Quello con la musica contemporanea è un appuntamento tradizionale all’interno del Romaeuropa Festival, con la consueta attenzione all’opera dei compositori residenti a Villa Medici (Benjamin de la Fuente, Ramón Lazkano, Frédéric Verrières), ma anche con una notevole apertura ad altri istituti di cultura della capitale, che partecipano attivamente a Musica XXI: l’Ambasciata e l’Accademia di Spagna e il Goethe Institut. “Teniamo, inoltre – spiega Jean-Luc Soulé, curatore della rassegna – a valorizzare la musica e il cinema con due opere, la prima delle quali è rappresentata dalla musica scritta da Alexandros Markéas, compositore ed ex borsista dell’Accademia, per il film di Robert Siodmak, e la seconda, scritta da Frédéric Verrières per il cortometraggio di Salvatore Lista. Un collegamento tra l’universo barocco e quello della musica contemporanea è stato realizzato grazie alla complicità del compositore Régis Campo, con il clavicembalista Olivier Baumont e lo scrittore Dominique Fernandez. Si valorizzano in tal modo gli strumenti (récital del violista Gérard Caussé e del violoncellista Xavier Phillips) e gli ensemble (Ensemble Fa, Trio Arbòs, Court Circuit, Itinéraire, Octuor de Violoncelles Conjunto Iberico). Grazie alla collaborazione con Nuova Consonanza, verrà realizzato un seminario, condotto dal compositore Pascal Dusapin e dagli interpreti Gérard Caussé e Quartetto Bernini, sulla composizione e la sua interpretazione con una formazione da camera. Alcuni compositori e interpreti come Michaël Lévinas, Elías Arizman, Pierre-André Valade effettueranno degli interventi esplicativi al fine di poter tracciare il percorso creativo che ha condotto alla realizzazione di un opera, di un concerto o di voci che un attore (Manuel Blanc) e una cantante (Isabelle Poulenard) presteranno all’apertura barocca inclusa in questo appuntamento musicale. Brevemente, un allegro miscuglio di generi che conduce prima di tutto alla scoperta, all’imprevisto e all’inedito messi al servizio del talento del creatore” (Jean-Luc Soulé, Catalogo Romaeuropa Festival 2001).
ENSCHEN AM SONNTAG DI ROBERT SIODMAK
di Stefano Finesi
Berlino, 1925: Grosz, Brecht, Schönberg, gli architetti del Novembergruppe, sono solo alcuni dei protagonisti di una stagione culturale irripetibile per la capitale tedesca, mentre le ferite della Grande Guerra sembrano cicatrizzare e le ombre del nazionalsocialismo sono ancora lontane. È in questa città in fermento, in cui i leggendari stabilimenti dell’UFA sono il faro del cinema europeo, che arrivano in cerca di fortuna due giovani ebrei originari di Dresda: Robert e Kurt Siodmak. Neanche cinquant’anni in due, hanno sbarcato il lunario fino a quel momento nei modi più disparati: il primo è stato attore, banchiere e venditore ambulante ed entrambi hanno tentato la strada del giornalismo con risultati alterni. A Berlino il cinema è un lavoro come un altro, forse meglio pagato e sicuramente ricchissimo di opportunità, ma è anche un mezzo espressivo che grazie al genio di Lang, Murnau, Pabst, ha raggiunto ormai piena maturità. I fratelli Siodmak hanno la fortuna di agganciare un lontano zio improvvisatosi produttore, Heinrich Nebenzahl, che sistema Robert come assistente alla regia negli studi della Nero Film, mentre Kurt tenta di vendere alcuni soggetti.
Se negli anni venti le grandi rivoluzioni culturali partono dai caffè, è in un caffè che nasce anche l’idea di Menschen am Sonntag (Uomini di domenica, 1930), il film destinato a diventare non solo il primo diretto da Robert Siodmak e un enorme successo di critica e di pubblico, ma un simbolo della felicità creativa di un’epoca e di una generazione di artisti che di lì a poco sarà condannata a perdersi per il mondo o, nel migliore dei casi, a ritrovarsi nella gabbia dorata di Hollywood.
Attorno al tavolo del caffè, oltre i due fratelli Siodmak, c’è un tale, Samuel Wilder Baldinger, sceneggiatore in erba che gli amici chiamano Billie, nome che lui stesso porterà con sé in America firmandosi Billy Wilder; c’è Friderich Zimmermann, un oscuro operatore che ventitré anni dopo, ribattezzatosi Fred Zinnemann, girerà Mezzogiorno di fuoco; c’è infine Edgar G. Ulmer, già assistente di registi del calibro di Mihaly Kertesz (il futuro Michael Curtiz di Casablanca) e F.W. Murnau, e destinato presto a diventare l’autore dei più inquieti film gotici hollywoodiani. I cinque discutono della necessità di girare un film che rompa gli schemi tradizionali e infranga le rigide regole produttive e commerciali vigenti all’UFA: detto fatto, con l’aiuto dell’amico Moritz Seeler fondano una piccola casa di produzione indipendente, che battezzano “Filmstudio 29”, e si mettono sulla traccia di un’idea che possa fare al caso loro. Kurt fornisce lo spunto con un suo reportage su come i berlinesi passano la domenica e tanto basta a Wilder per tirarne fuori una sceneggiatura ben congegnata. I soldi, ovviamente, scarseggiano, ma è ancora Kurt a risollevare la situazione fornendo un assegno guadagnato con la vendita di un racconto a una rivista.
Il film viene girato in un’atmosfera di piena libertà, che se non fosse per le date sembrerebbe venire diritta dalla Nouvelle Vague o dal Free Cinema inglese, così come potrebbe dirsi per la storia narrata, una storia di incontri casuali, di combinazioni inaspettate, di ironiche schermaglie amorose: cinque protagonisti, pescati quasi per caso nella folla berlinese e tutti di modesta estrazione (un tassista, un rappresentante, una commessa, una modella e una comparsa cinematografica), intrecciano le loro storie nell’arco di un week-end, per ritornare infine inghiottiti nell’anonimato metropolitano. All’attenzione psicologica riservata alle diverse situazioni e tipica di tutte le future regie di Siodmak, si mescola così il taglio fortemente documentario delle riprese cittadine en plein air, sulla scorta di una tradizione, quella delle “sinfonie” dedicate alle grandi città, che proprio nella Berlino di Walter Ruttmann ha il suo manifesto più compiuto.
Il successo straordinario del film apre al regista le porte dell’UFA, ma il nostro non potrà approfittare appieno dell’opportunità: nel 1933 l’avvento del nazismo produce conseguenze drastiche e quando egli si ritrova tagliato dai titoli di testa del suo Brennendes Geheimnis, poiché Goebbles ha messo al bando ogni nome ebreo, la strada per Parigi diventa una necessità di sopravvivenza. Siodmak è in buona compagnia: se Ulmer già da diversi anni si è trasferito oltreoceano (da dove a più riprese e palesemente a torto rivendicherà la paternità di Menschen am Sonntag), egli trova in Francia Wilder, Pabst, Peter Lorre, Fritz Lang (narra la leggenda fuggito con le pizze del Mabuse sotto il braccio) e Max Ophuls, reduce sfortunato dal grande successo di Liebelei. Con Lang, Siodmak dividerà la scelta in America del genere nero, di cui diventeranno entrambi maestri indiscussi districandosi tra le maglie dello studio system, con Ophuls quella del ritorno in Europa negli anni cinquanta. “Finora – ebbe a scrivere – il mio istinto non mi ha mai tradito. Ho lasciato la Germania il giorno prima che Hitler prendesse il potere. Il giorno prima che scoppiasse la guerra mi sono imbarcato dall’Europa per gli Stati Uniti. Un anno prima della TV ho lasciato l’America per l’Europa” (Why I Left America, “Journal of SPG”, marzo 1963, cit. in Elena Dagrada, Robert Siodmak, Ediz. La Nuova Italia, Firenze).
Anche l’Europa, però, non è quella di un tempo, né Siodmak sembra entusiasmarsi per le prove delle nuove onde che portano alla ribalta una giovane generazione di cineasti. Privato dalle dittature dei suoi migliori talenti e ancora dolorante per i postumi di una guerra che l’ha segnato in profondità, il vecchio continente probabilmente ha visto svuotarsi i suoi caffè di artisti convinti di poter cambiare il mondo. Un tempo, c’era chi avrebbe creduto di farcela, anche con un film, e forse, almeno in parte, c’è riuscito.
PROGRAMMA
Ensemble Ensemble Fa
Direzione Dominique My
Musica Gérard Grisey (Périodes), Lucia Ronchetti (Geograghisches Heft), Tristan Murail (Attracteurs Etranges), Salvatore Sciarrino (da un divertimento), Frédéric Martin (Tien K man)
Palazzo Farnese, 25 settembre 2001
Musica Régis Campo (L’Apothéose de Couperin), Isabelle Aboulker (Le grand siècle ou les grands airs), John Joubert (Tombeau), Eveline Andréani (Bunraku – In omaggio a Roland Barthes)
Testo Dominique Fernandez (L’Apothéose de Couperin)
Interpreti Isabelle Poulenard (soprano), Olivier Baumont (clavicembalo), Christine Plubeau (viola da gamba), Manuel Blanc (voce recitante)
Produzione Accademia di Francia a Roma, Festival Couperin en Concerts di Champs-sur-Marne, Festival di Perigord Noir, con il sostegno della Fondazione Marcelle et Robert de Lacour per la musica e la danza
Villa Medici, 27 settembre 2001
Musica Benjamin Britten, Henri Dutilleux, Alexandre Gasparon, Zoltán Kodály
Interpreti Xavier Phillips (violoncello)
Villa Medici, 28 settembre 2001
Musica Pascal Dusapin, Johann Sebastian Bach, Benjamin de la Fuente, Igor Stravinskij
Interpreti Gérard Caussé (viola)
Villa Medici, 1 ottobre 2001
Proiezione del cortometraggio Nyde – Incontro con gli autori
Regia Salvatore Lista
Musica (registrata) Frédéric Verrières
Proiezione della versione restaurata di Menschen am Sonntag
(Germania 1929, copia della Fondazione Cineteca Italiana)
Regia Robert Siodmak
Musica Alexandros Markéas
Ensemble Ensemble Court Circuit
Direzione Pierre André Valade
Produzione Auditorium del Louvre
Goethe Institut, 2 ottobre 2001
Musica Luciano Berio, Pascal Dusapin, Maurice Ohana, Alfred Schnittke
Ensemble Quartetto Bernini
Produzione concerto di chiusura del seminario di composizione di Pascal Dusapin organizzato dall’Accademia di Francia e Nuova Consonanza
Villa Medici, 5 ottobre 2001
Musica Pascal Dusapin, José Maria Sánchez, Luca Mosca, Jesús Torres, Ramón Lazkano
Ensemble Trio Arbòs
Produzione concerto di chiusura del seminario di composizione di Pascal Dusapin organizzato dall’Accademia di Francia e Nuova Consonanza
Accademia di Spagna, 6 ottobre 2001
Musica György Ligeti, Michaël Lévinas, Alain Bancquard, Mark André, Benjamin de la Fuente
Ensemble Ensemble Itinéraire
Direzione Michaël Lévinas
Villa Medici, 9 ottobre 2001
Musica Iannis Xenakis, Ramón Lazkano, Agustin Charles, Pilar Jurado, Franco Donatoni
Ensemble Ensemble Conjunto Ibérico
Direzione Elías Arizcuren
Accademia di Spagna, 10 ottobre 2001