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Teatro Argentina
2 e 3 Luglio 1992
25romaeuropa.net

Bruno Maderna

Hyperion


Hyperion, opera lirica in forma di concerto, sull’omonimo testo di Friedrich Hölderlin, è una straordinaria espressione della libertà compositiva di Bruno Maderna. Dopo aver debuttato con una versione nel 1964 a Venezia e poi con due nuove versioni nel 1968 rispettivamente a Bruxelles ed a Bologna, l’opera è nuovamente riproposta in questo 1992, con la forma musicale ricostruita da Peter Eötvös e l’allestimento scenico di Grüber e Aillaud.
Nel corso degli anni, Hyperion ha preso forma – mai definita -, assorbendo e strutturando una serie di lavori vecchi e nuovi del compositore: un “work in progress” quindi, un’opera aperta o “costellazione di opere” (secondo “Le Monde”) che ad ogni rappresentazione deve essere reinventata.
Protagonista dell’opera è il Poeta, “che vive incompreso nel mondo e che a sua volta non comprende il mondo circostante. Due mondi, pertanto, ognuno un caos, eppure ognuno con un alto tipo di organizzazione”, secondo le parole del compositore. Iperione invano tenta di esprimersi e di farsi ascoltare, i suoi tentaivi restano frustrati dalle continue interruzioni ad opera di rumori, eventi, persone. Infine si allontana intonando dei brevi assoli.
La versione di Peter Eötvos che riconduce il lavoro all’originaria scena teatrale, rielabora e propone in modo personale i materiali musicali già inseriti da Maderna, in momenti diversi, nel ciclo dell’Iperione – aggiungendovi inoltre, per desiderio dei registi, altri brani da Hölderlin. E poiché non esiste una forma dell’opera accreditata dall’autore, non è neppure pensabile una sua ricostruzione filologica, così il potere di questa mitica fenice musicale risiede nella libertà di scelta individuale lasciata a colui che tenta di entrare nella costellazione di pensieri, movimenti e percorsi di questo straordinario compositore.

TDa Friedrich Hölderlin
Musica Bruno Maderna
Direzione Peter Eötvös
Realizzazione scenica Klaus Michael Grüber, Gilles Aillaud
Collaborazione artistica Ellen Hammer
Collaborazione alle scenografie Bernard Michel
Forma musicale Peter Eötvös sulla base dei manoscritti e dei documenti di Bruno Maderna: Le rire, Gesti, Dimensioni III, Amanda, Aria I, Schicksalslied, Aria II, Stele per Diotima, Entropia I, II, III, Schicksalslied, Aria II
Interpreti Jacques Zoon (flauto), Penelope Walmsley-Clark (soprano), Bruno Ganz (voce recitante), Ensemble Vocal Les Jeunes Solistes (diretto da Rachid Safir), Ensemble Asko

Una coproduzione con il Festival d’Automne di Parigi, il Wiener Festwochen e l’Association Orcofi pour l’Opéra, la Musique et les Arts. In collaborazione con il Teatro di Roma, diretto da Pietro Carriglio.

 

EÖTVÖS E LA FORMA APERTA DI BRUNO
di Peter Eötvös

Ho potuto fare la sua conoscenza soltanto attraverso le sue partiture. Una scrittura magnifica: note rotonde, calorose.
Bruno è morto troppo presto. La sua vita resterà una forma aperta, come le sue opere. La forma aperta era il suo stile di vita, ma anche un segno del tempo nell’arte dell’epoca: come i mobile, gli happening.
La forma, in musica, è il “prima” e il “dopo”. Quando il “prima” può stare al posto del “dopo”, allora la forma è aperta. La forma aperta è la creatività dell’interprete.
Bruno era compositore e direttore d’orchestra, creatore e ricreatore. L’essere entrambe le cose rappresenta una vocazione, non si può scegliere! Il problema principale: coordinare le due attività nel tempo. La composizione ha bisogno di una continuità di elaborazione creativa, che però è sempre interrotta dall’attività e dalla pratica del direttore d’orchestra. La continuità resta aperta. Soffro di questa situazione e penso che fosse un problema anche per Bruno. Lo stesso per Mahler, o per Boulez.
La forma aperta è la realtà del pensiero. Una forma stabilita si trova unicamente sulla carta.

Hyperion
non è un’opera, ma una suite di brevi composizioni, dalla formazione strumentale simile, legate a Hölderlin per ciò che attiene all’idea. I pezzi sono spesso apparentati fra di loro, con versioni, variazioni o riprese trasformate.
La musica di Maderna ha una tale forza espressiva da poter sopportare un’esistenza scenica, e perfino darle forma.
La prima realizzazione di Maderna a Venezia era più un happening che un’opera. Egli stesso ha voluto che ogni realizzazione del suo Hyperion apparisse sotto una forma nuova; ecco perché una ricostruzione di una qualsiasi versione anteriore sarebbe un travisamento della sua idea.
La mia configurazione formale impiega tutti i pezzi che lo stesso Maderna ha incluso nelle sue diverse realizzazioni. A ciò si aggiunge il desiderio di Klaus Michael Grüber di integrare alcuni testi di Hölderlin.
La forma aperta è una relazione tra due interpretazioni. La forma di una data esecuzione è, per il pubblico, sempre “chiusa”. L'”apertura” della forma si riferisce alla possibilità di sistemare le diverse sezioni formali in sequenza variabile.
La mia concezione forma una divisione equilibrata e armoniosa delle funzioni degli elementi drammaturgici dominanti, come per esempio: determinare quando il poeta (il flautista) appare, il modo in cui vengono distribuiti il parlato e il cantato (solo – coro – invisibile – visibile), il modo in cui le ripetizioni danno luogo a una data reminiscenza.
Si può suddividere il percorso formale in quattro entità maggiori:

1) Le rire + Gesti + Dimensioni III, 1° e 2° movimento (polifonia) il testo di Hölderlin
Dimensioni III, 3° movimento (orchestra interrotta da interiezioni taglienti del flauto piccolo)
Amanda (serenata, intima, dolce)
Aria I
Schicksalslied (Canto del destino) (coro, commento)
Aria II
2) Stele per Diotima (cifra fondamentale della musica: 11)
3) Entropia I (tempo spezzato)
II (nostalgico, “greco”)
III (punto culminante)
4) Schicksalslied (2a parte)
Aria II (strumentazione diversa dalla precedente)

La prima parte è come una montagna, la terza come una collina, fra le due, nella valle, la tomba di Diotima, con pesanti pilastri sonori. La quarta parte è una tranquilla pianura dai ricordi nostalgici.

 

Rassegna stampa

“È uno spettacolo bellissimo, nel quale i musicisti suonano e cantano benissimo, Ganz dice la poesia come si dovrebbe sempre dire, parlando, senza enfasi, una forma musicale del parlare, sublime, e ciò che si vede è un gioco di luci o di colori astratto composto con grande delicatezza e straordinaria aderenza ai giochi della musica. La bella figura del flautista avvia lo spettacolo, ma stupenda è l’apparizione del soprano Walmsley-Clark che canta davanti a un leggio senza spartito, come la voce del canto nascesse dalle profondità del silenzio, che sono poi le profondità stesse dell’Essere. La musica di Maderna nasce essa stessa da quelle profondità e ci penetra con quella voce limpida e delicata che è la voce della laguna veneziana”.
(Dino Villatico, Parole e suoni del silenzio, la Repubblica, 5 luglio 1992)

“questo allestimento di Hyperion è straordinario nella parte sonora. Eötvös ha eseguito con impegno da “compagno di strada” i percorsi di Maderna, da certi mirabili “scolasticismi”, come quasi tutte le parti del flauto, al disordine di alcune brevi esplosioni percussive, all’ironia di qualche squarcio degli ottoni, all’incanto perigliosamente giocato tra razionalismo e struggimento dell’assolo di oboe. Ha disposto i percussionisti nella prima fila dei palchi, ottenendo un magnifico effetto-assedio sugli ascoltatori, mitigando con qualcosa di eloquentemente festoso il clima grave della messa in scena”.
(Mario Gamba, Con Holderlin e Maderna, nell’Hyperion, Il manifesto, 8 luglio 1992)