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EX Mira Lanza - India
dal 22 al 24 ottobre 1999
25romaeuropa.net

PETER SELLARS

The Story of a Soldier


Photo © Piero Tauro
The Story of a Soldier

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 Regia Peter Sellars
Testo Testo originale di C.F. Ramuz totalmente rielaborato da Gloria Enedina Alvarez
Musica Igor Stravinskij
Scene Gronk
Costumi Gabriel Berry
Disegno luci James F. Ingalls
Coreografia Donald Byrd
Produttore Diane J. Malecki
Direttore di palcoscenico Elizabeth Burgess
Direzione musicale Grant Gershon
Ensemble Avanti! Chamber Orchestra

Interpreti (attori) Lupe Ontiveros (narratore), Alex Miramontes (soldato), Omar Gómez (Diavolo), Tiana Alvarez (principessa)
Interpreti (musicisti) Jyrki Hiilivirta (controbbasso), Sami Koskela (percussioni), Kari Kriikku (clarinetto), Valtteri Malmivirta (trombone), Pasi Pirinen (cornetta), Jussi Särkkä (fagotto), Hannu Vasara (violino)

Staff di produzione
Direttore di produzione Kevin Higa
Direttore di compagnia Julia Carnahan
Supervisore guardaroba / assistente direttore di palcoscenico Loren Bevans
Ingegnere audio Antti Murto
Aiuto regia Pete Galindo

Recitato in inglese e spagnolo con sovratitoli

Questa produzione è stata commissionata e presentata dal Los Angeles Philarmonic nel gennaio e settembre 1999

Mescolando diversi tipi di linguaggi musicali, dall’impressionismo al politonalismo dal jazz alla musica da cabaret, Stravinskij compose l’Histoire du soldat su libretto di Ramuz nel 1917, mentre era in esilio a Ginevra: l’opera, pensata per un’orchestra di soli sette elementi e per essere realizzata con mezzi ridotti su qualsiasi tipo di palcoscenico, si presenta dunque come la fusione fra una nuova idea di teatro e la musica “moderna”. Affascinato dall’energica musica del compositore, in grado anche di inglobare la cultura popolare, e dalla dimensione “democratica” della sua opera, per l’uguale spazio lasciato a tutte le sue componenti, Peter Sellars affronta l’Histoire du soldat mettendo l’accento sull’aspetto sociale e politico e avvicinandola alla situazione della East Los Angeles, dove una buona percentuale della popolazione è emigrata dai paesi del sud America. Se infatti le note scritte da Stravinskij non subiscono variazioni nell’interpretazione musicale dell’ensemble finlandese Avanti!, il regista lavora profondamente sul testo proprio con la comunità dei Latinos, affidando le parti a non attori e facendo riscrivere il testo di Ramuz dalla poetessa chicana Gloria Enedina Alvarez.
La vicenda è dunque trasportata ai giorni nostri, ed un emigrato in America da El Salvador, di ritorno dalla guerra in Kosovo, veste i panni del soldato protagonista: il diavolo lo tenterà con le predizioni delle quotazioni di borsa, mentre la principessa, che gli darà figli di diverse razze, è la figlia del presidente del Messico.
L’allestimento è semplice, come nell’originario progetto di Stravinskij, ed è affidato al celebre graffitista Gronk, che realizza numerosi fondali dipinti ed un siparietto che scorre su ganci per dividere ogni sequenza.
Nella rilettura di Peter Sellars, The story of a soldier diventa quindi una storia emigrazione e di sradicamento culturale, in cui l’atto stesso della messinscena si trasforma in un vero e proprio rito comunitario.

Cartellone 1999

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 THE STORY OF A SOLDIER
di Jolanda Bufalini

Un artista di Los Angeles una volta inventò questa geniale istallazione, una fila di cabine telefoniche in una grande strada a Down Town. I clandestini della città avevano così l’occasione di telefonare gratis a casa, salutare, scambiare poche battute: “Io sto bene, voi come state? Chi si è sposato, chi è nato? Chi è morto?”. Si formarono file lunghissime, di asiatici e ispanici, indiani e latino americani per i quali una telefonata intercontinentale è una piccola felicità dal prezzo troppo alto.
A raccontare l’episodio è Peter Sellars. Sellars torna ogni anno a Los Angeles per trascorrervi molti mesi. La ama. La sua multiculturalità lo emoziona, soprattutto quando riesce l’esperimento – come nel caso delle cabine telefoniche – di mettere in contatto mondi che solitamente non si parlano. Perché il suo problema di regista-autore è proprio questo: “Non mi interessa l’arte per l’arte, quello che mi piace è mettere in comunicazione cose contraddittorie fra loro. Mi interessa, in uno spettacolo, mettere insieme punti di vista diversi e non quella attitudine fascista della televisione, di imporne uno solo”.

Peter Sellars, ospite fisso dei grandi teatri e festival lirici d’Europa, è molto amato o molto contestato perché nei suoi lavori c’è sempre un elemento di rottura, di provocazione che i detrattori considerano gratuita. In realtà, se non è l’unico, è uno dei pochi registi che cerca il nesso fra la musica lirica e il presente, rompendo i canoni di un teatro morto. La contraddizione è vitale. La tradizione può uccidere la verità dell’arte e della storia, che parla alle donne e agli uomini del loro presente.
Los Angeles è una rappresentazione piuttosto fedele delle tensioni del mondo globalizzato. È anche, si pensi alle correnti new age, un tentativo, talvolta goffo, di armonizzazione. E l’arte di Sellars è tensione e aspirazione all’armonia. Tensione di un individuo che cerca il contatto con altri individui. Tensione anarchica, che privilegia la comunicazione alla gerarchia. Tensione creativa perché nella commistione c’è il rischio di perdere i termini di una realtà che merita rispetto in tutti i suoi termini.

(in Catalogo Romaeuropa Festival 1999)

Cartellone 1999

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 SELLARS E IL TEATRO INDIA
di Mario Martone – Direttore Teatro di Roma

Da quando il Teatro di Roma ha acquistato lo spazio dell’ex Mira Lanza ribattezzato India, sto facendo diversi sopralluoghi con gli artisti che abbiamo invitato nella nostra stagione. Straordinario è stato quello con Peter Sellars. L’India è a tutt’oggi un cantiere, ma Peter ha saputo vederlo in tutte le sue potenzialità espressive, e sta modificando l’impianto del suo spettacolo per farne una versione “su misura”. Entrambi siamo quindi al lavoro su qualcosa che si sta muovendo, trasformando, e questo mi sembra il migliore dei modi per dare forma a un teatro vivo.
Siamo grati a Romaeuropa che ci ha presentato il progetto di Sellars, e attendiamo con grande interesse la produzione REF La casa di Bernarda Alba di Oehring e Schlömer che ospiteremo all’Argentina a novembre.
Spero sia l’inizio di un bel rapporto tra il Teatro di Roma e il Romaeuropa Festival.

(in Catalogo Romaeuropa Festival 1999)

Cartellone 1999

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 INTERVISTA A PETER SELLARS
a cura di Sandro Cappelletto

Lei ha chiesto alla poetessa chicana Gloria Alvarez di riscrivere, in spagnolo e inglese, il testo francese di Ramuz…
Mi sta dicendo che non avrei dovuto? Il mio soldato è nato in Salvador ed è di ritorno a casa dal Kosovo. Cioè sta nel mezzo: una condizione conosciuta per secoli in Messico, che è una terra di mezzo, come la mitica terra di Nepantla.

Prima la Carriera di un libertino ambientata in un ospedale psichiatrico, poi uno spettacolo costruito sui suoi brani sacri e raccontato anche attraverso parola, canto, danza. Adesso, questo Soldato. L’amore verso Stravinskij non è ancora finito?
Nella sua musica c’è un’incredibile energia, consentita anche da una cultura popolare che non ha mai trascurato come fonte di ispirazione. Come non ha mai dimenticato il problema di essere compreso dal pubblico. Ma l’aspetto che più amo del suo teatro é la dimensione democratica: anche questo allestimento è nato da una discussione radicalmente democratica tra tutte le sue componenti.

Lei ripete volentieri la parola “democrazia”.
Forse perché sento tutte le restrizioni imposte in questi anni agli artisti del mio Paese, gli Usa…

Eppure, questa produzione le è stata commissionata dall’orchestra Filarmonica di Los Angeles, dove ha debuttato lo scorso gennaio.
Io mi considero un artista impegnato, in ogni spettacolo che faccio. Non intendo accettare di rinchiudermi io stesso nella mia prigione mentale. Forse per questo a Hollywood non lavoro.

Nei modi, Stravinskij era piuttosto un aristocratico…
Ma scrivere un’opera come questa, per pochi interpreti e pochi musicisti, che si può eseguire all’angolo di una strada con due lire, è in netto contrasto con la stupidità e gli eccessi del capitalismo e della sua retorica applicata anche all’arte e al modo di rappresentarla.

La “democrazia” della messa in scena coinvolge lo spettatore?
Il cinema non è democratico: vedi un’inquadratura ed è solo quella. La tv non è democratica. Il teatro di Wagner non è democratico, perché nettamente prevalente è la scrittura musicale. Stravinskij considera tutte le componenti egualmente importanti e ognuna è libera di seguire la sua strada. Questo consente di moltiplicare i punti di vista, per chi crea lo spettacolo come per chi vi assiste. Mentre tu vedi qualcosa, io ne sento un’altra: poi, confrontiamo.

Perché ha scelto una poetessa chicana?
Gloria Alvarez è fedele allo spirito del testo e libera di invenzioni meravigliose. In un paese molto cattolico come il Messico, è nella lingua e nella tradizione teatrale chicana che si sono ricavati momenti di libertà rispetto alla morale ufficiale. Cultura popolare conosciuta e riscritta: un procedimento familiare anche a Stravinskij, coltissimo e capace di prendere in prestito dal jazz e dal tango.

Chi é, oggi, il Diavolo che tenta il soldato?
Fino a quando ci saranno soldati disperati, ci saranno diavoli.

(in Sandro Cappelletto, Sellars soldato democratico, La Stampa, 4 ottobre 1999)

Cartellone 1999

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 INTERVISTA A PETER SELLARS
a cura di Rodolgo Di Giammarco

Finora Sellars ha messo a segno un percorso di spettacoli “sociali” con chiavi di lettura su temi di razzisti, di violenza nelle città, di rapporto tra Nord e Sud del Mondo. Se è vero che deve la sua notorietà a regie di opere a base di cronaca, come Nixon in China e The Death of Klighoffer, va tenuto in debito conto il suo impegno radicale in ogni messinscena di teatro e di lirica.
Anche per questo in The Story of a Soldier ho voluto creare un organico con soggetti difficili e di varia estrazione – spiega – e le fondamenta dello spettacolo sono nate nel quartiere dei Latinos a Los Angeles, non coinvolgendo attori di mestiere per i ruoli del Narratore, del Soldato e del Diavolo, ma protagonisti a rischio. Dopo aver familiarizzato a lungo con loro, s’intende. D’altronde, la trasposizione mista dell’Histoire di Stravinskij l’ho affidata per il testo alla poetessa chicana, Alvarez.
A me interessa il teatro perché m’interessa la vita e conosco tanti bravissimi attori che non hanno niente da comunicare. Se è possibile do carta bianca a individui non importanti, ma vitali, gente su cui nessuno punterebbe un riflettore. Per fortuna non la penso solo io così; i confini tra l’artista e l’uomo vanno sparendo, e la vita sta invadendo l’arte. Il corpo è l’ultima cosa di valore che ci resta. Ecco perché The Story of a Soldier è per me un rito comunitario.

Eppure lei è anche apprezzato per mega-operazioni di rigoroso assemblaggio, e il titanico Nixon in China, adottato ora in cartellone a Londra dalla English National Opera non trova ospitalità da noi per le sue dimensioni. O non è così?
È una bizzarra vicenda, l’opera di Adams-Goodman, ormai è un classico, ma la musica eseguita a S. Cecilia è stata ritenuta troppo difficile per l’Italia. Io lavoro però su più formule.

Lei ha all’attivo la responsabilità del Los Angeles Festival. Che nesso c’è tra l’impegno in una metropoli multirazziale e la conduzione di un evento che esprimerà le tendenze artistiche del Sud del mondo?
A Los Angeles amavo allargare la discussione a tutti e 350 gli addetti del Festival, poi la sommossa e gli incendi mi indussero al tema Home, Peace and Memory, per capire quale casa ci fosse nella memoria dei cittadini immigrati. Adesso avrò a che fare con progetti della Nigeria, del Sud Africa, del Messico, del Brasile, del Cile, dell’Indonesia, dell’India. Credo che la cultura possa dare una mano alla democrazia di questi paesi nel momento in cui la democrazia è nei guai, e il fascismo a volte è attraente. Certe trasformazioni economiche e le notizie di studenti che prendono coscienza qua e là, fanno pronosticare che nel XXI secolo le nazioni del Sud potranno cominciare a contendere il primato a quelle del Nord. È importantissimo. La crescente presenza di africani in paesi occidentali è un fenomeno normale. Los Angeles, in questo senso, è una realtà avanzata.

Cosa risponde a chi le attribuisce doti trasgressive in arte?
Il teatro è provocazione, per natura. Ma, al tempo stesso, un lavoro è bello se dice tante cose per tante persone. Quando si ha a che fare coi grandi testi, non c’è da dissacrarli: io ci parlo, li tratto come persone. Con quest’opera di Stravinskij sono in intimità da quando avevo 17 anni. Ne ho fatte 4-5 edizioni, con risultati diversi. Stravinskij ammette la discussione, non è Wagner dove tutto è relazione servo-padrone. L’approccio attuale a più voci è suggerito dal peso che si dà alle frontiere, all’abolizione della lingua spagnola nella segnaletica stradale in California. L’identità è il problema di questo fine secolo, ed è il cuore de l’Histoire du soldat, un cuore semplice che i livelli hollywoodiani di Spielberg non permetterebbero.

(in Rodolfo Di Giammarco, I “latinos” di Sellars sbarcano in Europa, la Repubblica, 23 agosto 1999

Evento
Rassegna stampa

Sellars e il Teatro India
Cappelletto intervista Sellars
Di Giammarco intervista Sellars
Sellars su Story…
Bufalini su Story…

Cartellone 1999

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 THE STORY OF A SOLDIER
di Peter Sellars

Un Soldato ritorna dalla guerra per trovare il Diavolo che lo aspetta a casa. Nel 1917, fresco dei peggiori massacri della Prima Guerra Mondiale e del successo della rivoluzione bolscevica, Stravinskij comincia i suoi cinquant’anni di vita in esilio componendo una piccola opera teatrale con un gruppo di amici, un modesto spettacolo destinato ad essere rappresentato nelle strade sul retro di un carro; la sua dimensione, l’intelligenza e l’economia in netto contrasto con la stupidità e gli eccessi dell’alto capitalismo e della magniloquente retorica politica. La lotta a casa e fuori; esiliato dalla tua comunità ed esule da te stesso; violenza al confine, la violenza del confine. Il tuo paese non è la tua comunità, e la tua comunità non è più nel tuo paese. La classica condizione per definire il ventesimo secolo: in-tra, quello stato d’essere, conosciuto per secoli in Messico come la mitica terra di Nepantla. Come sempre con Stravinskij il lavoro prende la forma di una radicalmente democratica discussione tra musica, testo, teatro, arti visive e danza. La coreografia è di Donald Byrd, il nuovo testo è della poetessa chicana Gloria Alvarez, i dipinti sono di Gronk. Il luogo è l’East Los Angeles, ed il Soldato, che è nato in El Salvador, sta tornando a casa dal Kosovo.

(in Catalogo Romaeuropa Festival 1999)

Cartellone 1999

THE STORY OF A SOLDIER
Opera letta, recitata e danzata
EX Mira Lanza – India, 22, 23, 24 ottobre 1999 Rassegna stampa

“Tutta la vicenda è ambientata tra i latinos di Los Angeles e non ci sarebbe niente di strano dal momento che lo stesso Stravinskij aveva detto: “Incoraggio chi allestisce questo spettacolo a localizzarlo”. Ma il vero problema è che se Stravinskij aveva fatto a pezzi la tradizione, Sellars ha fatto a pezzi Stravinskij o, per meglio dire, ne ha conservato il titolo e qualche musichetta”.
(Franco Cordelli, Uno scivolone tra Kosovo e Los Angeles, Corriere della Sera, 23 ottobre 1999)

“Ed ecco allora che Sellars trasferisce il reduce in una Los Angeles dei giorni nostri, con il Diavolo che lo rende “schifosamente ricco” ma invisibile a quei cari di cui anelava il ricongiungimento. Il prosieguo della vicenda, rielaborata da Gloria Enedina Alvarez, si attesta sulla falsariga modernizzata dell’originale, per cui ad esempio la principessa sta morendo si, ma di inquinamento. […] Eccezionali gli interpreti, dalla appassionata narratrice Liza Colon-Zayas al virtuosistico Diavolo di Omar Gomez, alla sensualissima principessa danzante Tiana Alvarez, al soldato Alex Miramontes. Due i momenti memorabili della regia di Sellars:quando il Diavolo viene ucciso per overdose di Coca Cola, quando la principessa risanata, accasata e appagata, sforna una miriade di bambolotti”.
(Ivana Musiani, Una overdose di Coca Cola per uccidere il Diavolo, Il Tempo, 23 ottobre 1999)

“Avvincente e dirompente spettacolo di grande musica e di grande teatro, tra le mura del capannone “India”. Il grande della musica viene da Stravinskij, il grande del teatro chiama in causa Peter Sellars (cinema, teatro, melodramma), innamorato di Stravinskij , che ha tramutato in una ispano-americana Story of a soldier, l’antica Histoire du soldat (1918), ricavata dalla novellistica russa. Qui il soldato era reduce d’una guerra russo-turca, mentre adesso, il soldier è un marine americano, d’origine salvadoreña, reduce dal Kosovo, magicamente interpretato da Alex Miramontes. […] Il testo di Ramuz, utilizzato da Stravinskij viene qui totalmente rielaborato dalla chicana Gloria Enedina Alvarez in un ampio racconto […] indugiante sui problemi di immigrati ed emigrati in America, sulla sfida del “diavolo” e cioè del Potere che somministra sconfitte al soldato”.
(Erasmo Valente, Starvinskij “reduce” dal Kosovo, l’Unità, 24 ottobre 1999)

“Molto riadattato, in vero, poiché quando si è ammessi nello stanzone della rappresentazione principale (del reading con traduzione avremmo forse fatto volentieri a meno), ciò che è suggerito e poi scolpito col testo, è America, America di confine, sono insomma Americas: da un lato il Messico e, più latamente, tutto il sud a scendere sulla carta geografica; dall’altro l’impero del dollaro e del benessere. […] Sellars punta con decisione sulla “poetica” (chiamiamola così) del border, del confine, della pressione messicana verso gli USA, delle barriere alzate, dei latinos di Los Angeles. […] Le soldat del maestro russo era concepito come un’opera povera, con un’orchestra ridottissima (violino, fiati, percussioni, contrabbasso), con un semplice palco e una tenda. Ritroviamo tutto questo, tutto ciò che Stravinskij aveva registicamente progettato, in questo allestimento, con l’evidente “cross over” di un’americanità che non diviene antiamericanismo inacidito”.
(Francesco Bernardini, Un diavolo americano, La Voce Repubblicana, 23 ottobre 1999)

“L’operazione di Sellars funziona su tutti i fronti. L’allestimento scenico evoca la semplicità del teatro ambulante. I vivaci fondali di Gronk (artista graffitista di Los Angeles) sono spostati a vista e le varie scene sono scandite dal movimento di un semplice siparietto scorrevole. I tre attori, che recitano in inglese e in spagnolo con sottotitoli in italiano, sono bravissimi: Alex Miramontes (il soldato), Liza Colon-Zayas (il narratore) e Omar Gómez (il diavolo). Davvero magnifica la danzatrice Tiana Alvarez (la figlia del presidente messicano). E anche la miscela stilistica della partitura di Stravinskij si rivela in perfetta sintonia con il decorso drammaturgico voluto da Sellars. Impeccabile l’esecuzione da parte dell’Avanti! Chamber Orchestra, diretta da Grant Gershon, che ne ha restituito perfettamente tutta la spigolosità”.
(Luca Della Libera, Il “Soldato” di Sellars conquista l’India, Il Messaggero, 23 ottobre 1999)