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Unboxing REF: Milo Rau


ITA / ENG


 

L’unboxing di questa settimana è una nuova tappa nel teatro internazionale protagonista del festival: una mappa costellata di sguardi e di voci che raccontano il nostro presente raccogliendo narrazioni collettive, percorsi storici e intimità. Dalla compagnia messicana Lagartijas Tiradas al Sol, al ritorno di Alexander Zeldin (in corealizzazione con il Teatro di Roma) e Caroline Guiela Nguyen passando per Roduan Mriziga con Dorothée Munyaneza, Rabih Mroué (in corealizzazione con il MAXXI) e molti altri ancora.

Fa parte di questa mappa anche il ritorno di Milo Rau, con il quale Romaeuropa prosegue un percorso di collaborazioni e coproduzioni. Dopo The Repetition Histoire(s) due Théatre (REF 2018), The Congo Tribunal (film, 2018), Orestes in Mosul (REF 2019) e Familie (REF2020) l’acclamato regista svizzero torna al festival con Grief & Beauty (coproduzione REF2022) che ci racconta in questa newsletter.

 

 

«Si tratta della seconda parte di quella che ho definito “trilogia della vita privata”: un’opera intima che all’interno della mia produzione più politica, prosegue il percorso avviato con Familie» afferma il regista. Dopo il misterioso suicidio di un’intera famiglia, raccontato con delicatezza e poesia in questo ultimo spettacolo, magma di interrogativi sull’esistenza e sulla sua fragilità, Grief & Beauty continua ad affrontare la questione dell’addio, del lutto, della morte ma anche della memoria e della solidarietà dinanzi ai momenti finali di un’esistenza. Quattro attrici e attori dialogano con una donna che ha deciso di procedere all’eutanasia e condividono con lei le loro storie personali di addio e rinascita, amore e arte, memoria e oblio. «La scena è un appartamento all’interno del quale ascoltiamo la storia di quattro persone a proposito del dolore, della bellezza della vita ma anche della bellezza e dei problemi che ruotano intorno alla perdita» continua il regista «In video vediamo Johanna una donna che abbiamo conosciuto e a cui abbiamo dedicato questo spettacolo. Ha deciso di chiudere la sua esistenza attraverso l’eutanasia, legale in Belgio. In una parte dello spettacolo assistiamo a questa morte e allo stesso tempo conosciamo la sua storia e la sua vita».

Come raccontiamo la morte mentre siamo in vita? E cos’è per noi la fine? Come possiamo soffrire e scomparire? Racconta il regista, intervistato dalla drammaturga Carmen Hornbostel per NTGent: «Durante la ricerca iniziale per lo spettacolo abbiamo notato qualcosa di strano: sembra che la repressione della propria morte, del proprio essere creaturali sia il riflesso individuale di una repressione molto più ampia: dell’epocale scomparsa della vita, della cosiddetta “sesta estinzione di massa” nell’Antropocene. È come se si stesse verificando non solo una scomparsa ma un’amnesia: chi è giovane oggi non sa nemmeno cosa abbiamo perduto, non avendo mai conosciuto gli uccelli, gli insetti, i paesaggi che sono scomparsi. Credo che Grief & Beauty cerchi di stabilire una connessione tra diverse forme di scomparsa e lutto: la scomparsa delle specie animali, degli ambienti di vita, dei linguaggi, della memoria e dell’esistenza individuale. Tutto questo in storie concrete che abbiamo vissuto e raccontato durante la ricerca e le prove (…). Nel teatro l’individuale e il generale, il banale e l’estetico, la memoria e l’esistenza, il recitato e il veritiero, nel migliore dei casi, si incontrano. Da qualche parte Heiner Müller ha affermato: “Il teatro è il luogo in cui i vivi entrano in dialogo con i morti”. Penso che sia vero, e penso che tutte le mie opere riguardino questo dialogo, questo desiderio, quasi orfico, di vincere la morte attraverso il canto. Familie parlava di un’assenza di fondo della nostra società, della mancanza del trascendentale e dei rituali dinanzi ai catastrofici cambiamenti dei tempi che viviamo. Penso che Grief & Beauty sia una risposta a Familie. L’intero spettacolo è, in fondo, un rituale: una celebrazione intima e pre-politica di ciò che è “collettivo”. Lo si intuisce, ad esempio, nell’importante ruolo che la musica e i suoni svolgono nello spettacolo: è come se la quotidianità – l’acqua di un bagno, il suono di una macchina da caffè, il tintinnio di un pianoforte, l’ululato dei lupi – iniziassero a cantare insieme». Così Rau dà vita a un’altra produzione controversa, radicale e allo stesso tempo poetica e tenera, capace di tendersi al limite di ciò che può essere rappresentato sulla scena e di trascendere il reale per raccontare l’universale fragilità dell’umano e la sua bellezza.

 

ENG


 

This week’s unboxing proposes a new focus on the international theater that will be hosted by the festival: a map dotted with gazes and voices that tell our present through collective narratives, historical paths and intimacy. From the Mexican company Lagartijas Tiradas al Sol to the return of Alexander Zeldin (in corealization with il Teatro di Roma) and Caroline Guiela Nguyen, passed by Roduan Mriziga with Dorothée Munyaneza, Rabih Mroué (in corealization with MAXXI) and many more. It’s a part of this map also the return of Milo Rau, with whom Romaeuropa continues a path of collaborations and co-productions. After The Repetition Histoire (s) due Théatre (REF 2018), The Congo Tribunal (film, 2018), Orestes in Mosul (REF 2019) and Familie (REF2020), the acclaimed Swiss director returns to the festival with Grief & Beauty (co-production REF2022). He has told us something more about this work:

WATCH REF UNBOXING: MILO RAU

«This is the second part of what I have called “The Trilogy of Private Life“: an intimate work that, within my more political production, continues the path started with Familie» says the director. After the mysterious suicide of an entire family, told with delicacy and poetry in this last show – a magma of questions about existence and its fragility – Grief & Beauty continues to address the issue of farewell, mourning, death but also of memory and solidarity in the face of the final moments of an existence. Four actors talk to a woman who has decided to commit assisted-suicide and share with her their personal stories of farewell and rebirth, love and art, memory and oblivion. «The scene is an apartment in which we listen to the story of four people about pain, the beauty of life but also about the beauty and problems of death” continues the director “In the video we see Johanna the woman who we have met and to whom we have dedicated this show. She has decided to end her existence through euthanasia, that is legal in Belgium. In one part of the performance, we witness this death and at the same time we know her story and her life».

How do we talk about death while we are alive? And what is the end for us? How can we suffer and disappear? Says the director, interviewed by playwright Carmen Hornbostel for NTGent: «During the initial research, we noticed something strange: It seems as if the repression of one’s own death, of one’s own creatureness (…) is an individual reflection of a much larger repression: of global dying, of the epochal disappearance of life, of the so-called ‘Sixth Mass Extinction’ in the Anthropocene. It is almost as if not only a disappearance, but an amnesia is taking place: Those who are young today do not even know what we have lost, having never known the birds, insects, landscapes that have disappeared. Grief & Beauty thus tries, I think, to establish a connection between different forms of disappearance and grieving: the disappearance of animal species, of life environments, of languages, of individual memory and existence. All this in concrete stories that we experienced and told each other during the research and rehearsals. (…). In theatre, the individual and the general, the banal and the aesthetic, memory and existence, the played and the truthful, all come together in the best case. Heiner Müller said somewhere: “Theatre is the place where the living enter into dialogue with the dead”. I think that’s true, and I think all my plays are about this dialogue — about this Orpheusian desire to overcome death through singing, you could say. Familie is about the bottomlessness of our society, about the transcendental lack of ritual in the face of the catastrophic turn of times we are in. I think that Grief & Beauty is, in a way, a response to Familie. The whole piece, you could say, is one ritual: an intimate, pre-political celebration of the collective. For example, in the important role that music and sounds in general play: It is as if the everyday — the water of a bath, the sound of a coffee machine, the tinkling on a piano, the howling of wolves — begin to ‘sing’ together». Thus, Rau gives life to another controversial, radical and at the same time poetic and tender production, capable of stretching itself to the limit of what can be represented on the stage and of transcending the real to tell the universal fragility of the human and its beauty.