Il concerto presentato dal Neues Leipziger Streichquartett, ensemble fondato nel 1986 da diplomati della Scuola Superiore di Musica di Lipsia “Felix Mendelssohn Bartholdy” e da Steffen Schleiermacher – che vi compare nella doppia veste di compositore e pianista -, propone opere nate in un arco temporale piuttosto breve – 30 anni -, e tutte caratterizzate da una pronunciata libertà creativa rispetto a canoni e tradizioni.
Festgefressen (Stretti e divorati, 1994) di Schleiermacher racconta musicalmente il vano tentativo di sfuggire ad una situazione irrisolvibile: dominano la partitura rigidi accordi ripetuti, su cui brevi frasi ritmiche tentano, inutilmente, un’evoluzione. Ernst Bechert trae ispirazione da una tradizionale tecnica compositiva dell’Uganda, e da un particolare tipo di xilofono, l’Amadinda, da cui l’opera prende il suo nome, Amadinda (1994). Entrambi questi autori sono stati compositori residenti a Villa Massimo.
Un inno alla libertà dell’interprete sono sia Viola (1971) di Bruno Maderna che Proiezioni sonore di Franco Evangelisti: e mentre nel primo, il compositore introducendo nello spartito cellule e segmenti musicali che l’esecutore può scegliere o meno di inserire, lascia che ogni concerto sia diverso dall’altro, nel secondo, le strutture singole del continuo, divise da spazi di cui l’interprete può decidere l’ampiezza, affidano all’esecutore la determinazione del ritmo musicale dell’opera. Infine il programma presenta un gioco fra strumenti, con il Quintetto (1991) di Olivier Messiaen, Trio per pianoforte ed archi (1978) di Friedrich Goldmann ed un anomalo Akea (1986) di Iannis Xenakis che, riprendendo una struttura tradizionale, si chiude con un andamento polifonico di archi.
Musica Steffen Schleiermacher (Festgefressen), Ernst Bechert (Amadinda), Bruno Maderna (Viola), Olivier Messiaen (Quintetto per pianoforte ed archi), Friedrich Goldmann (Trio per pianoforte ed archi), Franco Evangelisti (Proiezioni sonore), Iannis Xenakis (Akea)
Ensemble Neues Leipziger Streichquartett
Interpreti Andreas Seidel, Tilman Büning (violino), Ivo Bauer (viola), Matthias Moosdorf (violoncello)
Solista Steffen Schleiermacher (pianoforte)
AKEA
Come il componimento di Olivier Messiaen, anche Akea di Iannis Xenakis (1986) è stata composta per Claude Helffer ed il Quartetto Arditti, seppure in circostanze diverse.
Il titolo significa “cura” o “terapia”, il compositore però non si è mai espresso circa l’origine del titolo. La composizione è sorprendentemente tradizionale. Se la si paragona ad altri spartiti di Xenakis è di una chiarezza quasi classica. In realtà mancano quei giochi di ramificazione così tipici nel compositore, la complessa polifonia e poliritmia, come pure l’impiego poco romantico degli archi (da eseguire per lo più senza il vibrato e con una sonorità ottenuta da una maggiore pressione dell’arco).
Si avverte la mancanza dell’impeto arcaico e della forza indomita delle prime opere.
In modo addirittura conciliante l’opera si chiude con un andamento polifonico di archi, classico e pacato.
AMADINDA
di Ernst Bechert
Amadinda (1994) nasce dall’influenza di una tradizionale tecnica compositiva dell’Uganda. Qui, in una tradizione musicale anticamente Cortese, si trova un particolare tipo di xilofono chiamato Amadinda. La musica-amadinda si suona normalmente con tre musicisti e un grosso strumento. Due musicisti si siedono l’uno di fronte all’altro e con bacchette di legno suonano sulle estremità dello xilofono. Ciascun musicista ha la stessa estensione di suoni e suona una melodia rapida e discontinua che viene ripetuta come un ostinato. Il secondo musicista si inserisce con una sua melodia – dallo sviluppo e, spesso, dalla lunghezza diverse rispetto alla prima -, in modo non sincronico; entrambi gli ostinati si concatenano ritmicamente tra loro, così da farne risultare una sequenza di suoni dal complesso intreccio e a due velocità.
In questa rapidissima successione di suoni sembrano risultare determinate figure ritmico-melodiche. Due o tre suoni contigui si legano ai citati modelli inserendo accenti apparentemente irregolari. Il terzo musicista ha il compito di riconoscere tali motivi e di riproporli in un registro più alto perché si possa sentire meglio. Ne deriva così un effetto, per così dire, di rilievo acustico che in sostanza si basa su un’illusione uditiva.
FESTGEFRESSEN
Il quartetto d’archi Festgefressen (Stretti e divorati) nasce nel febbraio 1994 durante il soggiorno a Villa Massimo. Il titolo alquanto insolito vuole indicare una condizione senza via d’uscita da cui tuttavia si continua a fuggire. Un movimento viene frenato, condannato per la sua limmitatezza all’arresto finale.
Nel quartetto d’archi questa stasi si esprime in modo armonico, melodico, ma anche ritmico: non c’è uno sviluppo armonico; rigidi accordi di otto suoni sono alla base dell’intera composizione musicale. Brevi frasi ritmiche e melodiche tentano sempre un’evoluzione, si arrestano tuttavia, si ostinano in modelli addirittura ripetitivi e li variano continuamente.
Soltanto in due punti sembra di avvertire una possibilità di sviluppo nella composizione, che di fatto si rivela un inganno; la composizione dopo pochi momenti di respiro si arresta di nuovo in uno schema rigido e statico. In chiusura l’unità si sgretola del tutto finché un tagliente pizzicato pone fine al pezzo.
” Essendo compositore ed interprete, sono posto di fronte al fatto che un’attività influenza l’altra. Il compositore nascosto nell’interprete scopre strutture, legami, gesti, caratteri.
L’interprete nascosto nel compositore guida la fantasia musicale, persegue testardamente la chiarezza, la nitidezza del suono e della notazione.
Attraverso lo studio e l’elaborazione delle opere di altri compositori contemporanei – essendo, oltre che pianista, anche direttore di un ensemble – ho modo di conoscere a fondo molte idee, calligrafie, soluzioni diverse tra loro.
Nessuno dei due aspetti è più importante dell’altro, al massimo uno dei due può scivolare solo temporaneamente in primo piano. Eppure, secondo me, soltanto il legame tra il creare ed il ri-creare ci permette in ultimo di raggiungere l’obiettivo”
Steffen Schleiermacher
PROIEZIONI SONORE
Le Proiezioni di Evangelisti (1966) hanno come sottotitolo “strutture per piano solo” e sono dedicate a Karlheinz Stockhausen.
“Nelle proiezioni sonore l’interprete è libero di dare l’ampiezza allo sviluppo generale dell’opera, tenendo presente che il continuo è formato da strutture semplici a sé stanti e per sé valevoli come unità espressive, quindi singole strutture, ed insieme sono separabili da uno “spazio” determinato a piacere dall’esecutore. Nell’opera esisteranno sempre unite, una in funzione dell’altra, presentandosi come unite e totalità” (Franco Evangelisti).
I due tempi brevi consistono soltanto di pochi movimenti salienti, separati da risonanze o da lunghe pause.
QUINTETTO PER PIANOFORTE ED ARCHI
Il Quintetto per pianoforte ed archi del 1991, una delle ultime composizioni di Olivier Messiaen, è un omaggio al Direttore della “Universal Edition Wien”, casa editrice che si è particolarmente distinta nella promozione della musica contemporanea. In occasione del novantesimo compleanno di Alfred Schlee, la casa editrice invitò i suoi compositori a creare brevi pezzi musicali, eseguiti per la prima volta durante una celebrazione, dal quartetto Arditti e da Claude Helffer.
Messiaen compose un pezzo in cui pianoforte e quartetto d’archi si contrappongono, raramente suonando insieme.
Incorniciato da sezioni portanti, domina nella breve parte centrale il canto degli uccelli, così tipico in Messiaen. In molte sue opere egli di fatto ha riprodotto musicalmente il richiamo degli uccelli e nella maggior parte dei casi li denomina. Così nel Quintetto per pianoforte ed archi è, ad esempio, la capinera che è servita come modello soprattutto per le sonorità del pianoforte.
TRIO PER PIANOFORTE ED ARCHI
L’opera di Friedrich Goldmann (1978) è strutturata in due movimenti brevi. Il primo, sorta di preludio al secondo che è molto più ampio, consiste soltanto di brevi note. Mentre il pianoforte ed il violoncello danno un ritmo irregolare alquanto nervoso, il violino tenta una linea melodica che però non riesce nel primo movimento. I tre strumenti si ritrovano sempre in azioni in ostinato, in parte in sincronia, talvolta indipendenti l’uno dall’altro.
Il secondo movimento comincia con brevi frammenti concitati a cui fanno da contrappunto note tenute, fortemente accentuate, che passano da un violino all’altro. Questi due elementi restano determinanti finché il componimento esplode nella parte centrale: il pianoforte si dilunga in ampie sequenze di accordi; il violoncello alterna andamenti ostinati a tentativi melodici; il violino lavora con ornamentazioni virtuose. Tuttavia la struttura vuota implode, più volte gli strumenti prendono un nuovo corso, prima che la composizione si esaurisca sulle reminiscenze dell’inizio del movimento e di quello precedente.
VIOLA
Per quanto riguarda la forma definita e la durata del pezzo, Viola (1971) lascia ampia libertà all’interprete. Su un foglio pentagrammato ingrandito, Maderna inserisce cellule musicali, gestualità o anche segmenti più lunghi con cui l’interprete è chiamato a sviluppare il pezzo. Egli può liberamente scegliere con cosa cominciare e proseguire, se ripetere qualcosa o eventualmente modificarla durante la ripetizione, o addirittura se tralasciare qualche segmento.
Pertanto in questo pezzo ogni esecuzione si differenzia sostanzialmente dalle altre.
ROMAEUROPA E LA MUSICA CONTEMPORANEA
di Monique Veaute
Il Festival Romaeuropa è nato otto anni fa sotto il nome di Festival di Villa Medici, seguito poi dal Festival di Villa Massimo.
Inizialmente dedicato essenzialmente alla musica contemporanea, questa manifestazione si è aperta poi alla danza e ad altre forme di spettacolo. Tuttavia la musica resta il punto forte della sua programmazione ed una delle sue motivazioni più importanti, anche per l’attenzione rivolta ai giovani creatori, musicisti o interpreti.
La scoperta dei compositori residenti nelle Accademie straniere è sempre stata per il pubblico di Romaeuropa un appuntamento con la creazione contemporanea.
Quest’anno presentiamo due gruppi: l’Ensemble Itinéraire diretto da Pascal Rophé proporrà le ultime creazioni dei borsisti residenti a Villa Medici accanto ad un omaggio a Goffredo Petrassi. Questo gruppo, riconosciuto a livello internazionale, si è dedicato sin dalla sua nascita alla diffusione della musica contemporanea ed è ormai noto anche al pubblico romano.
Il Neues Leipziger Streichquartett, con la presenza di Steffen Schleiermacher nella duplice veste di compositore e pianista, sarà invece una scoperta per molti di noi, anche se il suo prestigio in Germania è già riconosciuto.
Vi sono poi i giovani interpreti a Palazzo Farnese, in quel cortile la cui straordinaria acustica è stata scoperta in occasione della venuta di Pierre Boulez, che proprio qui, ha diretto Répons. Quello di quest’anno è un programma europeo che affianca a quelli più conosciuti autori meno noti che scopriremo grazie al virtuosismo di questi grandi interpreti.