Luciano Berio, Franco Donatoni, Girolamo Frescobaldi, Michelangelo Rossi, Luca Francesconi, e poi la techno con il pianoforte che dialoga con i suoni generati dal computer: è un programma avventuroso quello che Francesco Tristano Schlimé presenta al teatro Palladium affiancando l’universo edonistico e ipnotico della dance con alcune preziose partiture dalla vena sperimentale e dalla costruzione squisitamente intellettuale.
Sono musiche considerate lontane, perfino antitetiche, formano un abbinamento a cui molti darebbero l’etichetta di eretico, e invece testimonia il collegamento sempre più evidente tra la nuova elettronica popolare e i grandi compositori del Novecento e della tradizione. È il suono, la particolare ricerca sugli armonici, il rumore come elemento della musica a spingere vj, dj e musicisti del lap top – i potenti portatili usati per creare e eseguire musica dal vivo – verso Karlheinz Stockhausen, György Ligeti, Iannis Xenakis arrivando fino a Berio, non a caso tra i fondatori negli anni Cinquanta dello Studio di Fonologia della RAI a Milano, avanguardistica roccaforte italiana della sperimentazione elettronica.
Tuttavia il percorso di Schlimé appare più complesso: nato a Lussemburgo, oltre che nella sua città ha studiato presso i Conservatori di Bruxelles, Riga e Parigi, per diplomarsi in uno dei più prestigiosi istituti statunitensi, la Juilliard School. È dunque un giovane pianista concertista di formazione colta a focalizzare il collegamento con la techno quando nel 2006 pubblica Not for piano, l’album in cui rivisita i successi dell’elettronica popolare in chiave pianistica. Uscito appena un anno dopo l’integrale per la musica per pianoforte solo di Berio, Not for piano suscita una vasta eco internazionale, soprattutto negli ambienti techno e house, procurando così a Schlimé le collaborazioni con Murcof, che lo invita a suonare con lui al Sonar Sound del 2007, mentre Carl Craig gli affida il ruolo di pianista della Innerzone Orchestra. Ma i due aspetti della sua personalità restano per lo più separati, anche se sotterraneamente comunicanti, poiché le sue esibizioni danno conto ora di uno ora dell’altro dei suoi interessi musicali.
In questo appuntamento invece i poli si avvicinano fino a toccarsi: solo pianoforte nella prima parte, con le esplorazioni sulla tastiera di Berio e Donatoni, e poi brani di Frescobaldi e del suo allievo Rossi con la pregevole Toccata VII: una esuberanza barocca che si rispecchia nel brio di Mambo di Francesconi. Nella seconda parte invece una serie di brani di Derrick May dello stesso Tristano, dove al pianoforte si uniranno i suoni di sintesi, aprirà l’orizzonte verso i panorami ancora in movimento della techno, in modo che il pubblico abbia modo di percepire in maniera suggestiva i legami che sonori che uniscono la musica colta alla nuova elettronica.