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Palazzo Farnese
17 luglio 1990
25romaeuropa.net

Aurél Stroe

Le Eumenidi o la città aperta


Le Eumenidi è il terzo capitolo dell’Orestea di Eschilo, unica trilogia della tragedia classica giunta fino a noi: nell’episodio conclusivo Oreste, che ha ucciso la madre Clitennestra per vendicare l’omicidio del padre Agamennone, viene infine giudicato dal tribunale ateniese, uscendone assolto proprio grazie al voto decisivo della dea Atena. Il compositore romeno Aurél Stroe ha musicato alcuni frammenti del testo originario, mantenendo il greco antico e creando una partitura di grande originalità, affidata a tre voci e ad un solo strumento, il sassofono. Daniel Kientzy, infatti, grazie ad un impressionante virtuosismo tecnico, si divide tra ben sei sax, dalle note acute del soprano alle lugubri intonazioni del basso, offrendo un impasto sonoro che rende alla perfezione il carattere rituale dello spettacolo. Il coro delle Furie vendicatrici, che perseguitano Oreste dopo l’assassinio della madre e che si trasformano infine in numi benevoli (le “eumenidi” del titolo), è affidato al complesso vocale Timisoara, diretto da Remus Georgescu e dotato, non senza una certa ironia del compositore, di maracas con cui accompagnare il proprio canto.

Rassegna stampa

“Testo stupendo, da 2500 anni invita lo spettatore e il lettore a riflettere sulle origini della convivenza civile. Aurél Stroe, musicista rumeno, ha estratto alcuni frammenti di quel testo e li ha intonati, così come sono stati scritti, in greco antico. L’impatto è seducente: quella splendida lingua ci parla ancora come fosse la nostra, attualissima. La complessa struttura musicale e metrica del greco è sottoposta da Stroe a una sorta di estraniamento che affonda i suoi modelli in diverse culture musicali, ma l’effetto sull’ascoltatore, immediato, richiama semmai Le nozze di Stravinskij. Incredibile però la ricchezza di formule d’intonazione, e la varietà dei ritmi, ossessivi, ma mai ripetitivi. Un solo strumento, eco quasi dell’antico aulòs, costituisce tutta l’orchestra: ed è il sassofono, usato quasi in tutta la gamma della sua famiglia, dal contrabbasso al sopranino.
L’acustica del bellissimo cortile di Palazzo Farnese è perfetta e la bellezza del luogo, la chiarezza dell’ascolto, aggiungono fascino alla rievocazione dell’antico mito nell’antica lingua. Piuttosto scarso il pubblico: peccato. La calura estiva avrà disperso gli ultimi fedeli di un mondo oggi passato di moda, la Grecia classica. Eppure resta a tutt’oggi il più bel sogno mai sognato dall’umanità. Assai bello che a risvegliare a Roma, l’erede antica del sogno, il sogno perduto, fossero l’isola romana tra gli slavi, e cioè la Romania, e l’erede moderna della Grecia, e cioè la Francia”.
(Dino Villatico, Antichi strumenti per le “Eumenidi”, la Repubblica, 19 luglio 1990)

“La preziosa musica di Stroe poggia sull’estrosa commistione – con lusinghieri esiti d’originale fusione – di vari stili di varie epoche: dalla Sicilia – leggiamo sulle prefate note – all’Afghanistan, dalla Persia ad altre regioni: magari vie più remote. Miscellanea di melodie e di ritmi folklorici (“folklore assurdo” specifica l’autore), in un’aura densa di incantagioni e misteriosità. Ché ti pare di volta in volta affiorare da quelle note un’arcaica spiritualità liturgico sacrale, un astratto tetracordo greco, un imparadisato frammento di canto gregoriano, o, d’un tratto, un inatteso e sensuoso inserto jazzistico, un barbaglio di musica sperimentale… Si sa, allo stile non è negato a priori di nascere da contraddizioni apparenti, ma sempre risulta esso unitario, se trasceso in vibrazione d’arte”.
(Enrico Cavallotti, Eumenidi con un po’ d’ironia, Il Tempo, 19 luglio 1990)

“Ora le voci ritmate delle Erinni, il tenore salmodiante, in controtenore petulante, il drammatico mezzosoprano, non erano riusciti a impressionare essendo alquanto ripetitivi. Però la presunta “Orestiade”, le Eumenidi di una Grecia tinta di Timisoara, hanno lasciato traccia graffiante di sé quando l’uomo-sax ha imboccato, insieme, i due sassofoni, soffiando da risorto Dio Pan nell’uno e nell’altro strumento, nel sax sopranino, nel sax tenore trionfanti, dissonanti, luccicanti, come risorti trofei dell’antichità”.
(Mya Tannenbaum, Il suono del tempo, Corriere della Sera, 19 luglio 1990)

Crediti

Musica Aurél Stroe
Ensemble Timisoara
Direzione musicale Remus Georgescu
Solisti Steliana Calos (mezzosoprano), Graham Pushee (controtenore), Vladimir Develesu (tenore), Daniel Kientzy (sassofoni)