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Accademia Spagnola di Belle Arti
dal 30 Giugno al 3 Luglio 1992
25romaeuropa.net

Il Libro in voce: Octavio paz. l’esperienza poetica


Nell’ambito della rassegna di reading Il libro in voce, si sono avute quattro serate interamente dedicate alla figura dello scrittore messicano, premio nobel, Octavio Paz. L’Accademia Spagnola, presso Villa Abamelec, ha aperto le porte al pubblico divenendo luogo deputato per le “mise en espace” letterarie, ad opera del regista Piero Maccarinelli.
Le quattro letture, in italiano e spagnolo, sono state elaborate dal poeta francese Jean Clarence Lambert ed hanno avuto come “lettori” protagonisti Pamela Villoresi, Anna Nogara, Roberto Herlitzka e lo stesso Paz.
La selezione dei testi ha inteso affrontare alcuni dei temi cari allo scrittore, quali il linguaggio ed il ritmo del testo poetico, il rapporto con la cultura indiana e la riflessione sulla funzione del poeta. Del resto, l’esperienza poetica di Paz affonda le sue radici in un fitto intrecciarsi di diversi tessuti culturali che egli ha saputo, creativamente, rielaborare in una concezione della pagina come spazio e corpo, come luogo aperto capace di accogliere metafora e pensiero, sensualità ed emozione, nonché ininterrotto discorso sulla poesia: il suo linguaggio, tendendo al superamento dell’Io occidentale, cerca di riconquistare il carattere sacro di una scrittura continuamente sottratta al silenzio, perché “il falso poeta parla di se stesso, quasi sempre in nome degli altri. Il vero parla con gli altri quando parla con se stesso”.

LIBERTÀ SULLA PAROLA. OCTAVIO PAZ, POETA DELLA POESIA
Interprete Roberto Herlitzka

IL LABIRINTO DELLA SOLITUDINE. OCTAVIO PAZ, MITO E REALTÀ DEL MESSICO
Interprete Anna Nogara

VERSANTE EST. OCTAVIO PAZ E L’INDIA
Interprete Pamela Villoresi
Solista Luciano Vavolo (flauto)

LA STAGIONE VIOLENTA. OCTAVIO PAZ E IL MONDO MODERNO
Con la partecipazione straordinaria di Octavio Paz

A cura di Jean Clarence Lambert
Messa in voce Piero Maccarinelli

 

IL LIMBO DI OCTAVIO PAZ
di Franco Marcoaldi

[…] Come noto, dopo una lunga militanza nelle file della sinistra radicale, da tempo Paz ha abbandonato quella parte politica. I suoi attacchi contro il castrismo e gli equivoci dell’antimperialismo sono diventati violentissimi. “L’avversione per gli Stati Uniti, giustificabilissima vista la loro politica imperialista, ha unito i conservatori di ieri e radicali di oggi, uniti da una disposizione autoritaria e antidemocratica. Nella classe media messicana, vivaio dei nostri governanti, è normale mescolare i sentimenti conservatori del XIX secolo con la diffusa ideologia antimperialista del XX secolo. Ma il crollo del muro di Berlino ha cambiato anche lo scenario americano, accentuato dalla grave crisi degli Stati Uniti. La geografia è madre della storia e ora, alterati gli equilibri successivi alla seconda guerra mondiale, si sta tornando alle origini. I rivolgimenti europei e il contemporaneo rafforzarsi di nuovi centri di potere (il Giappone, la Germania e la Conca del Pacifico) finirà per costringere gli USA a rivolgersi nuovamente verso il continente americano. È un’occasione da non perdere. E il primo passo dovrebbe essere un trattato di commercio con Canada e Messico. Senza illusioni; ma sapendo che agli Stati Uniti conviene una maggiore presenza nel continente, e a noi costringere il soggetto più potente a regole che limitino la sua volontà e la rendano meno arbitraria”. […] Paz, ritiene che in particolare il buddismo rappresenti la via più sana e salutare offerta all’uomo per avversare i massimi pericoli: monoteismo e ateismo. Resta da capire come possa appropriarsene l’individuo occidentale. “Non penso ovviamente ad una scimmiottatura di quel pensiero. Sostengo, più semplicemente, che i frutti più alti della filosofia europea del secolo XIX, sono venuti da quell’albero: pensi a Schopenhauer, Nietzsche. Il pensiero orientale non ha subito il nostro stesso orrore dell’altro, di ciò che è e non è allo stesso tempo, situazione per noi inammissibile. Noi diciamo “questo o quello”; loro “questo e quello”, o addirittura “questo è quello”. E ancora, centrale nel pensiero orientale è la critica alla nozione lineare e progressiva del tempo, che al contrario è stato il motore spirituale dell’Occidente. L’ultimo risultato di questo nostro culto del tempo è stato la filosofia della storia, sia sotto la forma rivoluzionaria, che sotto quella evolutiva, del progresso. Entrambe, mi pare, in crisi irreversibile. In una parola, dal buddismo dovremmo riprendere la figura dell’eterno ritorno nicciana lasciando cadere invece la volontà di potenza, in cui esiti catastrofici sono sotto i nostri occhi”. […] Signor Paz, non abbiamo parlato della cosa più importante di tutte, la poesia. Lei disse una volta che non cambia il mondo, e neppure lo rispecchia. Ne rivela invece, il suo tratto occulto. Qual è quel tratto, oggi? “L’individuale, il particolare, il sensoriale. Il mondo del corpo, ridotto oggi a qualcosa da sollecitare (come meccanica del piacere) o da spiegare (la psicoanalisi); la morte, intesa non come idea filosofica, ma come esperienza concreta; e l’amore, che continua a sfuggire alle pseudo giustificazioni scientifiche e morali. La poesia può aiutare a riscoprire l’altro linguaggio, quello sepolto da una ragione tutta e solo utilitaria. La poesia è un istante nel quale siamo ciò che fummo e ciò che saremo. In questo istante siamo vita e morte, questo e quello. Perciò la poesia dice sull’uomo quanto nessun’altra forma espressiva. Chi più profondamente di Baudelaire ci ha parlato della modernità? Ma la sua città non era come la nostra: era ancora la città del gas e del cristianesimo crepuscolare che sembrava scomparire. Così, poi, sono venuti Eliot, con la sua Terra desolata, e Montale che ha descritto la figura del nuovo uomo solitario. Quell’uomo che non è più l’angelo caduto di Baudelaire, e non è neppure un diavolo maledetto. Non è nulla, è una persona tra tante”.

 

PAZ SU PAZ
di Octavio Paz

“Il testo poetico è inspiegabile, non inintelligibile. Una poesia è linguaggio ritmico, non linguaggio ritmato (canto) né mero ritmo verbale (proprietà generale della lingua, senza escludere la prosa). Ritmo è relazione di alterità e somiglianza. Questo suono non è quello, questo suono è come quello. Il ritmo è la metafora originale che contiene tutte le altre. Dice: la successione è ripetizione, il tempo è nontempo. Le parole entrano dall’orecchio, appaiono davanti agli occhi, spariscono nella contemplazione. Ogni lettura di una poesia tende a provocare il silenzio”.

“Leggendo, ascoltando una poesia, non sentiamo, non assaporiamo né tocchiamo le parole. Tutte queste sensazioni sono immagini mentali. Per sentire un testo poetico occorre capirlo; per capirlo, ascoltarlo vederlo contemplarlo: convertirlo in eco ombra nulla. La comprensione è un esercizio spirituale. Ogni lettore è un altro poeta; ogni testo poetico, un altro testo. In mutamento perenne, la poesia non avanza”.

“La poesia di una sola sillaba non è meno complessa della Divina Commedia o del Paradiso perduto. Il Sutra Satasahasrika espone la dottrina in centomila strofe, il Sutra Eksaksari in una sillaba: a. Il suono di quella vocale concentra in se tutto il linguaggio, tutte le significazioni e, simultaneamente, l’assenza finale di significazione del linguaggio e del mondo”.

“La morale dello scrittore non è nei suoi temi, nelle sue intenzioni, ma nella sua condotta davanti al linguaggio. In poesia la tecnica si chiama morale: non manipolazione, ma passione e ascetismo. Il falso poeta parla di se stesso, quasi sempre in nome degli altri. Il vero parla con gli altri quando parla con se stesso”.