Come per la maggior parte di quelle forme espressive dotate di profonde radici popolari e di una storia che si allontana nel tempo, nonché di un indiscutibile ed intramontabile fascino, anche per il tango è difficile individuare con precisione le origini come le influenze esercitate: questo genere di musica nasce nei pressi del porto di Buenos Aires, in quei bar malfamati frequentati da marinai, prostitute e dai molti emigrati, e di queste vite esso traduce in musica e in ballo la nostalgia di casa, il dolore e la disperazione, ma anche la passione e la speranza di una vita migliore. Introdotto in Europa alla fine dell’Ottocento e portato al massimo splendore nel 1920, periodo dei grandi “poeti”,
“Il tango parla di un uomo e una donna, ma è il simbolo dell’incontro con l’altro. […] Il vero tango cammina per altri posti, posti nei quali la gente non sta come una pianta, ad ascoltare quello che si manda alla radio. Il tango è nato ai margini della società, il tango è marginalità, è il meglio della marginalità”, come dice una delle sue voci più autentiche, Adriana Varela. E proprio a questa marginalità colorata ed animata, il Romaeuropa Festival dedica un ampio omaggio che in tre serate prova a tracciarne un profilo attraverso l’opera di artisti in bilico tra tradizione e innovazione, come accade sempre quando una tradizione è vita. Accanto quindi all’esibizione della compagnia di danza La Estrella – che accompagna tutte le serate -, sfilano artisti storici come i chitarristi Juanjo Domínguez e Esteban Morgado (presente con il suo quartetto e con il progetto Patio de Tango), i maestri del bandoneon Julio Pane, Camillo Ferrero e Jorge Spessot (questi ultimi della formazione El Arranque), nonché la cantante Adriana Varela, una delle voci più significative, toccanti ed impegnate, indimenticabile protagonista della scrittua di Manuel Vázquez Montalbán.
Tra gli eventi in cartellone, anche il Porto Alegre canta Tangos, progetto già tradotto in disco e realizzato da musicisti brasiliani appassionati di tango e desiderosi di stabilire un gemellaggio culturale tra Porto Alegre e Buenos Aires. E proprio alla città argentina sono infine dedicati un incontro alla Casa delle Letterature ed un ciclo di pellicole che, a completamento del programma delle tre giornate, include film quali Los libros y la noche, Pizza Birra Faso e il pluripremiato Garage Olimpo di Marco Bechis.
BORGESTANDO (COSÌ TITOLEREBBE PIAZZOLA)
di Paolo Collo
Buenos Aires, cuando lejos me vi
sólo hallaba consuelo
en las notas de un tango dulzón
que lloraba el bandoneón.
Buenos Aires, suspirando por tí
bajo el sol de otro cielo,
¡cuánto lloró mi corazón
escuchando tu nostálgica canción!
“Vicente Rossi, Carlos Vega e Carlos Muzzio Sáenz Pena, studiosi attenti, hanno dato versioni diverse sull’origine del tango. Non mi costa nulla dichiarare che sottoscrivo tutte le loro conclusioni, nonché qualsiasi altra. Abbiamo una storia del destino del tango che il cinematografo divulga periodicamente; secondo questa, versione sentimentale il tango sarebbe nato nelle periferie malfamate (in particolare alla Boca del Riachuelo, per i meriti fotografici del posto); la buona società lo avrebbe inizialmente ignorato e solo dopo, verso il 1910, si sarebbe arresa a quell’interessante prodotto suburbano, indottrinata dal buon esempio di Parigi, Questo Bildungsroman, questo “romanzo di un giovane povero”, è ormai diventato una verità indiscussa, assiomatica”.
È con queste taglienti parole che Jorge Luis Borges apre, nel 1955, l’undicesimo capitolo, dal titolo “Storia del tango” del suo Evaristo Carriego – il libro più argentino di Borges e tra i suoi più curiosi, pastiche di biografia e di saggio, di narrazione e di ritorno alle proprie radici. Perché proprio in queste sue radici coesistevano quel mondo reale e quel mondo fantastico che senza soluzione di continuità permeano la sua stupefacente produzione letteraria: Buenos Aires misteriosa e magica capitale, “patria” degli argentini più dell’Argentina stessa; la Buenos Aires dei cieli blu spazzati dalle nuvole e quella dei sordidi sobborghi maleodoranti; la Buenos Aires dei quartieri malfamati, dei guappi, degli immigrati, dei cornuti, del gioco del truco, dei magnaccia, dei coltelli, delle puttane innamorate e, naturalmente, del tango (“Prima era un’orgiastica diavoleria, oggi è un modo di camminare”)…
Ma forse in pochi sanno che il Grande Cieco, lo studioso della Divina Commedia, delle Mille e una notte, della letteratura tedesca medievale, l’inventore delle diaboliche architetture matematiche della Biblioteca de Babel, il compilatore della più importante Antologia della letteratura fantastica, l’ “artefice” di alcune delle più belle poesie del Novecento… fosse poi anche l’autore di testi di milonghe e di tanghi che verranno messi in musica dal più rivoluzionario degli esecutori, Astor Piazzolla: Alguien le dice al tango, Milonga de Jacinto Chiclana, El títere, Milonga de don Nicanor Paredes, Milonga de dos hermanos, Buenos Aires, Un cuchillo en el Norte, ¿Dónde se habràn ido?, Milonga de los morenos, Milonga para los orientales, Los compadritos muertos, Milonga de Albornoz, Milonga de Calandria, Milonga de Manuel Flores (pubblicati in una plaquette dal titolo Para las seis cuerdas).
Sì, perché anche questo è il fenomeno-Argentina. Incrocio di culture e di idee, dove i grandi scrittori non disdegnano di inoltrarsi per strade che i loro colleghi intellettuali europei avrebbero sempre guardato con sufficienza, se non con disgusto: Julio Cortázar che scrive anche di pugilato e di jazz; Osvaldo Soriano che si occupa anche di calcio; Borges, e le sue milongas…
II tango è corpo, è amore, sudore, fumo, sesso, pianto, odio, tenerezza, oscurità, passione. Il tango è una musica strana, unica, nata dal meticciato di ritmi locali con altri importati, dall’incontro di razze diverse (italiani, creoli, spagnoli, ecc.), che porta dentro di sé calore latino e languori dell’immigrato, strumenti di origine europea – come il bandoneón: tristezza pura espressa in suono – e refoli jazzistici. E che è riuscito ad accogliere sotto le proprie ali mondi e tradizioni differenti: Enrique Santos Discépolo, Carlos Gardel, Gato Barbieri, Astor Piazzolla, Paolo Conte… Borges.
E ancora Borges, per iniziare e per concludere: “Si direbbe che senza i crepuscoli e le notti di Buenos Aires non possa nascere un tango, e che in cielo ci attende, noi argentini, l’idea platonica del tango, la sua forma universale… e che questa specie fortunata abbia, per quanto umile, il suo posto nell’universo”.
TANGO, PASSIONE DI TUTTA LA VITA
Intervista a Adriana Varela
di Laura Putti
“Il “polacco” (Roberto Goyeneche, ndr) mi diceva: se i cretini ti dicono di cantare alto e con voce sottile, non dare retta”, dice Adriana Varela , “Tu vai sui gravi perché vai benissimo. È la voce di una femmina, la tua, non di una donna. La donna è innocua”.
Come l’ha catturata, il tango?
Suonavo da sempre, la chitarra da sola, per rilassarmi. Per anni ho vissuto negli alberghi, ero sposata a un tennista e la musica mi distraeva da quel circo. Quando mi sono separata ho iniziato a cantare nei bar. Ma per poco. Poi ho incontrato Goyeneche. Fino a quel momento il tango non mi attirava. La televisione ne rimandava una immagine decadente luccicante odorosa di naftalina: il cattivo gusto del nuovo ricco. Ma io ho preso la mia strada fregandomene delle critiche. E ho avuto molte soddisfazioni.
Quali ricorda con piacere?
Innanzi tutto il privilegio di poter avvicinare i “grandi”. Cinque anni fa ho inciso un disco di inediti di Enrique Cadícamo. Lui che già aveva 96 anni voleva la voce di Goyeneche per quelle canzoni degli anni venti, ma il “polacco” era già troppo vecchio per cantare. Quando ha avuto il disco Cadícamo ha detto: “così volevo ascoltare i miei tanghi”. È stata una grande soddisfazione.
Il tango ha oggi una vera attualità? Tutti quei drammi d’amore, la nostalgia, quelle donne bugiarde e traditrici, non saranno un po’ fuori moda?
Io ho scelto il tango per la sua poesia. Non importa qual è l’aneddoto che racconta: attraverso quell’aneddoto, il tango parlerà sempre di un paesaggio, di un luogo, di una situazione. Non importa se dice “mentira” o “verdad”, bugia o verità, l’importante è che parli dell’esistenza, della vita. Questa è la profondità del tango.
A Roma verrà con cinque musicisti e un repertorio tradizionale, cioè con tanghi scritti dai grandi poeti. Come li sceglie?
Non devono essere troppo ascoltati. Non devono essere “tango for export”. Quando dal pubblico mi gridano Uno (celeberrimo tango di Discepolo, ndr) io rispondo “due!”. Quando mi chiedono Caminito, beh, non sarebbe carino dire che cosa rispondo.
Chi sono oggi i poeti del tango?
C’è gente che scrive tanghi, certo. Ma i grandi poeti del passato scrissero ispirandosi a una Buenos Aires che non esiste più, una Buenos Aires bohemienne, senza lo shopping, con una Calle Corrientes splendente di vita,di arte, di ideali, di gente che si giocava la vita. Oggi per la grande strada ciondolano con una bottiglia di birra in mano e si sentono poeti. Ma il peso poetico che hanno avuto Cadícamo, Contursi, Manzi, Celidonio Fores, è difficile superarlo. Come se dicessi: bene, superami Borges, ora e qui, di questi tempi e con questa Buenos Aires. È impossibile. Abbiamo tanti buoni scrittori, ma per una serie di fattori uno come Borges oggi non potrebbe rinascere.
(Laura Putti, Tango, passione di tutta la vita, la Repubblica, 27 settembre 2000)
ADRIANA VARELA: IL TANGO, UN IMPEGNO CON LA MIA GENTE
Intervista a Adriana Varela
di Daniela Preziosi
Quel romanzo, Quintetto di Buenos Aires (di Manuel Vazquez Montalbán, Varela è una delle protagoniste, ndr), parla dell’Argentina: tango, Maradona e desaparecidos. Le piace?
Il romanzo? Da morire. Tutto quello che scrive Manolo, del resto, ha un impegno ideologico e a me piace, amo questo scrittore. Del resto un artista deve essere così: avere un impegno con la società, con il popolo. Altrimenti fa solo un buon prodotto professionale. Ma un artista è un’altra cosa. Deve veicolare, trasmettere al suo popolo.
Cosa? Qual è il suo impegno con “il popolo”?
Io canto. Quando canto succede una cosa bellissima: si produce un codice comune, una complicità. Per questo io non posso non vedere il pubblico, e faccio impazzire il tecnico delle luci, perché gli dico: accendi, voglio vedere la sala, devo vedere la faccia della gente. Se no, una è una diva, e resta sola. Io non voglio essere una diva e non voglio restare sola.
Eppure il tango passa al grande pubblico internazionale come una cartolina, una foto di famiglia dei luoghi comuni. Ci si sente più vicina o più lontana?
Il tango passa come una cartolina, è vero, la cartolina della passione, dell’amore, del dolore. Ma è così perché il tango parla dell’esistenza, della vita, e la vita non passa mai di moda. Il perché non posso spiegarlo come una saggista, come una sociologa, posso solo dire quello che sembra a me. E a me sembra che questo mondo attraversi una crisi sociale e anche, anzi soprattutto, individuale. C’è una grande confusione sull’impegno, sul coinvolgimento, sulle emozioni, sull’incontro e quello che noi argentini chiamiamo “disincontro”. Il tango è la sintesi di una persona impegnata in rapporto ad un altro. Il tango parla di un uomo e una donna, ma è il simbolo dell’incontro con l’altro. E siccome ci sono incontri e scontri in continuazione, a questo mondo, il tango resta sempre di moda. Poi c’è il tango “for export”, quello che si traveste di piume e paillette. Da questo sono lontanissima. Il vero tango cammina per altri posti, posti nei quali la gente non sta come una pianta, ad ascoltare quello che si manda alla radio. Il tango è nato ai margini della società, il tango è marginalità, è il meglio della marginalità. Questo è il tango di Buenos Aires, e questo è il tango che faccio io. Il resto non lo faccio.
A proposito di scontri, sul tango c’è una discussione sempre verde: è una musica, un ballo, sessista o no?
Attenzione, questa è una trappola. Tutte le società latine hanno una cultura machista, e musica machista, ballo machista. Però, guarda come si balla il tango: è una discussione. “Che faccio? Lo fai? Non lo faccio. Si, lo faccio”, proprio come deve essere, per tutta la vita. Un uomo e una donna discutono sempre. Si incontrano, si scontrano. Vista su una pista da ballo, è proprio una danza, un discorso fatto fra corpi. Il ballo è un luogo di dialogo e conflitto fra uomo e donna. Sempre. Altrimenti un uomo e una donna non potrebbero stare insieme. Perché quello che li tiene insieme, che li fa amare, è la differenza.
Perché i militari vietarono il tango?
Non lo so. Grazie a Dio non ho mai parlato con nessuno di loro. Né ci parlerei. Suppongo che siccome il tango è impegno, e richiede testa, loro preferissero teste che non funzionavano. Negli anni Settanta, la mia generazione faceva il rock’n’roll, un rock’n’roll appassionato, veramente progressista, essenziale. Quando poi il rock è diventato roba da star, ha perso questo potenziale di rottura. Nel frattempo il tango stava là, tranquillo, che aspettava. Aspettava che noi, che invece non lo ascoltavamo mai, ne scoprissimo il peso poetico e filosofico. Quando finalmente abbiamo riscoperto il tango, a quel punto ci è partita la testa. Madonna, ci dicevamo, guarda cosa dice.
Quella generazione, quella degli anni Settanta, ha conosciuto la dittatura. Cosa chiedi all’Argentina oggi?
Prima era diverso. Dell’Argentina difendevamo l’ideale. Ora il nostro ideale, la nostra ideologia, dobbiamo difenderli in un’altra forma, in altri modi. Mi piacerebbe che gli argentini assumessero finalmente una identità propria. E se si inizia dalla cultura si inizia bene. Ma la cultura non è quello che gli intellettuali pensano, ma quello che viene dal popolo, che si ascolta dal popolo. E così se noi ascoltiamo quello di cui il popolo ha bisogno, noi stiamo facendo cultura. Altrimenti no, altrimenti stiamo dall’altra parte.
È quello che fa lei?
Io canto tango. Cantare tango è difficilissimo, perché c’è sempre il rischio di sembrare ridicoli. La difficoltà è cantarlo davvero, senza clichè, senza esagerare, senza fare la cantante di tango. Io non sono una cantante di tango, sono una cantante e canto tango. Mi fermo sulle gambe e canto tango. Non faccio scene, non imposto la voce. Serve essere veri per fare musica. Quale musica? La mia. E qual è la mia musica? Il tango. E perché? Perché sono porteña, perché il tango è la musica porteña.
(Daniela Preziosi, Adriana Varela: il tango, un impegno con la mia gente, La Rinascita, 13 ottobre 2000)
PORTO ALEGRE CANTA TANGOS
Il concerto segue la realizzazione del disco Porto Alegre canta Tangos. Una produzione che ha riunito musicisti e cantanti brasiliani e argentini nella comune di un vitale interscambio artistico, sostenuto con passione dai rispettivi segretariati di Cultura nell’ambito delle relazioni culturali tra le città di Porto Alegre e Buenos Aires. Classici come Uno, Melodía de Arrabal, Vuelvo al sur, EI último café, Malena, Sín palabras, Volver, Yira yira, EI día que me quieras, Por una cabeza e Naranjo en Flor, sono interpretate con arrangiamenti musicali innovativi, in cui ogni singolo musicista mantiene comunque intatto il proprio stile.
Bebeto Alves
Con quasi 25 anni d carriera e undici dischi lanciati, Bebeto Alves è uno dei più importanti artisti brasiliani. La sua musica si costituisce di quattro elementi fondamentali: informazione, tecnologia, regionalismo e comportamento. Diverse sono state le definizioni date alla sua personalità artistica – milongueiro pop, neo-tropicalista, avanguardista -, visto che la sua musica è sempre frutto di manipolazioni di stili e influenze diverse.
Hique Gomez
Suonatore di basso, pianoforte e violino, già a 15 anni si esibisce nello spettacolo Tangos & Tragédia, in cui si mescolano elementi di folklore gaucho e tradizione brasiliana. Parallelamente a questo spettacolo, sviluppa un lavoro individuale in cui si ritrovano ritmi sudamericani e armonie ispirate ad Antonio Carlos Jobim.
Leonardo Ribeiro
Il repertorio del chitarrista e cantante Leonardo Ribeiro spazia tra i classici della samba, del tango, della rumba, della guarânia ed altri. Dopo gli esordi in giovane età con un gruppo di ballo e di rock, Ribeiro continua la sua brillante carriera accompagnando noti artisti brasiliani e grandi nomi del jazz, come il sassofonista americano Barney Willen, arrivando a toccare in tournée varie città brasiliane e europee.
Lourdes Rodriguez
Chiamata la Grande Dama, ha alle spalle ben 43 anni di carriera come cantante, vantando la presenza in numerosissimi concerti e in vari programmi radiofonici. È considerata una delle maggiori interpreti di Lupicínio Rodrigues, il maggior compositore di Rio Grande do Sul.
Luciana Pestano
Luciana Pestano ha elaborato uno stile molto personale nel comporre musica, cantare e suonare la chitarra, partendo dalla musica tradizionale brasiliana. Il suo primo disco, uscito nel ’97 quando lei aveva 21 anni, ha riscosso un notevole successo.
Totonho Villeroy
Totonho Villeroy ha lanciato il suo primo disco nel 1991, ricevendo il premio Sharp di rilevanza nazionale. Da allora è andato in tournée in Sudamerica e in Europa. Ha assorbito le influenze di Antonio Carlos Jobim, João Gilberto e Chico Buarque, ma anche quelle di Toninho Horta.
Vitor Ramil
Tra gli artisti gaúchos della sua generazione, è il più conosciuto a livello nazionale. Il suo quinto disco Ramilonga, del ’97, ha ricevuto un largo consenso di critica, La sua musica è intimista, riflessiva e malinconica, e talvolta si discosta dalle sonorità “calde” e allegre tipicamente brasiliane.
Cartellone 2000
TANGO: BUENOS AIRES A ROMA
Teatro Nazionale, 3, 4, 5 ottobre 2000
PROGRAMMA
COMPAGNIA LA ESTRELLA – LA VIRUTA
Interpreti Julio Cesar Di Chiazza, Horacio Valentin Godoy Rebori, Carlos Fabio Sanchez, José Sixto Manrique, Carla Paola Marano, María Cecilia Troncoso, Mercedes Leonor D’Orta, Elvio Vitali, Silvana Grill
La compagnia si esibisce ogni sera in collaborazione con musicisti e gruppi invitati.
cinema
OMAGGIO A CARLOS GARDEL
Proiezione di estratti dei film più famosi di Carlos Gardel
Foyer Teatro Nazionale, 3 ottobre 2000
concerti
JUANJO DOMÍNIGUEZ TRÍO
Interpreti Juanjo Domínguez (chitarra), Emilio Alberto Solas (chitarra), Raúl “la Llave” Domínguez (chitarrone)
ADRIANA VARELA
Interpreti Adriana Varela (voce), Horacio Avilano, Adriana Lichinchi, Graciela Rilepca, Agustina Albistur, Marcelo Macri, Marcelo Torres, Bernardo Baraj, Guillermo De Lella, Raul Mogno
Teatro Nazionale, 3 ottobre 2000
cinema
LOS LIBROS Y LA NOCHE (Argentina, 1999)
Regia Tristán Bauer
Sceneggiatura testi di Jorge Luis Borges
Interpreti Walter Santa Ana, Héctor Alterio, Lorenzo Quínteros e Leonardo Sbaraglia
Produzione Dego Dubcovsky in coproduzione con Universidad Nacional de General San Martín, INCAA e Canal + (Spagna)
Teatro Nazionale, 3 ottobre 2000cinema
OMAGGIO A CARLOS GARDEL
Proiezione di estratti dai film di Carlos Gardel
Teatro Nazionale, 4 ottobre 2000
concerti
JULIO PANE TRÍO
Interpreti Julio Pane (bandoneón), Nicolás Ledesma (pianoforte), Enrique Héctor Guerra (contrabbasso)
CUARTETO ESTEBAN MORGADO
Interpreti Damián Bolotin (violino), Walter Castro (bandoneón), Horacio Hurtado (contrabbasso), Esteban Morgado (chitarra)
PATIO DE TANGO
Arrangiamenti e direzione musicale Esteban Morgado
Interpreti Lidia Borda (voce), Brian Chambouleyron (voce e chitarra), Esteban Morgado (chitarra), Quarteto Esteban Morgado (violino, bandoneón contrabbasso, chitarra)
Teatro Nazionale, 4 ottobre 2000cinema
GARAGE OLIMPO (Italia/Argentina/Francia, 1999)
Regia Marco Bechis
Interpreti Antonella Costa, Carlos Echevarría, Enrique Piñeyro, Pablo Razuk, Dominique Sanda, Chiara Caselli
Produzione Amedeo Pagani in coproduzione con Classic (Italia), Nisarga (Argentina) e Paradis Film (Francia)
Teatro Nazionale, 4 ottobre 2000
letteratura
INCONTRO – SCRITTORIMONDO
Borgestango. Incontro sulla nuova cultura di Buenos Aires.
Interventi di Rodrigo Fresán, Massimo Carlotto, Ernesto Franco, Maurizio Chierici; Adriana Varela.
A cura di Paolo Collo
Casa delle Letterature, 4 ottobre 2000
cinema
UN SIÈCLE DE TANGO
Produzione RaiSat
Foyer Teatro Nazionale, 5 ottobre 2000
concerti
EL ARRANQUE
Arrangiamento Ramiro Gallo, Alejandro Schwarz, Ignacio Varchausky
Interpreti Camilo Ferrero (primo bandonéon), Jorge Spessot (secondo bandonéon), Ramiro Gallo (primo violino), Javier Weintraub (secondo violino), Alejandro Schwarz (pianoforte), Ignacio Varchausky (contrabbasso), Ariel Arditi (voce)
PORTO ALEGRE CANTA TANGOS
Interpreti Lourdes Rodriguez, Hique Gomez, Leonardo Ribeiro, Luciana Pestano, Vitor Ramil, Totonho Villeroy, Bebeto Alves, Juarez Antonio B. Fonseca, Ivan Cunha Mattos Filho, Luciano Alabarde
Teatro Nazionale, 5 ottobre 2000
cinema
PIZZA BIRRA FASO (Argentina, 1997)
Regia Adrián Caetano, Bruno Stagnaro
Interpreti Héctor Anglada, Jorge Sesan, Pamela Jordan, Walter Diaz, Alejandro Pouses
Produzione Palo y la Bolsa Cine, con l’appoggio del INCAA.
Teatro Nazionale, 5 ottobre 2000
Rassegna stampa
“Juanjo Domínguez , accompagnato dal percussionista Emilio Alberto Solas e dal chitarrista Raul Domínguez. Il quarantottenne esegue acrobatici arpeggi e riarrangia gli immortali tanghi scritti da Gardel e Piazzola, fino a proporre una sorprendente versione strumentale di Torna a Surriento. Ed è una sorpresa per il pubblico, che rimane incantato dalla maestria di Domínguez. La Varela canta nella seconda parte della serata. Vera diva, impetuosa e fiera. La sua voce accarezza le parole, è morbida ma sa essere imperiosa. Vive di contraddizioni come il suo tango, fragile ma segnato dalla passione rosso sangue. Cupa e malinconica, si nutre di emozioni estreme, in uno stile che racchiude l’odore acre delle balere argentine, con i ballerini uniti da una danza aggressiva e disperata, simbolo di amore e morte”.
(Sandra Cesarale, Tango: una voce e una chitarra per sognare le notti argentine, Corriere della Sera, 4 ottobre 2000)
“Juanjo Domínguez: con talento straordinario cava dalla sei corde una grande ricchezza cromatica, quasi una polifonia, frutto certamente del suo passato classico, approdato a un tango dove la variazione allarga l’orizzonte ritmico verso sviluppi emozionanti. Dopo di lui, Adriana Varela […] Oggi cattura gli argentini riproponendo con rigore lo stile tradizionale dei tangheros, caricandolo di una tensione espressiva dove rabbia e spleen danno vita di musica alle note e ai testi di firme famose. Il pubblico già infiammato di suo con Domínguez, le ha tributato un trionfo, condiviso dal gruppo di strumentisti valenti che l’accompagnavano. […] i ballerini della Compagnia Estrella – La Viruta: giovani di buona educazione tanghera ma non in possesso di quella energia trascendentale cui ci hanno abituati complessi argentini già transitati in Italia”.
(Toni Collotta, Da Buenos Aires a passi di tango, Avvenire, 5 ottobre 2000)
“Pur non essendo dotata di mezzi vocali straordinari (lo strumento brunito si muove con disinvoltura soprattutto nel registro medio e basso) la Varela è tuttavia interprete di così raffinata e squisita sensibilità da catturare immediatamente l’ascoltatore. La sua presenza scenica è quanto mai coinvolgente così come la capacità di porgere il testo dei brani; il quasi maniacale rispetto per il fraseggio dei testi (che probabilmente le deriva dalla sua prima professione di fonoterapista) unito ad un amore per sonorità jazzistiche ha fatto si che la Varela in breve tempo si sia conquistata un posto nell’Olimpo degli interpreti del tango. […] Juanjo (Domínguez) è uno straordinario virtuoso della chitarra che dopo aver attraversato diversi generi è tornato al tango che considera il suo primo amore. E lo ha fatto con la devozione e l’entusiasmo del neofita. Così dalla sua straordinaria chitarra scorre un vero e proprio fiume di musica che, pur concedendo forse qualcosa di troppo allo spettacolo, resta tuttavia l’espressione di un grande musicista in grado di improvvisare con disinvoltura e pertinenza su qualsiasi tema. […] Di origine italiane il bandoneonista Julio Pane […] ha offerto un set di grande intensità dimostrando come sia possibile ricreare l’atmosfera del “grande tango” nulla perdendo in originalità e freschezza. Merito, soprattutto, della sua grande maestria al bandoneón strumento che a nostro avviso rappresenta sempre e comunque l’essenza più intima del tango”.
(Nel segno del tango l’edizione 2000 di Romaeuropa Festival, blackinradio.it, 12 ottobre 2000)