Luciano Berio presenta un concerto in cui una parola “profana” e quotidiana si lega così profondamente al tessuto musicale da sembrarne generata. Accanto a sue opere, il compositore ha posto, ad apertura, i madrigali di quel John Wilbye, compositore del XVI secolo che raccontava la vita della gente londinese, quella stessa voce popolare che Berio rincorre e ripercorre in Cries of London, ciclo di sette brani vocali che, nei testi, fa riferimento alle frasi dei venditori ambulanti nelle strade della vecchia Londra.
Sempre ispirato ad una voce umana è Agnus (1971), versione da camera di un episodio tratto dal secondo atto di Opera (1970), commento alla rappresentazione scenica di un eccidio di bambini, dove l’evocazione del pianto delle madri è però privo di un significato esplicitamente liturgico. A chiudere il concerto il Canticum novissimi testamenti II, dedicato alla memoria di Massimo Mila, e seconda tappa dell’avvicinamento del compositore all’universo poetico di Edoardo Sanguineti (in particolare Novissimum Testamentum): qui Berio traduce musicalmente la frase poetica di Sanguineti combinando insieme, con criteri modulari, piani sonori distinti e paralleli, nel tentativo di ridonare forza a quella voce caratterizzata da una grande forza icastica ed allo stesso tempo da una ingannevole semplicità, abitata com’è da immagini quotidiane, da stereotipi sentimentali, da invenzioni ironiche, da parodie e da citazioni in perenne rincorsa e rimando l’una all’altra.
Musica John Wilbye (Quattro madrigali: Sweet honey sucking bees, O softly drop, mine eyes, Draw on sweet night, The Lady Oriana), Luciano Berio (Cries of London per otto voci, 1974; Agnus per due soprani e tre clarinetti, 1971; Canticum novissimi testamenti II, ballata per otto voci, quartetto di sassofoni e quattro clarinetti, 1989, testo di Edoardo Sanguineti)
Interpreti London Sinfonietta Voices (soprano: Judith Rees, Nicole Tibbels; mezzosoprano: Amanda Dean, Susan Flannery; tenore: Peter Hall, Brian Parsons; baritono: Michael Pearce; basso e direttore: Terry Edwards), Eclettico Ensemble (clarinetti: Paolo Ravaglia, Claudio Miotto, Valerio Dragoni; clarinetto basso: Domenico Foschini), Le Quatuor de Saxophones Claude Delangle (Claude Delangle, sassofono soprano, Daniel Gremelle, sassofono contralto, Bruno Totaro, sassofono tenore, Jacques Baguet, sassofono baritono)
In collaborazione con Accademia Chigiana di Siena
Durata 70′
Intervallo 15′
Il concerto è stato trasmesso in diretta da Radio Tre Rai
LE “B” DI BERIO
di Erasmo Valente
Piace scrutare le costellazioni del firmamento musicale, sempre in movimento come tutte le altre che abitano l’universo. Tra poco vedremo, nella pienezza del sette raggiunto dieci volte, la costellazione di Luciano Berio che, il 24 ottobre, saluteremo per i settant’anni. Stasera avremo di questa costellazione alcuni riverberi. Una costellazione attratta e distaccata da altre incombenti nell’orbita delle “B” che circondano la “B” di Berio. Bach, Beethoven, Brahms, Bartók? Sono, per Luciano Berio, chissà, le “B” del rispetto. Quelle, diciamo, del cuore potrebbero venire da Byrd, Britten, Boccherini, Berg. Ma tutte sono “B” che possono, a volte, accostarsi all’orecchio di Berio come il sussurro degli dei all’orecchio degli eroi prediletti.
Tuttavia, per quel Laboratorius che, dal 1965 (una composizione su testo di Sanguineti), sintetizza il complessivo labor portato da Berio dentro (intus) il suono, Luciano ha intorno alla sua costellazione la “B” scavata all’interno di Schubert, la “B” di Bruno, che è la “B” di Maderna, la “B” di Boulez, la doppia “B” di Cathy. Per non dire le “B” di Brecht, Bataille, Barthes, Béjart. Da tutto questo balenare di “B” deriva alla costellazione Berio lo straordinario, autonomo bagliore, l’interno battito e, alla fine, una beatitudine che già traspare, intanto, dai Cries of London che sembrano tener conto del bellumore proveniente dalla “B” del bye, annidata in John Wilbye (1574-1638), compositore felicissimo soprattutto di madrigali su testo inglese. Come con un “bye bye, John Wilbye”, voci antiche di Londra (cries: i richiami dei venditori ambulanti) si sovrappongono alla fioritura madrigalistica. Che cosa dicono questi Cries? Intorno ad un ritornello che li raccorda (“queste sono le voci di Londra che vanno su e giù per la strada”) dicono: “venite, belle fanciulle, c’è qui un prezioso belletto (rare confection) che fa bene al vostro viso”. O anche gridano: “ecco l’aglio, the good garlic, un aglio buono per ogni malattia”. Si sentono anche cries che vogliono soldi (Money, penny, come to me), ma assicurano che per un vestito vecchio ne bastano pochi.
Sono rievocazioni (risalgono al 1974) di un tempo antico, ma la “B” di Berio in quali baratri incappa, subito dopo. Agnus (1971) risuona nel ricordo d’una morte di bambini. Il bellumore sprofonda nel buio. Due soprani, tre clarinetti e il cluster di un organo elettrico, appena percettibile, spalancano il senso d’un fremito convulso, d’un tremore spaurito e quasi di un’afasia lontana da ogni barlume di speranza. Agnus (viene utilizzato il testo latino dell’Agnus Dei) è dedicato (c’è ancora la “B”) “a Flora e Giorgio Bloch, affettuosamente”. A Massimo Mila, in memoriam, è dedicato il Canticum Novissimi Testamenti II (1989), tratto dalla “ballata” di Edoardo Sanguineti Novissimum Testamentum (1982). Un ultimo testamento, cioè, che potrebbe suggerire riferimenti alle “B” della Bibbia, ma che adombra, invece, in Sanguineti, un accostamento al poeta francese François Villon (nato intorno al 1431, si perse nel tempo, dopo il 1463). Scrisse un Petit Testament (40 ottave) – e ad esso si riallacciano le 43 ottave di Sanguineti – e, poi, un Gran Testament di oltre duemila versi. Nel testo poetico di Sanguineti (Berio punta su una novantina di versi) si scontrano il quotidiano e l’aulico, il particolare e l’universale, l’amore e l’odio. In musica, voci e suoni (otto voci, quattro clarinetti e quattro sassofoni) trovano una loro scansione nella parola Canticum (è una invenzione di Berio) che, variamente intonata, suscita via via nuove attese nell’iter del discorso musicale. La costellazione Berio sembra giungere come ad un bivio: bagliore e buio, dramma e blandimento. Il Canticum si svolge come sgretolandosi in una polvere di vita, che si deposita – la musica aiuta – in quella che Berio chiama “camera d’eco della memoria”. Sarà, come dice Sanguineti, una “tiritera” che chiude perché “si è fatta sera”, ma è una “tiritera” che cerca – e trova – il bandolo in tutto quel che si lascia, per lasciare alla fine una parola d’amore, un soffio. La costellazione Berio avanza in questo soffio, mentre Sanguineti dice: “Se un soffio soffia è soffio di parole / dico che lascio parole d’amore”. Anche da tutto questo nasce, in Berio, quella beatitudine di cui diciamo, sensibile al bellumore dei Cries e anche de Canticum, ma poi così pronta a erigere una barriera di suoni contro la violenza (Agnus).
These are the cries of Berio’s town
Come by him, buy gold sound.
I MADRIGALI DI JOHN WILBYE
Sweet honey-sucking Bees, why do you still
Surfeit on Roses, Pinks and Violets,
Wherewith you store your curious cabinets?
Ah make your flight to Melisuaviae’s lips:
There may you revel in Ambrosian cheer