Eros e Thanatos, le pulsioni di vita e morte che regnano sull’agire degli esseri umani, abitano lo spettacolo inaugurale del Festival Romaeuropa: “Obsession” un duo di assoluta bellezza coreografica creato da Saburo Teshigawara, uno dei maestri internazionali della danza contemporanea. Per questo lavoro il coreografo e danzatore giapponese ha voluto ispirarsi liberamente al cortometraggio del 1929 “Un chien andalou” di Luis Buñuel, scritto dallo stesso regista con Salvador Dalí: protagonista è la pulsione erotica che come una scarica elettrica attraversa la donna e l’uomo. Considerata uno dei risultati più importanti del cinema surrealista, la pellicola è all’apparenza un susseguirsi di scene sconnesse, ma in realtà tra loro incatenate da una grammatica inconscia e profonda. Nulla di più appropriato come punto di partenza per il lavoro del coreografo giapponese: l’universo surrealista di Buñuel e Dalí, con il suono della macchina da proiezione e il tango della colonna sonora di “Un chien…”, è così il punto di partenza per una danza di rigore e nitidezza prodigiosi che riplasma fluidamente i corpi. Interpretato dallo stesso Teshigawara e dalla affascinate Rihoko Sato, danzatrice che da anni collabora con lui, in “Obsession” i conflitti interiori e la fisicità, il desiderio, l’attrazione si fanno fluidi acquistando spinta e forza drammatica in una serie di incontri impossibili e mancati. Dopo studi di danza classica e arti visive, dalla metà degli anni Ottanta Teshigawara ha sviluppato con i suoi lavori un linguaggio che ha orientato in maniera nuova la danza contemporanea e il teatro ben oltre il suo paese, il Giappone. Con la sua compagnia, Karas (Corvo) all’originalità del movimento e del suo lavoro sul corpo, usato come materiale plastico e mutevole, ha abbinato costumi e ambientazioni di grande originalità, disegnate da lui stesso. La creazione di spazi scenici di segno forte e inconfondibile ha portato risultati che trascendono il normale spettacolo di danza, aprendosi a una dimensione di installazioni coreografiche dal profondo respiro compositivo, dove ideogrammi corporei si identificano con una sensibilità scultorea contemporanea.