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Roma
23 Giugno, 10 ,14, 16 e 17 Luglio 1992
25romaeuropa.net

Il libro in voce: vedere e udire


SERATA AUSTRIACA: L’ESTRANEO (Aus der Fremde)
Di Ernst Jandl
Regia Anna Nogara
Traduzione Nanni Balestrini
Personaggi e interpreti Tony Bertorelli (Lui), Anna Nogara (Lei), Werner Waas (Lui 2)
In coproduzione con L’Istituto Austriaco di Cultura
Istituto Austriaco di Cultura, 23 giugno

SERATA BRITANNICA: COLUMBUS: BLOODING THE OCEAN (Colombo: l’Oceano insanguinato)
Di Michele Celeste
Regia Ian Brown
Interpreti attori del Traverse Theatre
In collaborazione con The British Council
British Council, 10 luglio

SERATA RUSSA: CENT’ANNI DI MARINA CVETAEVA
Musica Paul Hindemith (da Das Marienleben di Rainer Maria Rilke, op. 27 1922 rev. 1948: Geburt Mariae; Geburt Christi; Vor der Passion – il ciclo di Hindemith è cantato in tedesco), Yelena Firsova (1950) (Sogno, testo di Pasternak 1913 – le musiche sono in lingua russa), Alexander Bustin (1943) (Fiaba terribile, testo di Pasternak 1941 – le musiche sono in lingua russa), Leonid Bobilov (1949) (L’ultimo bacio, da Doctor Zhivago di Pasternak – le musiche sono in lingua russa)
Testi pagine dell’epistolario di Rainer Maria Rilke, Marina Cvetaeva, Boris Pasternak
prima parte
Musica Dmitri Sostakovic (1960-1975) (Sei Liriche di Marina Cvetaeva, ops 143 per contralto e pianoforte, 1974: La mia poesia; Cos’è questa tenerezza; Ad Amleto e la sua coscienza; Il poeta e lo Zar; No, il tamburo rullava… ; Per Anna Achmatova – le musiche sono in lingua russa)
Testi pagine dell’epistolario di Rainer Maria Rilke, Marina Cvetaeva, Boris Pasternak
Interpreti Giancarlo Sbragia, Pamela Villoresi, Mattia Sbragia (attori), Patricia Adkins Chiti (mezzosoprano), Gian Paolo Chiti (pianoforte)
In collaborazione con il Festival delle Ville Tuscolane
seconda parte

Ad ampliamento de Il libro in voce, la rassegna di reading dedicata a testi italiani e francesi, questo ciclo di letture ha voluto coinvolgere autori di nazionalità austriaca, inglese e russa: Ernst Jandl, Michele Celeste e Marina Cvetaeva.
In Aus der fremde (“L’estraneo”), Ernst Jandl – considerato tra i fondatori della Poesia Concreta, genere di poesia tutta sonora e basata essenzialmente sulla intonazione – costruisce un dialogo, in terza persona, fra tre personaggi (uno scrittore, sua moglie scrittrice ed un giovane scrittore) secondo gruppi di versi di tre righe ciascuno. Nanni Balestrini, poeta anch’egli appartenente alla Poesia Concreta, ha tradotto il testo di Jandl preservandone le caratteristiche strutturali e la qualità sonora, con la sostituzione del congiuntivo dell’originale con un condizionale.
Columbus: blooding the ocean di Michele Celeste è una messa in voce in prima mondiale di parte del testo teatrale commissionato all’autore dal Traverse Theatre di Edimburgo. Celeste, già noto per Hanging the president (1989) sulla discriminazione razziale e la pena di morte in Sudafrica, tratta della prigionia, della colonizzazione e dello schiavismo ambientando la storia nel 1492 a bordo della nave di Cristoforo Colombo in rientro dal secondo viaggio nelle Americhe.
Infine, in collaborazione con il Festival delle Ville Tuscolane, le Serate Russe presentano un doppio appuntamento, con la poesia e con la musica. Il primo è con Marina Cvetaeva di cui, in occasione dei cento anni dalla nascita, Pamela Villoresi crea un ritratto attraverso la sua vita e le sue creazioni, interpretando sei liriche e leggendo alcune pagine delle lettere tratte dal carteggio fra Rilke, Cvetaeva e Pasternak risalente ai mesi estivi del 1926. Il secondo appuntamento è invece dedicato alla musica con un concerto di Vadim Brodsky (al violino) e Sergei Jerochin (al pianoforte), su musiche di Brahms, Ysaye, Prokof’ev e Ciajkovskij, a meglio ricostruire la più generale atmosfera culturale russa.

 

ROMAEUROPA E LA LETTERATURA: ALTRE VOCI, ALTRI SUONI
di Monique Veaute

Già dalla sua nascita nel 1986, il Festival Romaeuropa ha annodato il dialogo con il teatro: teatro italiano in un primo tempo, pluri-disciplinare, innovativo, avanguardista (ricordiamo le firme di Memé Perlini, Lucia Latour, Giorgio Barberio Corsetti e Mario Martone). Negli anni successivi il teatro era sempre presente, con le esperienze di Jean-Paul Chambas, Jean-Pierre Vincent, Catherine Nadaud (il Martirio di San Sebastiano), Beppe Navello e Renato Nicolini (l’Alfieri), persino il teatro-circo di Zingaro. Questi eventi del Festival hanno incontrato l’interesse del pubblico e l’attesa degli artisti, l’esigenza da loro avvertita che il teatro trovasse, nell’ambito del Festival, dignità pari alla danza e alla musica.
Poi ci fù un preciso cambiamento nell’edizione 1991.
Ognuno di noi scopre, chi prima chi dopo, che esistono altre comunità umane che parlano lingue diverse dalla nostra e che certi suoni che per noi sono soltanto rumori, possono per gli altri rappresentare un’esperienza rara, straordinaria. La diversità tra le lingue sposta il rapporto tra suono e significato e cambia anche il gioco tra palcoscenico e pubblico: il Festival Romaeuropa, per via della sua stessa struttura, si è creato un pubblico vasto e diversificato, quello internazionale delle varie Accademie straniere a Roma. Dunque nell’edizione 1991, con la complicità creativa di Jean Lacornerie, Segretario Generale della Comédie Française, e Martine Bauer, Direttrice della Maison des Ecrivains, si è tentato il confronto tra dieci testi di narrativa e poesia (di recente pubblicazione), cinque italiani e cinque francesi. Furono letture affascinanti, spoglie, senza attrezzature di scena. I testi letti nelle due lingue si legavano tra loro per via della musicalità e del ritmo più che del senso. Ricordo con particolare emozione il testo poetico di Jacques Roubaud, Echanges de la lumière, con Jacques Lassalle, Jean-Baptiste Malartre, Jean Pennec, Daniel Znyk, Jean Lacornerie e Roubaud stesso, tutti con la torcia elettrica in mano, sulla scalinata monumentale di Villa Medici immersa nella notte. Il pubblico tratteneva il fiato, colpito dalla misteriosa corrispondenza che s’istaurava tra queste luci mobili e le parole che parlavano di luce. Si concretizzava l’intuizione di Octavio Paz, che “la poesia nasce dell’antica e magica credenza nell’identità tra la parola e la cosa nominata”.
Quest’anno, dato l’eco molto positivo di un’esperienza nata su scala ristretta, discreta, quasi di scambio tra amici, le letture del “libro messo in voce” avranno maggior ampiezza: altre lingue, altri autori, altri luoghi nazionali e la collaborazione di altri attori e registi. In attesa di altre lingue, lo spagnolo, l’inglese, il tedesco e il russo sono entrate nella nostra Babele teatrale, nell’avventura del Libro in voce.

 

SU MARINA CVETAEVA
di Pamela Villoresi

Ci sono dei testi che letti in un particolare momento della propria vita colpiscono, catturano, evidentemente perchè toccano da molto vicino note dolenti e gioiose che proprio allora ti appartengono così profondamente.
Vivere inseguendo la propria inquietudine “artistica” è difficile, rende la propria vita “diversa” e precaria, ci si addentra in zone buie e pericolose nelle quali ci si abbandona per cercare, per capire, per scoprire, per creare.
Il limite oltre il quale non si può più tornare indietro, o da dove si torna indietro solo in parte, nessuno sa dov’è, tantomeno chi si avventura: si rischia. Parlare della mente di Marina è per me un auspicio e insieme un esorcismo. È liberarmi della paura della follia o avvicinarmi al suo terribile fascino, è gridare l’orrore per il banale, per le tessere e i burocrati.
“Abusivi come tutti lì”, è denunciare le interminabili difficoltà del quotidiano che affronta chi vuole mantenersi integro in un paese dove tutto si sfalda e dove tutti i valori in cui si crede sembrano irrimediabilmente dissolversi in una nebbia fitta.