Trilogia elaborata tra il 1995 e il 1999, Fra cervello e movimento è presentata in Italia, dal Romaeuropa Festival, per la prima volta nella sua completezza.
“Fondativa dello statuto del corpo e delle sue necessità”, la triplice coreografia rivela accanto ad un movimento del corpo come bastevole a se stesso, una danza autosufficiente ed autonoma che non si qualifica né come messaggio corporeo, né tanto meno come racconto attraverso il corpo.
Questa danza quindi che non è pura estetica, non è intrattenimento, non è armonia, scardina, articola, espande, blocca e provoca un movimento di discussione incessante, Fra cervello e movimento, appunto. La trilogia, che si compone di due assoli (Bianco e Rosso) e di un duetto (Extra Dry), è stata realizzata dal coreografo italiano Emio Greco con la complicità del regista e drammaturgo olandese Pieter C. Scholten, impegnati dal 1995 nella ricerca di una nuova forma di danza.
In una grande scatola che occupa il palcoscenico per la sua interezza – e che varia per le tre coreografie unicamente nel colore, da bianca a rossa a dorata – mente e corpo si relazionano in un continuo movimento, sperimentando nuove forme e nuove possibilità. E così mentre Bianco, per la prima volta nella versione integrale, presenta, in un aspetto “frontale, concettuale, espositivo”, sequenze di movimenti allo stato puro, slegati da tempo e spazio, in cui il corpo tenta di seguire, senza riuscirvi, gli impulsi della mente determinando un universo frammentario che dal classico si muove verso il contemporaneo; e Rosso rivolgendosi “verso l’interno”, con carattere più introspettivo, rivela mente e corpo in continua mutazione fra combattimento e gioco, sempre alla ricerca di nuove relazioni e nuove dimensioni di esistenza; il duo Extra Dry si muove verso l’utopia dell’unicità, con un corpo che si sdoppia e si ricongiunge, “un assolo per due”, dove mente e corpo sembrano finalmente all’unisono, anche se questa interezza è alla fine solo una aspirazione.
FUGHE DI CORPI CHE SI MOLTIPLICANO E SI SCOMPONGONO NELLA QUIETE DI UNA CITTÀ SCANDITA DALL’ACQUA
di Maria Pia D’Orazi
La ricerca s’è ammalata di languore. I migliori cervelli fuggono all’estero. E a quanto pare anche i corpi. Quello di Emio Greco, diminutivo di un Eupremio nato a Brindisi 39 anni fa, ha trovato mecenati in Olanda dove ha stabilito la sua casa, scatenato un dibattito sulla creazione della danza, la politica culturale e imposto all’attenzione l’originalità delle sue creazioni. Raccolti premi e consensi internazionali, da un paio d’anni suscita la patria curiosità. Bene, anche se ormai ha qualche problema con l’italiano.
Genitori contadini, passa l’infanzia nella masseria del nonno. A sei anni la vede buttar giù per far posto a una strada e impara subito ad essere ottimista: resta la terra e ci si può sempre ricostruire sopra. In famiglia non si parla d’arte, ma sono tutti appassionati di politica. Niente citazioni dal Capitale, solo un comunismo ideale fatto di uguaglianza e libertà. Quanto basta perché nessuno si opponga ai suoi desideri. Lui studia da geometra ma vuole diventare ballerino. Finisce in una scuola amatoriale locale e a 21 anni vola a Cannes per frequentare l’Accademia. Non ha mai visto uno spettacolo. Prende il diploma grazie a una borsa di studio e si mantiene con lavoretti serali: esibizioni sul palco di night e cabaret della Costa Azzurra vestito di paillettes e lustrini.
Emio si trasferisce a Amsterdam nella quiete di una città scandita dall’acqua. I primi impegni in compagnie d’altri, a trent’anni conosce il regista Pieter C. Scholten, figlio di un chimico cresciuto con l’amore per l’arte, a lungo indeciso se dedicarsi al teatro o indossare la calzamaglia. Cominciano a discutere sul senso del mestiere e sperimentano le loro idee provando per tutta un’estate letteralmente barricati nella sala di un piccolo teatro. Sabato 3 marzo 1996, a mezzanotte, scrivono l’ultima parola del Manifesto. Un elenco delle motivazioni artistiche di due persone che sono appena diventate una compagnia: sette come i peccati e le virtù, scritte in francese perché rendeva meglio l’idea della necessità. Il faut que je vous dise… Bisogna che vi dica… che il mio corpo è curioso di tutto e io sono il mio corpo, non più solo, capace di controllarlo e di giocarci, di sentirlo sfuggire, moltiplicato nella presenza d’altri; bisogna che vi dica che dovete voltare la testa perché viva i miei dubbi e che infine vi abbandono per lasciarvi la mia statua.
Sul ring
Nasce l’idea di un corpo visionario che rifiuta l’atletismo dei muscoli e indaga il rapporto fra cervello e movimento sperimentando il confine fra disciplina della tecnica e furore del desiderio.
La scena si denuda e sceglie l’essenzialità del colore. Il costume è sempre la stessa tunica corta di stoffa leggera: lana, seta, cotone che s’appiccica alla figura e ne assorbe il sudore fino a trasformarla in un’impronta. La stessa traccia che resta impressa nella memoria. Emio mostra la sua lotta per ritrovare l’impulso che genera il gesto, scompone arti, tronco e testa come se ognuno potesse andarsene per la sua strada fino a oltrepassare l’umano nella metamorfosi animale: è un gallo, un uccello, un pulcino. S’abbandona alla musica oppure si ferma per chiedere al pubblico di guardare altrove, leggere il programma di sala o magari rimorchiare il vicino chiedendogli il numero di telefono. Cinque minuti di silenzio per riordinare le idee, quando si confondono o cedono all’emozione di fronte a un incontro imprevisto coi propri fantasmi là sul palcoscenico. Quando danza si sente come un pugile sul ring. A volte usa proiezioni video e luci stroboscopiche, a patto però che la tecnologia non diventi troppo invadente. Di norma gira in bicicletta, non usa né computer, né cellulare. Ama i film di Kubrick, Lynch, Gus van Sant, Godard e riesce a sognare leggendo libri di astrofisica.
Per lui la danza è l’energia del grido primigenio imbrigliato dalla matematica.
(in “Il Foglio”, 30 ottobre 2004)
Rassegna stampa
“Emio Greco, il coreografo performer italiano più noto nel “modern” europeo, sente di dover dilatare il suo spettro di esperienze dopo quasi dieci anni di lavoro in Olanda insieme con il regista Peter C. Scholten; vuole confessare le sue paure e esorcizzare i suoi sogni, fuggire l’angoscia esponendo la sua filosofia fra anarchia e alienazione con una fisicità sovente irresistibile. Così al teatro Valle per il Romaeuropa Festival, l’artista pugliese offre una sua intensa Trilogia, Fra cervello e movimento, sul rapporto fra mente e corpo, sulle fratture fra azione e pensiero, sulla possibilità di ricomporre per vie di logica gli strappi dell’irrazionale. […] Se il corpo se ne va per conto suo, come dice Greco, non produrrà disastri; evade nella follia come nella natura, è prigioniero in camicia di forza e libero uccello, soffre si sfibra e si riscatta. Penetra nel ricordo, e diventa nella derisione aliena della danza classica un protagonista della pura follia come fu Vaslav Nijinskij, torna nei meandri di una nevrosi fatta di gesti segmentati parole sussurrate, musiche ora appena accennate ora fragorosamente eversive”.
(Mario Pasi, Danza come nevrosi nell’eco di Nijinskij, Il Corriere della sera, 29 ottobre 2004)
“Emio Greco colpisce prima di tutto come performer. Si alza il sipario e lui, solo in scena, afferra l’attenzione dello spettatore e non lo molla più per tutta l’ora abbondante dello spettacolo. Il suo è un corpo “visionario” (come egli stesso spiega) che riflette impulsi ed emozioni. In Rosso, andato in scena al Valle per il Romaeuropa Festival, è un corpo scolpito dalla luce che scende dall’alto imprigionato da una sottile tunica bianca. Lui steso a terra, supino, appoggiato sui gomiti, imprime rapidissimi e nervosi movimenti al capo rivolto al pubblico. Sembra un animale in allarme, che si guarda intorno in cerca del nemico di cui ha annusato l’odore. Poi si alza e i movimenti si fanno più ampi. Ora veloci. Ora lenti. Pone in essere una complessa strategia gestuale. Non narrativa, ma misteriosa, fortemente evocativa”.
(Sergio Trombetta, Emio Greco e la danza del corpo visionario, La Stampa, 2 novembre 2004)
“Si chiama “Emio Greco_PC” e sta ad indicare il sodalizio artistico di Eupremio Greco (dance maker brindisino, classe 1965) e Pieter Scholten (theater maker olandese). Il primo più esposto, anche perché interprete delle coreografie del gruppo, il secondo più schivo, celato dietro le sole iniziali del proprio nome, Greco e Scholten firmano così da dieci anni tutte le loro produzioni delle quali sono in egual misura responsabili, nonostante qualche critico, parafrasando il titolo della loro trilogia Fra cervello e movimento, voglia vedere in Pieter la “mente” e in Emio “il corpo” dei loro lavori. […] La trilogia, che sarà presentata al Valle nell’ambito di Romaeuropa Festival indaga il rapporto tra il controllo assoluto della mente, che pretende di assoggettare il corpo alla volontà del danzatore, e la resistenza che il corpo oppone a quegli imperativi per seguire i propri desideri e la propria follia. In questo scarto di tempo e spazio nasce una danza vibrante, insieme minimalista ed estrema come suggerisce il termine extremalism che i due artisti hanno adottato per definire il proprio lavoro: una danza dice Emio Greco – “capace di essere essenziale, consentendo a se stessa anche la possibilità di raggiungere il sublime”[…]”.
(Ada D’Adamo, Il Bianco e il Rosso, l’extremalism di Greco e Scholten, Diario, 23 ottobre 2004)
Crediti
BIANCO
Danzatore Emio Greco
Teatro Valle, 27, 28 ottobre
ROSSO
Danzatore Emio Greco
Teatro Valle, 30, 31 ottobre
EXTRA DRY
Danzatore Emio Greco, Barbara Meneses Gutiérrez
Teatro Valle, 2, 3 novembre
Costumi Clifford Portier
Progetto realizzato con il contributo del Netherlands Culture Fund, il programma dei ministeri olandesi degli Affari Esteri e dell’Educazione, della Cultura e della Scienza per rafforzare le relazioni internazionali del Regno dei Paesi Bassi in occasione del Semestre di Presidenza Olandese dell’Unione Europea
Con il sostegno di Theater Instituut Nederland e Ambasciata del Regno dei Paesi Bassi a Roma
Coordinamento organizzativo Van Baasbank & Baggermaan