall’altra parte la cultura della “religione del saluto”, lo zoroastrismo, il buddismo, il manicheismo, il cristianesimo nestoriano e finalmente l’islam che s’impone come religione e cultura tra le popolazioni urbane e sedentarie, e in maniera meno profonda tra i nomadi o i sedentari recenti. Le forme e le pratiche musicali di queste due culture differenti, in conseguenza, sono da una parte la predominanza del ruolo dei bardi (epici, lirici o tutte e due insieme) presso gli abitanti del Kirghizistan, Kazakistan, e Turkmenistan; dall’altra la predominanza dei grandi cicli di composizione (Maqãm) e affinità con le tradizioni e la teoria mediorientale presso gli abitanti dell’Uzbekistan e del Tagikistan del Nord.
Gara di bardi dell’Asia centrale
I Bardi del Kazakistan e quelli del Kirghizistan condividono un passato di nomadismo e di pastorizia, di vicinanza linguistica, di costumi e di una cultura musicale che ha conservato i suoi tratti turchi. Da una parte e dall’altra si ritrovano categorie simili di musicisti (bardi epici o lirici), competizioni strumentali (tartis/alym savak), strumenti e famiglie di strumenti (kur/kuu) molto vicini. Le loro tradizioni si distinguono anche da quelle degli altri popoli dell’Asia centrale per lo spazio che lasciano alle donne nella pratica musicale, e per la componente animista o sciamanica che definisce la loro estetica e il loro ethos.
Nonostante l’islamizzazione, i Bardi dell’Asia centrale hanno conservato molto dell’antica funzione magica della musica: presso gli abitanti del Kazakistan, del Kirghizistan, dell’Uzbekistan e Tagikistan, il termine Bakhshi designa ancora lo sciamano che guarisce attraverso invocazioni e canti accompagnati ai tamburi, mentre presso gli abitanti del Turkmenistan designa il bardo professionista che con l’Islam è subentrato allo sciamano. Così la musica, anche nelle sue forme più artistiche, non si è sottratta alla sua vocazione sacra, magica o almeno didattica e morale.
Ancora oggi i cantanti e strumentisti tradizionali del Kazakistan pensano che il loro potere derivi dagli spiriti (arwah) mentre certi loro strumenti sono investiti di un potere magico. L’arte dei bardi del Karakalpakistan e del Turkmenistan porta l’impronta della cultura letteraria, con poemi classici morali e filosofici, lirici e galanti, ed elementi dei racconti epici.
(in Catalogo Romaeuropa Festival 1999)