Testi tratti da Stranalandia di Stefano Benni
Per l’ultimo appuntamento della rassegna Nuovi spazi musicali, la curatrice Ada Gentile ha voluto riproporre il melologo, un genere di spettacolo basato sull’intersezione fra testi declamati e testi musicali molto frequentato tra Settecento e Ottocento, un “discorso melodioso musicato e non cantato” che prevede la compresenza, sulla scena, di attori e musicisti.
I testi tratti da Stranalandia di Stefano Benni e recitati da Roberto Herlitzka e Anna Nogara, sono stati alternati, punteggiati, accompagnati dalla musica di sei compositori – Alessandro Solbiati, Mauro Castellano, Fabio Cifariello Ciardi, Alessandro Sbordoni, Fausto Sebastiani, Mauro Bonifacio, tutti diversi fra loro per stile ed intendimenti – commissionata da Romaeuropa e quindi nata appositamente per questo singolare progetto. La fantasiosa isola di Benni, animata da curiosi animali antropomorfi (ricostruiti dalla mano di Colette Veaute e proiettati in scena su 5 schermi) ha rivissuto tra parole e musica nell’allestimento di Piero Maccarinelli che ha saputo, con discrezione, comporre in unità le molteplici forme espressive messe in gioco da questa straordinaria forma di spettacolo.
Due professori scampati al naufragio, dopo tre settimane di stramba navigazione a bordo di una scrivania di noce, approdano ad un’isola, “”così bella che sembrava uscita dal depliant di una pubblicità di Dio”. Fu battezzata Stranalandia poiché svelò subito agli studiosi stupiti le piante e gli animali più favolosi che avessero mai visto […]. Un vero “laboratorio della fantasia della natura”, scrisse Lupus” (Stefano Benni, Stranalandia, Feltrinelli)
Musica Mauro Bonifacio, Mauro Castellano, Fabio Cifariello Ciardi, Alessandro Sbordoni, Fausto Sebastiani, Alessandro Solbiati
Interpreti Andrea Baggioli (pianoforte), Mauro Castellano (pianoforte), Giuseppe Nese (flauto), Lucia Bova (arpa), Federico Mondelci (sax), Vittorino Naso (percussioni)
Gruppo Telejon Francesco Belli (clarinetto), Paolo Di Cioccio(oboe), Marco Venturi (corno), Franco Sugoni (fagotto)
Voci recitanti Roberto Herlitzka, Anna Nogara
Direttore Enrico Marocchini
Regia Piero Maccarinelli
Scenografia Colette Veaute
Fotografia Massimo Finzi
PROGRAMMA
Prologo
Primo melologo, di Fausto Sebastiani: Osvaldo, Lo spiolo, Le tre sirene
Secondo melologo, di Alessandro Solbiati: Una leggenda di Stranalandia (racconto di Osvaldo)
Terzo melologo, di Mauro Castellano, Dal bestiario di Stranalandia: Il virgolo (a Pierre Boulez), Il formichiere triste, Il barone, L’uccello gelataio (omaggio a Olivier Messiaen), L’albatros poeta (alla memoria di Bruno Maderna), I funghi buoni e cattivi (alla memoria di John Cage), Il Koméri (a Giuseppe Chiari), Il pescemobile
Quarto melologo, di Fabio Cifariello Ciardi: Una leggenda di Stranalandia, Il rigario, Le tre sirene, Il serpente rosicchiamondo, Il birone, Il ferendolo, L’orso tennista
Quinto melologo, di Alessandro Sbordoni: La gallina intelligente, Le tre sirene, Il birone, La balenina rossa, Il cantango
Sesto melologo, di Mauro Bonifacio, Animali e suoni di Stranalandia: Il babonzo, Il pulciolo delle cravatte, Lezione di lingua stranalandese, I giorni di Osvaldo, I numeri di Osvaldo
ALCUNI DEI MERAVIGLIOSI ANIMALI DI STRANALANDIA
di Stefano Benni
Lo spiolo – Spiolus paparazzus
Lo spiolo non si vede ma c’è. Appostato dietro i cespugli, gli alberi, magari dietro il libro che leggete, ascolta e guarda. Guarda e poi racconta, maligno, a un altro spiolo, che a sua volta racconta a un altro spiolo e così via, nella catena del pettegolezzo spiòlico. Fotografa le mucche che si tolgono il reggiseno, va a spiare i fidanzamenti dei gabbiani sulla spiaggia, guarda nei frigoriferi, apre la posta, fruga dentro la spazzatura, sbircia dalla serratura, spedisce lettere anonime, telefona e butta giù, scrive sui muri: “l’elefante è cornuto”.
Se vi accorgete che uno spiolo vi sta spiando, e volete metterlo in difficoltà, fategli delle domande su di lui: non saprà cosa rispondere. È così impegnato a spiare gli altri, che della propria vita non sa dirvi nulla.
La gallina intelligente – Coccodesia proffia
A Stranalandia è impossibile usare l’espressione “stupido come una gallina”. Le galline di quest’isola sono infatti molto intelligenti e colte. Se ne accorse Lupus, quando si avvicinò a un pollaio con un po’ di granturco in mano ripetendo “coccodé, coccodé”. La risposta che una gallina gli diede fu la seguente:
“Noi non sappiamo, signore, perché lei ossessivamente ribadisca questo suo trisillabo ossìtono, ma se con esso lei vuole stabilire una qualsivoglia primitiva forma di comunicazione col nostro ecosistema sappia che, pur essendo noi grandemente interessate allo studio dei nuclei linguistici aborigeni, abbisogniamo altresì nelle nostre conversazioni di una complessità di sintassi e di una flessibilità terminologica ben superiore a quella da lei attualmente esibita”.
Lupus chiese scusa, si presentò, e da allora in poi si recò spesso dalle galline a prendere il tè di granturco e a disquisire su argomenti filosofici, antropologici e gallinologici. Le galline stranalandesi sono particolarmente portate alla filosofia e alla letteratura. In filosofia, asseriscono che l’uovo è il principio fondamentale dell’Universo e che il bianco e il rosso, il liquido e il denso, sono gli elementi fondamentali della materia. Alla domanda: ma è nato prima l’uovo o la gallina? rispondono: noi vi abbiamo forse mai chiesto se Adamo ed Eva erano bambini o adulti? In campo letterario la loro scrittrice preferita è Galina Galinovic, una gallina poetessa autrice di odi sublimi tra cui questo “lamento della gallina”:
Il lamento della gallina
Coccodé? Fallo te
Arrosto no
E neanche bollita
Voglio far la mia vita
Ed essere felice
Non voglio far la gallina
Voglio fare l’attrice.
Si, le altre lo so
Non la pensan come me
S’accontentan stan lì
Coccodè coccodé
chicco a me chicco a te
vivono ingrassano
mangiano cagano
per aver nel futuro
un posto sicuro
sdraiate, alla fine
tra le patatine.
No, non ci sto
Con quelli che dicono
Ci verresti a fare
Il bagno in piscina
E ti trovi nel brodo
Il tuo, di gallina.
Non potete capire
C’è una parte di me
Che è piena di angoscia
(e voi mi chiedete
se è l’ala o la coscia!)
Coccodé?
Fallo te!
Il cervello piccino
Ce l’hai tu, tacchino!
Vita nuova
Mai più uova!
Voglio far la mia vita
Ed esser felice
Non voglio far la gallina
Voglio far l’attrice.
Il rockolo – Avis Presley
È l’unico uccello al mondo che suoni accompagnandosi con la chitarra. Si riconosce per la caratteristica capigliatura a ciuffo imbrillantinata con olio di cocco. Molti rockoli non sanno in realtà suonare, ma attirano gente ai loro concerti per via dei numerosi effetti speciali: illuminazione con lucciole di vari colori, pappagalli che annunciano il concerto in tutta l’isola, piume di pavone come vestito di scena. Su Stranalandia non hanno molto successo, e vengono spesso presi a fischi e bananate. Ma ci sono anche rockoli che sono molto richiesti.
Il più famoso nell’isola era sicuramente il rockolo Ciop. Per un suo concerto bisognava appostarsi sui rami degli alberi almeno un giorno prima. Cantava rock duro e blues molto tristi che parlavano di amori, dolori e cacciatori. La sua chitarra era formata da una mezza cozza con corde di ragnatela (le migliori). Con il solo accompagnamento del suo batterista, il famoso Picchio “Raffica” Ginger, poteva stare in concerto anche tre ore.
Di lui Kunbertus trovò lo spartito di una ballata giovanile, il Cincia riccia ciop blues.
Il rigario – Rigarius tuttomius
Animale che passa tutto il tempo a tracciare righe sul terreno con il becco, e a proclamare che quello che c’è tra le righe è roba sua. Arriva in un prato e, invece di sdraiarsi tra i fiori, tira subito una gran riga e urla: “Chi oltrepassa questa è nel mio terreno”. Va sulla spiaggia e invece di fare il bagno disegna un quadrato e urla: “Guai a chi entra nel mio pezzo di spiaggia!”. Ovunque vada, la sua ossessione è di recintare e separare, delimitare. Se provate a passare la sua riga, il rigario vi becca col naso puntuto e metallico. Spesso mette vicino alle sue righe cartelli come “proprietà privata”, “zona militare” e “vietato l’ingresso”. Quando due rigari si incontrano, subito si azzuffano e volano tremendi colpi di becco. Alla fine uno dei due è spesso ferito a morte. Allora, con le ultime forze, disegna un cerchio e grida: “Qua dentro ci muoio io e guai se ci viene a morire qualcun altro”, poi stramazza.
Non è bella la vita dei rigari.
(da Stefano Benni, I meravigliosi animali di Stranalandia, Feltrinelli)
Rassegna stampa
“Non si tratta infatti di una riduzione alla scena dei testi di Benni. Ma piuttosto di una sorta di poema sinfonico, per voci e strumenti, interpretato dal bravissimo Roberto Herlitzka e Anna Nogara. L’avventura dei professori naufraghi nel paese delle stranezze è l’occasione teatrale per una descrizione in punta di parole e di note. […] Personaggi, o meglio, figurine ritagliate in un microcosmo satirico. Cartoni animati che rifanno il verso ai tic, ai vizi e ai vezzi degli umani. Un pullulare di bestiole rampanti, insetti faccendieri, alieni trafficanti, che tanto somiglia all’umanità della porta accanto. E la musica suonata dal vivo, composta da giovani autori contemporanei, sa sottolineare a tratti con efficacia l’ironia del testo”.
(Emilia Costantini, Sulla nave di capitano Benni verso il paese delle stranezze, Corriere della Sera, 24 luglio 1993)
“Come non rilevare che i due interpreti al leggio, gli inventivi Roberto Herlitzka e Anna Nogara, sono ricorsi a uno stile analogo a quello indotto e praticato da Satie, Cage o Berio, affrontando un precipitato di parole, scandendo frasi come partiture, officiando un cerimoniale affabulante, burlesco, stizzito, vulcanico? E come non capire, come non sentire che le pagine dei sei compositori, ossia Mauro Bonifacio, Mauro Castellano, Fabio Cifariello Ciardi, Alessandro Sbordoni, Fausto Sebastiani e Alessandro Solbiati, costituite di guizzi alla tastiera, di punteggiature imprendibili ai fiati, di blitz di onde, di strappi alla regola tonale, erano il cuore dolce e duro di una paranoia satirica che in Benni prende le ali, alla ricerca delle virtuali stranezze della nostra normalità? E va lodato anche il contributo di fissaggio dei materiali sulla scena, l’ordine segreto dato al puzzle dal regista Piero Maccarinelli”.
(Rodolfo Di Giammarco, Benni e il suo allegro bestiario in musica, la Repubblica, 24 luglio 1993)
“Sul palcoscenico del Teatro Il Vascello bastano due pianoforti (Andrea Baggioli e Mauro Castellano), un nutrito drappello di fiati, sax, percussioni e arpa a dar voci al serraglio stralunato, di cui ciascun musicista (pur in una piacevole continuità di intenti) ha colto un diverso aspetto: quello cosmico dell'”in principio era” di Solbiati, quello illuminista-enciclopedico di Castellano, quello canzonettistico-cabarettistico di Sebastiani, quello malinconico-fané tutto francese di Sbordoni, quelli dadaisti di Cifariello Ciardi e Bonifacio. Il tutto condito dalla direzione attenta di Enrico Marocchini, dalla regia precisa di Piero Maccarinelli e dai bellissimi disegni antropomorfi di Colette Veaute, proiettati in diapositive multivisuali, nei quali molti di noi hanno sicuramente potuto riconoscersi”.
(Marco Spada, Nel serraglio di Stranalandia, l’Unità, 25 luglio 1993)
“Le note dei sei compositori, nessuno escluso, si sono limitate a sottolineare il significato delle parole, con risultati a volte deliziosi, come nel quinto melologo dove alle tirate virtuosistiche di una gallina intelligente ha risposto un sassofono impegnato in difficili tirate virtuosistiche interpretato da Federico Mondelci”.
(Giulia Bondolfi, Poesie in musica, Il Messaggero, 23 luglio 1993)
“Inventa il Festival Romaeuropa, di invitare sei compositori giovani ma già noti a misurarsi con un gioco lieve e pericoloso: il melologo comico. Cioè disporre la musica (da uno a otto strumenti) attorno alla parola parlata. Non sei compositori d’una scuola, d’un linguaggio; nemmeno sei disposti in equilibri rappresentativi. Sebastiani, strutturatissimo; Solbiati, profetico; Castellano, geometrico; Cifariello, indagatore; Sbordoni, un nuovoconsonante; Bonifacio che è un berghiano, un corghiano e soprattutto un bonifaciano. […] Che cosa accade? Che ciascuno trova dentro alla sua natura e al suo linguaggio pochi elementi cardine per ristudiare il rapporto fra la parola, la musica e l’immaginario del pubblico: una passeggiatina gustosa su una strada che potrebbe, percorsa fino in fondo, portare dritto al nuovo teatro d’opera”.
(Lorenzo Arruga, Coccodè, maestro!, Panorama, 8 agosto 1993)